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Daniele Scardina Parla il pugile innamorato di Diletta Leotta

SUL RING È UN BULLDOZER, MAIL SUO COLPO SEGRETO È LA DOLCEZZA CON LA QUALE HA CONQUISTAT­OLA BELLA GIORNALIST­A DI DAZN. E DICE: «L’AMORE VINCE SU TUTTO»

- di Andrea Greco

Quanndo sale sul ring del palazzettt­o Allianz, Daniele Scardina, il king di Rozzano, mentre raccogliie l’ovazione del pubblico amico guarrda verso la prima fila del pubblico e “clic”, fa l’occhiolino e un mezzo sorriiso mascalzone a Diletta Leotta. Lei applaude. Loro due sono tutti in questo istante discreto e tenero. Poi King Toretto, così lo chiamano gli amici, recupera subito la concentraz­ione che serve per le 10 riprese con il tostissimo belga Ilias Achergui. Alla fine dell’incontro, vinto ai punti da Scardina, Diletta Leotta è sul ring

per intervista­rlo, lo chiama «Dani» ma a parte questo nulla tradisce il loro legame. O meglio, quasi nulla: lei, guidata dall’abitudine, fa per abbracciar­lo ma la mano si ferma tre centimetri prima di unmorbido atterraggi­o sul fianco del pugile, restaamezz­aria, sorvola la schiena come cercando un posto dove posarsi e poi vola via: in pubblico, è evidente, hanno deciso di mantenere la massima discrezion­e. La stessa discrezion­e che il pugile aveva dimostrato un paio di giorni prima, quando eravamo con lui per la prima intervista in cui ha deciso di rispondere anche a domande personali. Gli ultimi giorni di avviciname­nto a un incontro, prima di salire sulla bilancia, sono durissimi: in due giorni Scardina ha mangiato un tuorlo e mezzo cetriolo, niente acqua e molto allenament­o. Chiunque sarebbe una belva. E invece lui sorride e come prima cosa dice: «Chiacchier­iamo con calma, così mi tieni compagnia e nonmi fai pensare alla fame. Ieri sono andato da mia nonna pugliese e non ho toccato la cena... Ma va bene così. Ho passato un’estate carica di cibo e di divertimen­to».

Un’estate nella quale si è parlato del tuo flirt con la più ammirata dagli italiani, Diletta Leotta... (Daniele guarda in basso). «Posso non rispondere?»

Non c’è questa opzione... (Sorride): «Io, cioè noi, non abbiamo

mai definito quello che c’è con una parola precisa. Basta ciò che proviamo. Siamo sotto gli occhi di tutti, quindi cerchiamo di essere discreti. Abbiamo tanti impegni, ma cerchiamo di ritagliarc­i un po’ di spazio. Al momento giusto saremo di sicuro capaci di definire con precisione ciò che ci lega».

Lei qui, tu a Miami: è complicato?

«L’amore è forte, vince su tutto il resto. E questo non solo tra un uomo e una donna, ma in generale. È il motore che ci fa fare cose impossibil­i».

Quando i tuoi amici di Rozzano hanno saputo della storia con la Leotta che cosa hanno detto?

( Ride): «Guarda, non hanno detto nulla, ma hanno fatto più o meno la stessa faccia che stai facendo tu ora!».

Perché sei così legato alla periferia nella quale sei nato? «Perché lì ci sono i miei amici. Sono cresciuto per strada, conmio fratello, sempre insieme. A casa mia madre, sola, ad aspettarci. Ho anche visto tanti finire male e un giorno mi sono chiesto: non c’è niente di meglio per me? È questa la vita che voglio? Così ho raccattato quel poco che avevo, e sono andato a New York».

È con questa semplicità che Scardina racconta come per lui la campana sia suonatamol­to prima di salire sul ring. Chi cresce in riva alla città ha modo di accorgersi presto che a volte tra vita e boxe di analogie ce ne sono tante. «La prima è che ci si salva da soli. Chi ti vuole bene ti darà una mano, ma lavoro, impegno e amore ce lo devi mettere tu. Nessuno può farlo per te».

La boxe aiuta a controllar­e la rabbia?

«L’ultima volta che ho fatto a botte davvero, per strada, avevo meno di vent’anni. Ho voluto che non mi accadesse più. La boxe aiuta, ma tanti la praticano e poi fanno i gradassi. Il cambiament­o deve avvenire dentro di te. Oggi io so che la mia arma più potente sono le parole e il cervello, non le mani».

Coperto di tatuaggi, con i capelli rasati, il detentore del titolo internazio­nale supermedi IBFil primo colpo daK.O. che rifila ai pregiudizi è quello della gentilezza. Parla sottovoce, sforzandos­i sempre di trovare le parole adatte, e poi, alla fine dell’intervista spiega con pudore: «Voglio essere un buon esempio, voglio essere la prova, per tutti quelli che comeme sono cresciuti in strada, che un’altra vita, anche per noi, è possibile».

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