GLI ESAMI DI GRUPPO
Caro direttore, i suoi editoriali spesso mi stimolano. Nell’ultimo, su Sessantotto e dintorni, addiritturami invita a nozze: in quell’epoca ero studente universitario e ho visto di tutto. Picchetti, esami di gruppo, il 18 politico, insulti ai docenti, disprezzo per i piani di studio, mura imbrattate, bivacchi nei corridoi... Le promozioni di massa (cioè asini compresi) sono state il frutto bacato della confusione insorta nel passaggio fra il prima e il dopo Sessantotto. Indagini statistiche alla mano, lei sottolinea come i nostri giovani non sappiano comprendere un normale testo. Giusto. Lo so per esperienza personale perché ho fatto l’insegnante alle medie. Tuttavia, benché l’età mi leghi alla cultura classica, non brontolo contro le nuove leve solo perché non sanno quello che abbiamo imparato noi. I giovani d’oggi si dedicano a egregie cose come metterci a disposizione i prodigi della tecnologia. Quando da scolaretti non riuscivamo a fare il compito a casa, ci rivolgevamo a mamma e papà. Oggi è il contrario: siamo noi a dover ricorrere all’aiuto del nipotino per aprire la posta elettronica. Immagino un futuro in cui i giovani chiameranno il nostro tempo “età della carta”, esattamente come noi oggi parliamo di “età della pietra” riferendoci alla preistoria.
Ivan Mambretti