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ANTONIA LISKOVA

L’attrice è protagonis­ta del film A Tor Bella Monaca non piove mai.

- di Dea Verna

Quando i suoi amici si lamentano della periferia romana, mia figlia risponde: “Ma voi non sapete da dove viene miamadre!”». Se c’è una cosa che non manca ad Antonia Liskova, attrice di origine slovacca trapiantat­a a Roma, è l’ironia. Protagonis­ta del primo film di Marco Bocci, A Tor Bella Monaca non piove mai, interpreta Samantha, un personaggi­o che, dice, le somiglia moltissimo.

«Anch’io come lei sono arrivata qui dall’Est con tante speranze e zero soldi in tasca», racconta. «Avevo paura di nonconclud­erenulla e di dover tornare indietro. Si è molto vulnerabil­i quando nonsihanno le spalle coperte. Samantha è così, è una ragazza sola, ha un bisogno estremo di avere un uomo a fianco, vorrebbe Mauro ( interpreta­to da Libero De Rienzo, ndr), ma tutto quanto è complicato».

Sullo sfondo, la famigerata periferia romana.

«Potrebbe essere la periferia di qualsiasi Paese, anche il mio. Io vengo da una periferia slovacca, le leggi sono quelle».

Com’è stato crescere in un posto così? «Ho avuto una infanzia complicata a causa dellapover­tà dellamia famiglia. Mi sentivo umiliata, emarginata. Nonè che nelmioPaes­e ci fosseroimi­liardari, ma io ero comunque la più povera. Da noi la carne si mangiava ogni due settimane. Ancora oggi, a 40 anni, quando sbuccio il primo mandarino di stagione mi sembra Natale. Per noi imandarini erano un frutto esotico e si mangiavano solo il 25 dicembre. Sono cose che ti segnano per tutta la vita. Da lì nasce la voglia sfrenata s di rivincita».

Anche a Roma vive in una periferia come quella del film.

«E come succede nel film, vedo tanti ragazzi che smettono troppo presto di sognare. Sono ragazzi che frequentan­o casa nostra, amici dimia figlia Liliana ( avuta dall’ex marito Luca Ferrarese, ndr), che ha 14 anni. Io chiacchier­o con loro, spiego che si deve combattere per avere una vita migliore. Certo, ci vuole il sacrificio, stare a casa a piangersi addosso non ha mai aiutato nessuno».

Lei ne è l’esempio lampante. «Se oggi ho una vita dignitosa, una famiglia, un lavoro, non devo ringraziar­e nessuno. Io i miei sogni li ho realizzati, magari non tutti come avrei voluto, ma cavoli! Mia figlia se ne rende conto, capisce la strada che ho fatto».

Com’è sua figlia?

«Una ragazza che si sveglia ogni mattina alle 5 e mezza per andare a prendere l’autobus che la porta a scuola. Ho insistito perché fosse indipenden­te, quando da piccola mi chiedeva: “Mamma, mi apri la bottiglia?”, le dicevo: “Fa’ finta che io non ci sia, se hai sete troverai il modo per aprirla”».

Prima di avere successo come attrice, che lavori ha fatto?

«Di tutto, la cameriera, la baby-sitter, la cubista a Riccione».

Oggi è richiestis­sima. In questo momento è sul set dell’Allieva 3, di cui è una new entry. «È una bella serie, seguita dai giovani. Il ruolo è divertente, gli altri attori mi piacciono e si gira pure a Roma. Cosa potrei chiedere di più?»

Sul lavoro ha fatto sacrifici per stare accanto a sua figlia?

«Ho fattodelle rinunce talvolta sofferte per stare accanto a lei. Non perché abbia sentito addosso la responsabi­lità, l’ho voluto io. Se un film si gira a Roma, lo preferisco».

Che mamma è?

«In questo momento sono una madre vecchia che non capisce niente. Dipende da come si sveglia la mattina».

Il suo compagno è Gabriele Guidi, figlio di Johnny Dorelli e C a t h e r i ne Spaak. Due suoceri impegnativ­i. «Gabriele ha passato la vita a guardare questimost­ri sacri dello spettacolo e allora penso: “Comemai potrà apprezzare me”. Invece per lui sono sempre bravissima, secondo me racconta un sacco di balle, però va bene così».

Cosa l’ha conquistat­a di Gabriele?

«È la persona che mi ha ridato la gioia del presente. Io sono sempre stata ansiosa per il futuro. Lui ha iniziato con delicatezz­a a dirmi: “Amore, goditi il momento, carpe diem”. Ma io avevo sempre quest’ansia. Alla fine non ce l’ha fatta più ed è sbottato: “Oh, senti Antò, magari tra un anno sei morta, che te frega di quello che succederà?”».

Vi divertite molto, vedo.

«Con lui ho vissuto gli otto anni tra i più belli dellamia vita. Lo strangoler­ei un giorno sì e un giorno no, ma lo amo alla follia».

Qualche sogno profession­ale nel cassetto ce l’ha?

«Vorrei andare in pensione».

Impossibil­e, lavoreremo tutti fino a 70 anni.

«Allora mi piacerebbe fare un film mio, da regista. Io sul lavoro sono una specie di Furio, ma vorrei girare un film per divertirmi, giocare come ho sempre giocato con i miei ruoli».

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