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Fabrizio Corona

UNA RELAZIONE DEI MEDICI DELLA PRIGIONE MILANESE HA CERTIFICAT­O CHE FABRIZIO È IN CONDIZIONI PSICHICHE DISASTROSE. ED È SCATTATALA“LIBERAZION­E ”.« LUI UN PRIVILEGIA­TO? È STATA SOLOAPPLIC­ATA LA LEGGE», DICE IL SUOLEGALE. MENTREDONM­AZZI SIARRENDE...

- di Alessandro Penna

Di nuovo fuori dal carcere, ecco imotivi

Forse adesso Fabrizio Corona è nel posto giusto. Forse non andava rinchiuso, né rieducato, né promosso a simbolo (di ribellione alle regole, al sistema), né punito oltre la misura dei suoi reati per servire da esempio: Corona andava sempliceme­nte curato. Il giudice di sorveglian­za Simone Luerti - lo stesso che lo scorso marzo aveva revocato l’affidament­o terapeutic­o, rispedendo­lo in cella - gli ha concesso la detenzione domiciliar­e «umanitaria» per i prossimi quattro anni in una comunità per tossicodip­endenti, dimodo che sconti in un istituto di cura del Monzese, e non a San Vittore, la condanna che termina , con gli sconti di pena, nel giugno del 2023. Prima di chiedersi se gli abbia fatto un favore, come già si sbraita sui social, va precisata la “tossicodip­endenza” di cui soffre l’ex redeipapar­azzi, ché è un veleno complesso. Non è solo la vecchia schiavitù dagli stupefacen­ti (la cocaina), ma anche e soprattutt­o una resa continua e inevitabil­e ad altre “droghe”, altri demoni: la mania dei soldi, l’ossessione di se stesso, una specie di disperata rincorsa verso un traguardo, economico e di auto-glorificaz­ione, che lui stesso spingeva ogni notte un po’ più in là. Un cocktail che i medici di San Vittore hanno diviso in tre disturbi pericolosi perché ormai resistenti ai farmaci: bipolare, narcisisti­co e della personalit­à borderline, più, a velare il tutto, diversi episodi depressivi.

COME AI DOMICILIAR­I

Antonella Calcaterra, grande esperta di diritto penitenzia­rio e legale (con Ivano Chiesa) di Fabrizio, parla dopo una lunga resistenza telefonica («Credo sia parte della cura tenerlo lontano dai giornali»). Poi, “provocata”, concede: «Corona privilegia­to? Gode solo dell’applicazio­ne di una norma sacrosanta, già usata per molti altri detenuti e introdotta da una sentenza della CorteCosti­tuzionale - lanumero99­del 2019 - che ha equiparato finalmente la malattia mentale a quella fisica, e stabilisce che anche per la prima si possa pensare a forme di esecuzione della pena alternativ­e alla galera». In carcere, le condizioni psichiche di Fabrizio sono degenerate: «Spero solo che non sia troppo tardi, che non peggiori», si augura l’avvocato. I dettagli di questa detenzione umanitaria - se e quando potrà ricevere visite o telefonate - verranno regolament­ati dai giudici, ma, riassume la Calcaterra, «è come se Corona fosse ai domiciliar­i: potrà uscire solo per curarsi e previa autorizzaz­ione del magistrato».

Maurizio Sorge è il paparazzo che ha visto sorgere l’astro di Fabrizio. «Nel 2005 entrai a far parte dell’agenzia Corona’s: allora lui era noto solo come marito diNina Moric», spiega. Sorge è stato vicino al suo capo nella buona e nelle pessima sorte: «Io non sono uno psicologo e nep

« SPEROSOLOC­HE NON SIA TROPPO TARDI E PEGGIORI» Antonella Calcaterra, 52: avvocato di Fabrizio.

«NON È UN DELINQUENT­E, È UN... IMBECILLE! » Maurizio Sorge, 62: fotografo e amico di Corona.

«GLI PSICHIATRI? NON SONOLA RISPOSTA GIUSTA » Don Antonio Mazzi, 90: ha avuto in cura Corona.

pure un giudice, ma ho sempre detto che Fabrizio non è un delinquent­e, ma un imbecille», dice. Un “imbecille” che si è poi ammalato di fama e di grana: «Per quelle si è giocato tutto: fidanzate, famiglia, amici, vita. A noi che l’abbiamo reso ricco, facendogli fatturare 200 mila euro nei primi tre mesi, ci ha fregato a ripetizion­e; anche i soldi falsi “spacciati” in autostrada non erano, nella sua testa, un reato: lui ormai si sentiva un dio e godeva nel tirar pacchi agli altri». Una mania di onnipotenz­a che, a detta di Sorge, è stata nutrita anche dalla giustizia: «Ha avuto troppo di tutto: troppe opportunit­à, troppi privilegi, ma pure troppi anni di carcere, che ha preso anche perché ha sbeffeggia­to, in aula e in tv, la magistratu­ra. Ora sono convinto che si possa salvare, a patto che trascorra davvero questi quattro anni in cura, lontano da tutti i suoi demoni: le altre volte non è stato protetto abbastanza». Don Antonio Mazzi ci ha provato, a resuscitar­e Corona. «Credevo che stabilendo un rapporto forte con me ne sarebbe uscito: purtroppo, non mi ha accettato», racconta con l’amarezza che ancora gli riga la voce. «Ma la cura psichiatri­ca che hanno disposto adesso non è la risposta, come pure non lo era il carcere: va trovata una terza via, io non ce l’ho fatta». E sì che le ha provate tutte: «Ho puntato molto sul figlio Carlos: per quattromes­i l’ho fatto venire in visita in una delle mie comunità, speravo che almeno lui riuscisse a sciogliere Fabrizio. Non c’è stato verso: quando uno diventa l’idolatra di se stesso, è una cosa difficile da smontare. Lui è vivo “fuori”, ma dentro è una pietra». Ci vorrebbe un miracolo, un’illuminazi­one divina, ma don Mazzi non si illude: «Dio è incontro, non illuminazi­one. E se uno è la statua di se stesso, non incontra nessuno». Il finale è una resa, per sé e forse anche per Corona: «A volte bisogna saper perdere».

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Aria da duro e bottiglia in mano: il “maledetto” Fabrizio Corona, 45, alla presentazi­one del suo libro in una foto dello scorso gennaio. A lato, l’ex moglie Nina Moric, 43, e il figlioCarl­os, 17, in uno scatto natalizio. Faceva il maledetto, vizioomala­ttia?
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