« Ora ci credo: a Bergamo c’è un serial killer in libertà »
GIANNAEDANIELASONOMORTECONLAGOLATAGLIATAA POCHI CHILOMETRI DI DISTANZA. E LE ANALISI CONFERMANO CHE I DUEDELITTI HANNOINCOMUNEUNATRACCIADIDNA
Se non è stata la stessa persona, i due assassini sono di sicuro parenti stretti». Sembrava una battuta. E invece, quando nessuno voleva crederci, era davvero profetica l’intuizione di un funzionario della Polizia scientifica che aveva capito tutto prima degli altri. Dunque, a Bergamo c’è un serial killer che si aggira libero per la città? È lui l’uomo impunito che nel 2016 ha squarciato la gola a due donne? La sera del 26 agosto 2016, in una villetta di Seriate, morì Gianna Del Gaudio, insegnante, mentre il marito, il capostazione Antonio Tizzani innaffiava il giardino. Quattromesi dopo, il 20 dicembre, fu assassinataDanielaRoveri, alle 8 di sera, davanti all’ascensore di casa. Le indagini scientifiche hanno fatto emergere nei due omicidi due tracce genetiche certamente parziali (mezzo Dna) ma identiche, «sovrapponibili» come dicono i genetisti, quindi forse lasciate dalla stessa persona. Le ipotesi sul serial killer aleggiavano da tempo perché i due omicidi sono in fotocopia. I medici legali l’avevano sostenuto subito: identica l’aggressione sorprendendo la vittima alle spalle, la stessa arma da taglio, leggera e affilata come un rasoio, uguale la tipologia delle ferite con la lama che si è fermata solo contro la vertebra, decapitando le vittime. A impugnare il coltello, sia nel delitto della villetta, sia in quello dell’ascensore, una mano forte, senza tremori, precisa come quella di un chirurgo. In entrambi i casi il killer, infine, ha mostrato la stessa capacità di non lasciare tracce né testimoni e sparire nel buio. Nei due omicidi ha puntato alla borsa della vittima: in quella della professoressa Del Gaudio l’assassino ha rovistato cercando il portafoglio e lasciando abbondanti tracce di sangue. Quella della Roveri è sparita con il telefono che, prima di spegnersi, ha suonato per 30 ore ma nessuno l’ha saputo trovare.
Oggi i due casi hanno percorsi diversi. Per l’omicidio dell’ascensore le indagini non hanno fatto un passo avanti e l’inchiesta è stata archiviata. Assassino ignoto anche se sul labbro e sulla
guancia di Daniela il killer ha lasciato una traccia genetica.
LA SVOLTA NEL SACCHETTO
Per l’omicidio della villetta, invece, malgrado indizi poco significativi c’è stato subito un indagato, ilmarito della vittima, Antonio Tizzani, che si è sempre dichiarato innocente accusando uno sconosciuto incappucciato che sostiene di aver visto fuggire quando la moglie era già stata aggredita. Rinviato a giudizio, adesso è sotto processo perché, 40 giorni dopo l’omicidio, in un giardino vicino fu trovatovato un sacchetto che poche ore prim ma del delitto era stato conse- gnato a casa Tizzani con una confezione di mozzarelle. Non aveva impronte genetiche all’esterno ma custodiva all’interno, oltre al sangue della vittima, un n guanto di lattice con due Dn na, uno ignoto e l’altro simile a quello scoperto sul volto della vittima del delitto dell’ascensore. Conteneva anche un cutter sulla cui lama c’era un altro
Dna ignoto e una traccia di Tizzani. Che è diventata un altro giallo perché, analizzata dal Ris in presenza del consulente della difesa Giorgio Portera l’11 ottobre 2016, il Dna di Tizzani non c’era. Rianalizzato il 9 novembre solo dalRis, senza la presenza del consulente, è comparso. Nuovo esame il 30 novembre in presenza di Portera e il Dna non c’era più. Insomma un fantasma.
E un mistero destinato a diventare uno degli snodi del processo durante il quale, inoltre, i sospetti sul serial killer che avrebbe ucciso le due donne sono esplosi, sostenuti dall’avvocato difensore di Tizzani, GiovannaAgnelli e dal genetista Giorgio Portera, ma anche e soprattutto dai Carabinieri del Ris di Parma e dalla Polizia scientifica (che aveva indagato sull’omicidio dell’ascensore). Una collaborazione che ha portato a un risultato destinato a diventare un macigno. Tanto che gli atti del fascicolo sull’omicidio dell’ascensore, in un primo tempo non ammessi dalla Corte d’Assise, adesso sono entrati nel processo per l’omicidio della villetta. Perché è apparso l’Aplotipo Y (indica nel Dna la discendenza maschile), presente sul guanto di lattice e sul viso della Roveri in modo «perfettamente sovrapponibile», come sottolinea il genetista Giorgio Portera. «E ci sono anche altri elementi di coincidenza genetica. Noi non vediamo solo l’AplotipoYma anche i profili e i marcatori genetici. E la maggior parte torna in entrambi i casi. Non è casuale. Ci sarà da lavorare ma credo che l’assassinodiGiannaeDaniela sia un serial killer».