Heather Parisi
LA BALLERINA E ATTRICE STATUNITENSE, CHE ORA VIVE A HONG KONG CONLAFAMIGLIA, CI RACCONTA IN ESCLUSIVA CO MESTA TRASCORRENDOLE SUE GIORNATE CHIUSA IN CASA CON FIGLI E MARITO, TRA FERREE REGOLE D’ IGIENE, SUPER MASCHERINE E QUALCHE PAURA
«Lamia vita in Cina nell’inferno del Coronavirus» diHeather Parisi Anzolin (a cura di Cristina Rogledi)
Hong Kong era nel mio destino tanto quanto lo era l’Italia. Da bambina, mentre nonno Frank mi raccontava della Calabria, mia zia Anita passava ore a descrivere l’incantodei suoi viaggiaHong Kong. E questa città, fin da subito, ha popolato i miei sogni di ragazzina; il mio desiderio più grande era di vivere, un giorno, nellameravigliosa città del Mondo di Suzie Wong amata dal mio William Holden.
Quel sogno impossibile, dieci anni fa, si è finalmente avverato.
Dal 2010 vivo nell’ex colonia britannica, che dal 1997 è tornata ad appartenere alla Cina purmantenendo la propria indipendenza fino al 2047 con la formula “One Country, Two Systems” (Una Nazione, Due Sistemi).
Fino a poco tempo fa, la Cina con la sua crescita economica senza fine, era guardata con un sentimento a metà strada tra l’ammirazione e la paura. Oggi, ai tempidelCoronavirus, rimane solo la paura. È la paura del contagio che spesso, purtroppo, sfocia nella discriminazione razziale e nella xenofobia. Paranoia e paura tirano fuori il peggio da noi e fanno più danni dell’epidemia stessa.
HONG KONG È PREPARATA Ma io non biasimo la gente. La responsabilità è di chi governa e deimezzi di informazione che invece di diffondere e assecondare il panico, dovrebbero fornire un’informazione corretta e imparziale. Purtroppo, la decisione del governo italiano di cancellare i voli diretti dalla Cina e da Hong Kong va nella direzione opposta. Si tratta di una decisione inutile dal punto di vista sanitario e inopportunadal puntodi vista delle relazioni con la Cina. Dell’epidemia scoppiata a Wuhan, a Hong Kong si parlava già a dicembre. Hong Kong, pur essendo lo Stato più vicino all’epicentro dell’epidemia, è paradossalmente la città più preparata al mondo adaffrontareuna crisi di questo tipo. Un po’ perché è geograficamente circoscritta a pochi chilometri di territorio e quindi è facilmente controllabile. Un po’ perché l’esperienza della SARS del 2003 ha lasciato un segno profondissimo nellamemoria della gente e del governo diHKcheha imparato a fare tesoro di quella esperienza.
I 58 casi di contagio riscontrati fino a oggi su una popolazione di oltre 7 milioni di abitanti che vivono a pochissimi chilometri dalla Cina, sono una percentuale davvero irrisoria.
Non credo che alcuna altra città in Europa, nelle stesse condizioni, riuscirebbe a fare altrettanto. Il segreto è la gentediHongKong e la sua filosofia di vita intrisa di senso civico, rispetto per il prossimo e senso del dovere. La mia vita ai tempi del Coronavirus si svolge tra il tinello e la cucina di casa, che, viste le dimensioni microscopiche delle case a Hong Kong, si riduce davvero a pochimetri quadrati. Noncheamedispiaccia. Anzi, io adoro lasciarmi coccolare dall’atmosfera domestica. Trascorro il tempo a leggere, a cucinare e soprattutto ad insegnare ai miei gemelli che fanno home-schooling dall’età di cinque anni.
CHIUSI IN CASA
Epoi non è la prima volta chemi chiudo in casa per mesi senza mai uscire. Durante lamia carriera, mi è successo un paio di volte di scappare e di darmi per dispersa.
Però, è diverso quando lo fai per scelta e quando lo fai perché devi evitare di esporti al pericolo di un contagio. Da casa lavorano gli impiegati pubblici, quelli delle società finanziarie e degli studi legali; in pratica chiunque abbia un lavoro di ufficio. E siccome la maggior parte dell’impiego a Hong Kong è nel terziario, di fatto è l’intera
città a starsene a casa. Le scuole sono chiuse dalla fine di gennaio e lo rimarranno fino a oltre lametà dimarzo. Gli studenti frequentano le lezioni da casa in remoto, utilizzando il computer e rispettando l’obbligo, quando sono collegati, di vestirsi in maniera appropriata e, rigorosamente, senza indossare il pigiama. Così, oltre al diritto allo studio, sono salvi anche la disciplina e la forma, che da queste parti hanno una certa importanza.
