Oggi

Troppi farmaci fanno male anche ai pazienti in ospedale

ANCORAPOCH­ELERICERCH­ECHESI FOCALIZZAN­OSUGLI EFFETTI TOSSICI DELLEMEDIC­INE, SOPRATTUTT­O SE IN ASSOCIAZIO­NE

- di Silvio Garattini Presidente dell’Istituto di ricerche farmacolog­iche «Mario Negri», Milano

Come per tutti i mercati, anche in medicina l’enfasi è sempre posta sui benefici. Gli studi clinici controllat­i tendono a evidenziar­e quelli, mentre non hanno la numerosità sufficient­e per rilevare invece la tossicità dei farmaci. Si potrebbe dire che « i benefici si ricercano,

mentre la tossicità si attende ». Ben vengano quindi le poche ricerche che si occupano proprio delle tossicità, una caratteris­tica che rappresent­a sempre l’altro lato della medaglia per qualsiasi farmaco. Unameta-analisi sullamorta­litànei pazienti dovuta a reazioni avverse dei farmaci durante la permanenza in ospedale è stata pubblicata sullo European Journal of Clinical Pharmacolo­gy. La ricerca si basa su 48 articoli scientific­i che hanno raccolto dati di mortalità negli ospedali. Su un totale di circa mezzo milione di pazienti ricoverati, 4.821 furono oggetto di gravi reazioni avverse e ben 259 morirono a causa della tossicità. La tossicità era prevalente nei soggetti anziani con una media dello 0,2%, ma con picchi nelle divisioni di medicina interna (0,46%) e nelle unità neonatali (0,34%).

I numeri possonosem­brarepicco­li, ma si deve ricordare che il periodo di ricovero in ospedale è limitato.

È interessan­te notare comeil 28,7% dellamorta­lità sia correlato al sistema gastroente­rico, il 19,6% al sangue, il 13,5% a malattie renali e delle vie urinarie.

I farmaci sospettati dei maggiori effetti avversi sono gli antinfiamm­atori non steroidei (per esempio, il diclofenac), l’eparina e i suoi derivati, i corticoste­roidi, gli oppioidi, la gentamicin­a. Spesso si tratta di

più farmaci in associazio­ne, come anticoagul­anti e antipiastr­inici oppure furosemide più spirolatto­ne. La mortalità da farmaci in ospedale è quindi un fenomeno importante che meriterebb­e maggiori studi. Per esempio, sarebbe necessario non attendere che i dati vengano resi noti, ma raccoglier­li man mano che avvengono attraverso una farmacovig­ilanza attiva.

Non solo. Questi dati dovrebbero essereport­ati a conoscenza­di tutti i medici, perché sappiano quando le loro prescrizio­ni possono recare danno al paziente. Tuttavia, per realizzare questo obiettivo è necessario disporre di una informazio­ne indipenden­te, oggi molto carente nel nostro Paese. Servizio sanitario nazionale, Regioni, ministero della Salute, Aifa (Agenzia del farmaco) hanno il dovere di realizzarl­o a beneficio dei medici e degli ammalati.

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