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Al Baghdadi Pur di non farsi prendere ha ucciso i suoi figli

LA MORTE DEL TERRORISTA PIÙ RICERCATO BRACCATODA­IMILITARI AMERICANI, ILCALIFFOS­I È FATTO ESPLODEREA­CCANTOALLA­FAMIGLIA. ECCO LA STORIA DIUNUOMOSP­IETATOCHEH­ATERRORIZZ­ATO ILMONDO. E DI DUE MADRI CHE NON POTRANNO MAI DIMENTICAR­E

- di Fiamma Tinelli

Per la signora Luciana non cambia nulla. Nessuno le renderà più sua figlia Valeria Solesin, uccisa in quellamatt­anza feroce e assurda che fu la strage del Bataclan, a Parigi. Come nessuno riporterà alla vita le centinaia di vittime innocenti annientate dalla ferocia dell’Isis a Bruxelles, a Nizza, a Barcellona, a Londra, a Manchester. Ma sapere che l’uomo che ha voluto quelle stragi non c’è più, è già qualcosa. Un sollievo, per quanto effimero.

AbuBakr al Baghdadi, il numero uno dell’Isis, è morto. Braccato dai Navy Seals americani nel suo fortino siriano, il terrorista più ricercato al mondo si è fatto esplodere mentre tentava di scappare. «È morto come un codardo, come un cane. Piangeva, gridava, era terrorizza­to», ha dichiarato Donald Trump, che ha seguito l’operazione minuto per minuto dalla situation room della Casa Bianca. «È stato bello come vedere un film», ha esultato il presidente degli Stati Uniti, prima di raccontare i dettagli di una missione da war movie.

IL VOLO A BASSA QUOTA

Sabato 26 ottobre, in Siria sono le 23. Otto elicotteri Black Hawk con 50 Navy Seals a bordo decollano dalla base irachena di Erbil diretti a Barisha, al confine tra Siria e Turchia. L’intelligen­ce americana ne ha avuto conferma da un nipote del terrorista, da una dellemogli e dai servizi segreti turchi: al Baghdadi è lì. Dopo 700 km di volo a bassa quota per non farsi intercetta­re, i Navy Seals aprono il

fuoco e sguinzagli­ano cani addestrati alla ricerca e dotati di telecamera. Al Baghdadi fugge attraverso un tunnel sotterrane­o, poi, stanato da uno dei cani, capisce di non avere scampo e aziona il giubbotto esplosivo. Con lui, saltano in aria due delle mogli e tre dei suoi figli. L’Isis è finalmente decapitata. Sconfitta, è presto per dirlo.

ERA SESSISTA E BIGOTTO

Calcio e Corano, solo questo interessa ad alBaghdadi quando è un bambino, in Iraq, e si chiama ancora Ibrahim bin Awad. Il padre lo cresce a pane e sure, nel tempo libero gioca a pallone con gli amici sulla terra arsa di Samarra. I biografi lo descrivono come un ragazzo timido, schivo e intelligen­te: si diploma con la media dell’otto, si laurea in legge islamica, prende un dottorato. A 30 anni ha già sposato la prima di moltemogli e avuto il primo figlio, Hudhayfah. Chi l’ha conosciuto racconta che il futuro Califfo dell’Isis è sessista, bigotto, s’inalbera se alle feste uomini e donne ballano insieme. Violento, non ancora.

La svolta, nel 2003. Gli americani, che hanno invaso l’Iraq e destituito Saddam Hussein, chiudono Ibrahim nel carcere di Camp Bucca, praticamen­te un campus di integralis­mo islamico. Qui, il giovane ha l’occasione di incontrare i più grandi leader della jihad. Non è ancora nessuno, ma li conquista organizzan­do accesi tornei di calcio. E mentre gira per il camp facendosi chiamareMa­radona, stringe amicizie e annota nomi e numeri di telefono. Un network.

Quando esce da Camp Bucca, Ibrahim non esiste più. Al suo posto c’è Abu Bakr al Baghdadi, stesso nome del suocero di Maometto, che si fa abilmente strada tra i ranghi di Al Qaeda prima e dell’Isis poi, fino a conquistar­ne il vertice. Saja al Dualimi, la moglie conosciuta in chat, la più sveglia, fermata dai servizi libanesi racconta che in casa Abu Bakr è un padre premuroso che gioca coi figli, ma di averlo lasciato perché non aveva soldi. Per il mantenimen­to di Hagar, la figlia avuta da Saja, il Califfo versa solo 80 euro al mese per un po’, poi neanche quelli. Le sue priorità sono ben altre. Astuto e spietato, al Baghdadi raccoglie fondi, coltiva relazioni e diventa una leggenda: è il leader carismatic­o del Califfato, colui che punta il dito sull’Occidente marcio e corrotto e promette salvezza. Quando, nel 2014, sale sul pulpito della Grande moschea di Mosul ed esorta i musulmani tutti a portare la guerra santa in casa deimiscred­enti, per le intelligen­ce di mezzo mondo è allarme rosso. Il 7 gennaio 2015, un commando armato dell’Isis fa irruzione nella redazione di Charlie Hebdo, a Parigi, e compie una strage. Pochi

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