Ascensori e scale mobili vengono sterilizzati ogni due ore e tutti si disinfettano le mani prima di entrare in un edificio pubblico. Per chi è costretto a lavorare inufficio, è previsto il controllo della temperatura prima di entrare. In realtà la temperatura oramai viene misurata ovunque. È necessario farlo per accedere a qualsiasi club privato, così comeper andare dalparrucchiere o al ristorante. Io lamisuro anche a chi
viene a trovarmi a casa, benché lamia vita sociale sia ridotta davvero aiminimi termini. Fino a oggi non ho ancora respinto nessuno sulla porta di casa e nonsono stata respinta da nessuno, ma dovreste vedere la paura e l’imbarazzo negli occhidi ciascunodurante l’attesa del responso dellamisurazione. Perme che sono apprensiva, è un incubo!
COME USARE IL WC Laprevenzione e l’attenzione aiminimi dettagli è talmente invasiva da entrarti fin dentro agli aspetti più intimi e privati della vita quotidiana, fin dentro al bagno di casa. In questi giorni, ogni condominio ha fornito ai suoi inquilini un prontuario per l’uso nientepopodimeno che delWC. Quando lo si usa, si legge, bisogna osservare rigorosamente il seguente ordine: fare, chiudere il coperchio, tirare lo sciacquone, aspettare almeno cinque minuti e, nel caso, rifare di nuovo. È stato infatti rilevato che il virus può trasmettersi anche attraverso la nebulizzazione delle acque utilizzate nel WC, che a HK sono separate da quelle utilizzate per lavarsi e cucinare. Pensate se capitassenegli Usa. Avremmo finalmente un presidente che twitta di meno, vista la sua “leggendaria” abitudine a farlo seduto sul WC!
Ai tempi del Coronavirus, non ci si bacia, non ci si abbraccia e non ci si stringe nemmeno lamano. Il massimo concesso all’affettività è l’accenno di un inchino con il capo mentre gli occhi fanno sommessamente capolino dalla mascherina.
Ecco, la mascherina. La indossano tutti, il neonato nel passeggino e l’uomo di affari in giacca e cravatta. La indossano anche i poveri homeless che dormono sotto i ponti. Non ho idea se sia stato il governo di HK o le associazioni di volontariato a fornirgliele, ma a me pare una decisione di grande umanità. Sarei una bugiarda se dicessi chemi piace indossare lamascherina. Non la sopporto. Non è soltanto il fastidio fisico del trucco che ti cola sul viso o degli occhiali perennemente annebbiati. Anche se siamo donne e
teniamo alla nostra femminilità, sappiamo benissimo quando la dobbiamo mettere da parte.
È che con la mascherina sembriamo tutti maledettamente uguali, co mese ci tenessimo dentro ogni emozione. La mascherina nasconde i nostri sorrisi e le smorfie che colorano la vita di tutti i giorni. E in periodi grigi come questi, i sorrisi sono più vitali del pane e scarseggiano più delle provviste negli scaffali. A proposito delle quali, girano parecchie leggende metropolitane. La più strana e la più inspiegabile delle quali è quella che sta dietro alla scomparsa della carta igienica dai supermercati. Pare che il tutto sia nato da una chat che faceva derivare la sospensione della fornitura di carta come diretta conseguenza della chiusura, decisadal governo, della frontiera di LoWu. Ovviamente la notizia era infondata, ma è bastata per scatenare la corsa alla toilette paper.
IL GRAN FIUTO DI DYLAN
Ho supplicato il direttore del supermercato sotto casa di tenermene un po’ da parte, ma quando è stato il momento di ritirarla, non ce l’ho fatta a tenerla tutta per noi e, come fanno i bambini a scuola conlemerendine, ho finito col dividerla con indiani, cinesi e filippini che ne avevano bisogno come e più dime. I prodotti per davvero razionati sono, oltre alle mascherine, i disinfettanti e l’alcool. Non se ne possono acquistare più di due confezioni a testa. Mio figlio Dylan Maria ha il fiuto nel trovare la fila giustaneinegozi giusti! A volte scompare di casa e, preoccupata, chiedo a sua sorella Elizabeth dove sia andato. Dopo unpaio di ore sene torna orgoglioso con qualche confezione di disinfettante: « Mummy, I bought two! Mamma, ne ho comprati due!». Io lo bacio commossa e felice, perché la felicità ai tempi del coronavirus è anche un bottiglia di disinfettante in più.
LA FELICITÀ AL TEMPO DEL CORONAVIRUS ÈANCHEUNA BOTTIGLIA DI DISINFETTANTE