EDITORIALE
LA RIVOLUZIONE TECNOLOGICA MANDA IN PENSIONE OGGETTI AMATI DA GENERAZIONI
In questi giorni di fine dicembre, quando si cerca di tracciare un bilancio dell’«anno bellissimo» (oops, copyright Giuseppe Conte), mi sono ritrovato a pensare agli oggetti e ai servizi che, grazie al progresso tecnologico, sono entrati di prepotenza nella nostra vita per cambiarla. E a quelli che invece sono stati via via sorpassati e dimenticati.
Per esempio, non c’è dubbio che il 2019 sia stato l’anno della definitiva affermazione del cosiddetto streaming televisivo. So che per molti questa è ancora una “parolaccia”, o un mistero insondabile, ma ormai tocca farci i conti, anche alla luce del fatto che i vecchi televisori saranno presto da rottamare (è già scattato il bonus da 50 euro per l’acquisto di decoder o nuovi apparecchi tv, valido fino a fine 2021).
Pensateci: decine di anni fa, quando c’erano solo uno o due canali, ci si sedeva in poltrona a guardare ciò che veniva propinato, tipo il proverbiale film del lunedì sera. Poi, con la nascita dei network privati e la moltiplicazione dei canali, ci si chiedeva: «Cosa danno stasera?». Oggi non importa più «cosa danno», perché oltre 22milioni di italiani scelgono il programma da guardare (ad esempio Fiorello) e soprattutto scelgono quando guardarlo, quando interromperlo e quando riprenderlo. Sullo schermo del televisore o sul tablet, o sul telefonino. In casa o fuori casa. È cambiato tutto.
Questo tsunami tecnologico ha mandato in pensione un sacco di altri oggetti legati al consumo televisivo. Qualcuno si ricorda dei videoregistratoriVhs o dei negozi di noleggio video? Dei Blu-ray si sono perse le tracce, e perfino gli amati Dvd non stanno troppo bene: presto saranno soppiantati dalle infinite library dei vari Netflix e compagnia. C’è chi prevede anche la morte del telecomando: basterà lo smartphone, o un comando vocale: «Vai su Rai 1!» (ma ci sarà ancora Rai 1?).
La lista degli oggetti vintage ormai scomparsi che hanno segnato momenti della nostra vita potrebbe essere infinita. Mi ricordo l’autoradio estraibile, che costringeva ad andare al cinema con il mammozzone sottobraccio, e sembrò un grande passo avanti l’invenzione del frontalino rimovibile. Mi ricordo il mangiadischi da portare in spiaggia. La cinepresa Super 8 e i suoi filmini da pochi minuti, proiettati con il «frrr» in sottofondo. Il ciclostile, la carta carbone, il normografo. Il flash da appizzare alla macchina fotografica e le pellicole Ilford in bianco e nero. Le diapositive con il loro proiettore e i caricatori che si inceppavano sul più bello. La macchina per scrivere e l’eterno dibattito sul «da» o sul «per». Lemappe stradali, che scatenavano liti furiose con la fidanzata incaricata di fare il navigatore (ci hanno scritto perfino un libro: Perché le donne non sanno leggere le cartine e gli uomini non si fermano mai a chiedere?). Il walkman, i floppy disc, il registratore Geloso. L’apriscatole...
Tutta roba che magari abbiamo amato, e che è sparita dalla circolazione o è finita nel cassetto dei ricordi, come la classica, vecchia, affidabile sveglia da comodino (sostituita ormai dall’onnipresente smartphone), le cabine telefoniche, l’eskimo o le audiocassette con il loro nastro magnetico che si imbrogliava sempre. La tecnologia avanza inesorabile e a velocità sempre crescente. Non fa prigionieri, ciò che è “vecchio” viene spazzato via. E allora c’è da chiedersi che cosa comincerà a scomparire nell’anno che sta iniziando. I motori diesel? Le lampadine a incandescenza, le bottigliette di plastica, le cassette della posta, il libretto degli assegni? Qualcuno dice che spariranno presto anche le password, sostituite dal riconoscimento facciale, dalle impronte digitali e dalla scansione dell’iride. Ma è impossibile fare previsioni, chi ci ha provato è stato regolarmente smentito. La rivoluzione continua, e noi ci siamo dentro. Resta da capire se ne siamo artefici o vittime.