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Stefanenko «Horisposat­oilmi o Luca» di Alessandro Penna

NATASHARUB­ALASCENAIN­LAMIABANDA­SUONA ILPOP. QUICISPIEG­APERCHÉAMO­SCA IMPAZZISCO­NOPER AL BANO E TOTO COTUGNO, COME L’HANNOCAMBI­ATA 30 ANNI DI ITALIAEDAC­OSACI HASALVATOS­UOPAPÀ. ERACCONTAD­I UNMATRIMON­IOSPECIALE

- Di Alessandro Penna

Nel film sono Olga, lavoro per un oligarca russo che è pazzo di una band italiana degli Anni 80 e si adopera per “riunirla”. Faccio la dura e mi riesce facile».

Perché lo è anche nella vita? «No. Ma se spengo il sorriso, carico l’accento russo e do spazio a questamia fisicità, un po’ inquieto: non le sembro la sorella di Ivan Drago?».

Ci voleva una ingegnere - l’ingegnere Natasha Stefanenko ( laurea conseguita nel 1991 all’Università di Mosca) - per spiegare un fenomeno che ci diverte e disorienta: il trionfale ripescaggi­o russo delle nostre reliquie musicali. La mia banda suona il pop, di Fausto Brizzi, mescola quest’argomento con gag e coriandoli di spy-story.

La sua ultima prova da attrice risale al 2011. Perché ha aspettato tanto?

«Perché ho lavorato molto in Russia, dove ho condotto ogni genere di programmi. Avevo bisogno di tornare un po’ a casa».

Casa è anche Sverdlovsk- 45, città segreta dove si conducevan­o esperiment­i nucleari: l’avranno dismessa.

«No, no: è ancora aperta e ci lavorano a pieno ritmo. Nessuno può entrare: io volevo rivedere i luoghi della mia infanzia e me lo hanno impedito. Sto scrivendo un thriller su quella realtà assurda».

Una realtà che pare Cernobyl. «Ma lo sa che una volta a Sverdlovsk- 45 prese fuoco l’uranio e fu mio padre Boris a chiamare i soccorsi?

Arrivarono in due minuti, domarono l’incendio con un liquido speciale. Papà ha sventato una catastrofe».

Gli hanno dato una medaglia? «Gli hanno detto spassiba, grazie. Avevo 15 anni, mi dispiacque quel premio così striminzit­o: papà faceva l’ingegnere nucleare, ma guadagnava poco. E ora è pieno di acciacchi, ha problemi neurologic­i. Per fortuna è molto forte: tutti i suoi colleghi sono morti».

Perché in Russia impazzisco­no per le nostre reliquie canterine? «Il verbo “impazzire” non rende l’idea. L’anno scorso ho condotto un concerto di Al Bano e Romina nel teatro del Cremlino: c’erano 5 mila persone, lui ha cantato una settantina di canzoni senza fare una pausa».

E Romina?

L’ITALIA MI HA CAMBIATO

TANTO: MI AVETE INSEGNATO A SORRIDERE, ADIFFONDER­E GIOIA

«Le è bastato iniziare Il ballo del Qua Qua per avere una standing ovation ».

Non mi ha ancora spiegato la ragione di questa idolatria. «Sanremo era l’unica finestra aperta verso l’Occidente: la nostra tv, di esotico, di non sovietico, mostrava solo il Festival. Ricordo che lo aspettavo con il cuore in gola e la mamma a che mi sgridava, perché per via del fuso orario cominciava a notte fonda. . L’Italia ci sembrava un posto meravi iglioso, con tutte quelle luci, i color ri, le paillettes. Collegavo la tv allo ste ereo, registravo le canzoni sulle casse ette e l’indomani giravamo per strada a con queste “radione” a tutto volum me e cantavamo a squarciago­la strof fe di cui non capivamo nulla. Anche se a Sanremo collego anche il mio p rimo complesso».

Quale complesso?

«Mia mamma era preoccupat­issimma perché diventavo sempre più altaa ( è 1.87, ndr). Allorami indicavaRo­mmina e diceva: “Vedi, Al Bano è piùp piccolo di lei, anche tu ti troveraai un “bassottell­o” da sposare. Non puoi aspirare a nulla di meglio, ma è importante che tu non abbia complessi”. Il bello è che, anche se tutti mi considerav­ano brutta, io non avevo complessi.. Lei me li fece venire».

E Toto Cutugno?

«L’ho incontrato in aereo. In bu usiness class c’erano lui e Ramazzo otti: Eros, che è una star internazio­nnale, non l’ha riconosciu­to quasi nessuno, per Toto c’era un’infinità di russi in coda per l’autografo. Per noi è lo zar dellamusic­a italiana, mentreAdri­ano Celentano è Dio: eppure ha cantato solo una volta in Russia, tanti anni fa. Più di un oligarca mi ha detto: “Se Adriano vuol venire qui a cantare anche solo una canzone, può chiederci qualsiasi cifra”. L’ho riferito a Claudia Mori. Mi ha risposto: “Da voi è come una divinità su una nuvola: lasciamolo lì, sulla nuvola”».

Lei arrivò a Milano alla fine del 1992. Come l’hanno cambiata 30 anni di Italia?

«Tantissimo. Noi russi siamo chiusi, frustra ati, repressi; voi mi avete insegnato a sorridere, a diffondere gioia. Quand do sono inmetropol­itana, a Mosca, soorrido alla gente e lemie amiche mi sgr ridano: “Smettila, sembri una cretina a!”. C’è solo una “malattia” da cui non n mi avete guarito».

Quale e?

«Ho laa dittatura nel sangue: ogni volta che quui da voimi ferma la Polizia vado nel panico, inizio a balbettare, come se avvessi qualcosa da nascondere».

Ot tto anni fa ci disse che sogn nava di sposarsi anche in ch hiesa col suo Luca ( Sabbionni, ex modello e imprendito­ndr). L’avete fatto? rre,

«Non ancora. Però ci siamo già sposati in Brasile, a nostra insaputa».

A vostra insaputa?

« Un amico ci ha portato in una ris serva di Indios Potiguara. Il capo ttribù ha cominciato a celebrare to, e solo in corso d’opera abbiamo capito che ci stava sposando. Abbia mo ballato, cantato, avevo un costum me bianco, è stato bellissimo».

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All’“altare” con le piume
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il pop, ora al cinema. In alto è con Diego Abatantuon­o, 64; sopra con Christian De Sica (sinistra), 69, e Massimo Ghini, 65.
Trama con Diego, minaccia De Sica
«SUL SET SONO UNA DURA» Natasha in La mia banda suona il pop, ora al cinema. In alto è con Diego Abatantuon­o, 64; sopra con Christian De Sica (sinistra), 69, e Massimo Ghini, 65. Trama con Diego, minaccia De Sica
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«Ho la dittatura nel sangue: quando mi ferma la polizia...»
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