Troppi farmaci fanno male anche ai pazienti in ospedale
ANCORAPOCHELERICERCHECHESI FOCALIZZANOSUGLI EFFETTI TOSSICI DELLEMEDICINE, SOPRATTUTTO SE IN ASSOCIAZIONE
Come per tutti i mercati, anche in medicina l’enfasi è sempre posta sui benefici. Gli studi clinici controllati tendono a evidenziare quelli, mentre non hanno la numerosità sufficiente per rilevare invece la tossicità dei farmaci. Si potrebbe dire che « i benefici si ricercano,
mentre la tossicità si attende ». Ben vengano quindi le poche ricerche che si occupano proprio delle tossicità, una caratteristica che rappresenta sempre l’altro lato della medaglia per qualsiasi farmaco. Unameta-analisi sullamortalitànei pazienti dovuta a reazioni avverse dei farmaci durante la permanenza in ospedale è stata pubblicata sullo European Journal of Clinical Pharmacology. La ricerca si basa su 48 articoli scientifici che hanno raccolto dati di mortalità negli ospedali. Su un totale di circa mezzo milione di pazienti ricoverati, 4.821 furono oggetto di gravi reazioni avverse e ben 259 morirono a causa della tossicità. La tossicità era prevalente nei soggetti anziani con una media dello 0,2%, ma con picchi nelle divisioni di medicina interna (0,46%) e nelle unità neonatali (0,34%).
I numeri possonosembrarepiccoli, ma si deve ricordare che il periodo di ricovero in ospedale è limitato.
È interessante notare comeil 28,7% dellamortalità sia correlato al sistema gastroenterico, il 19,6% al sangue, il 13,5% a malattie renali e delle vie urinarie.
I farmaci sospettati dei maggiori effetti avversi sono gli antinfiammatori non steroidei (per esempio, il diclofenac), l’eparina e i suoi derivati, i corticosteroidi, gli oppioidi, la gentamicina. Spesso si tratta di
più farmaci in associazione, come anticoagulanti e antipiastrinici oppure furosemide più spirolattone. La mortalità da farmaci in ospedale è quindi un fenomeno importante che meriterebbe maggiori studi. Per esempio, sarebbe necessario non attendere che i dati vengano resi noti, ma raccoglierli man mano che avvengono attraverso una farmacovigilanza attiva.
Non solo. Questi dati dovrebbero essereportati a conoscenzadi tutti i medici, perché sappiano quando le loro prescrizioni possono recare danno al paziente. Tuttavia, per realizzare questo obiettivo è necessario disporre di una informazione indipendente, oggi molto carente nel nostro Paese. Servizio sanitario nazionale, Regioni, ministero della Salute, Aifa (Agenzia del farmaco) hanno il dovere di realizzarlo a beneficio dei medici e degli ammalati.