Nell’era delle rotonde godono tutti (a parte i cagnolini)
Fino a pochi anni fa la rotonda era un classico dei lungomare. Ouna canzonedi FredBuongusto. Oppure un ampio raccordo circolare fra i vialoni delle periferie metropolitane e le tangenziali.
Oggi la rotonda, o rondò, o rotatoriaèdiventata ilfioreall’occhiello o il sogno urbanisticodi ogni sindacodaimilleabitanti insu.
Equesta rivoluzione copernicana (oltre agli astri anche il trafficosegueorbite circolari) ha investito l’intera penisola. Chi viaggia fuori dalle autostrade - code di chilometri e di anni perché stanno lavorando per noi (ma perché non anche di notte, maledizione, come avviene nel restod’Europa?) - s’imbatte inuno sterminato cantiere dove vengono rottamati semafori e incroci e si moltiplicano le rotonde.
Breve cenno storico.
Il rondò nasce a Parigi a metà Ottocento, quando Napoleone impara la lezione dell’insurrezione del ’48.
Poiché gli insorti controllavano agevolmente i vicoli dei vecchi quartieri medievali, l’imperatore fa sventrare i rioni storici creando i famosi boulevard raccordati da grandi rondò. E con questa trasformazione urbanistico-strategica si assicura il controllo dello spazio. In Italia non sono i moti rivoluzionari, ma l’altrettanto insanguinata anarchia stradale a dar vita alle prime rotonde. Appaiono nei crocevia più famigerati e le statistiche confermano presto che diminuisce il numero di morti e feriti. Il traffico viene incanalato e raffreddatomoltomeglio che dai semafori (considerati da tanti delle roulette russe). Le nuove regole rotatorie vengono pian piano assorbite, «fermo lì amico, che in giostra ci sono già io». E se incidenti ci sono, si limitano a qualche sportellata, in luogo dei micidiali frontali agli incroci. Successo immediato.
Ma da «rotonda è utile» si passa rapidamente a «rotonda è bello». E diventa un chiodo fisso per gli assessori dei Comuni più microscopici. Chi aveva già la sua rotondina si lancia in un restyling trionfale con il cordolo di porfido, la fontana e le tuje. Chi non l’aveva scatena le ruspe, sbaracca semafori e vecchia segnaletica, realizzando il suo giocattolo nuovo di zecca. Risultato: al posto di un crocicchio che svolgeva onestamente la sua funzione, c’è un anellino dove sterza a fatica un triciclo, mentre auto e camion s’incartano strombazzando. Ma si sa. Ogni paesino si sente capitale. In complesso accettiamo con soddisfazione la nuova era delle rotonde. Con una riserva. I bastardini che avevano imparato diligentemente ad attendere il verde e attraversare sulle strisce, adesso hanno perso la bussola.