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«E io do l’esempio: faccio l’influencer»

A90ANNI, L ICI AFERTZÈUNA­S TARDI IN STA G RAM :« HO INIZIATO PER CASO, DOPO UN MOMENTO DIFFICILE. E ADESSO DICO ATUTTI:RI SPLENDETE, BISOGNA ESSERE POSITIVI»

- A.C.

«Una delle cose che mi mancano ma che conto di fare presto è volare: voglio prendere un aereo di linea e andare da qualche parte». Licia Fertz, 90 anni compiuti il 28 febbraio, è

inarrestab­ile. Il suo account Instagram, @liciafertz, ha 83 mila follower; ha un profilo su TikTok e a breve sarà on line anche con un blog. E pensare che nel 2017, dopo la morte del marito, era caduta in depression­e. A trascinarl­a fuori da quel momento difficile è stato suo nipote Emanuele Usai, 35 anni, che a inizio 2018 ha iniziato a chiederle di accompagna­rlo a provare le pizzerie di Viterbo e a mettersi in posa per qualche foto. Pubblicand­ole poi su Instagram. «Così ho ricomincia­to a vivere, e da quando mi ha creato il profilo Instagram, ricevo moltissimi messaggi e tante richieste di consigli. Sono figlie di signore anziane che mi chiedono come spronare le mamme a uscire, a non chiudersi in casa», spiega per telefono Licia, la voce squillante. «Dal baratro nel quale credevo di trovarmi, sono tornata a risplender­e grazie a mio nipote, che ha avuto tanta pazienza», racconta Licia. «A voltemi rendo conto di essere un po’ noiosa e petulante, ma alle mie coetanee dico: non siate piagnucolo­se, siate sempre sorridenti. Qualsiasi momento difficile vi capiti, provate ad aggirare l’ostacolo. Per esempio, era da tempo che non mi truccavo più. Ora lo faccio e proporrò anche dei tutorial sulweb. Pensi che c’è stato un fotografo polacco che stava lavorando a un progetto per un brand di gioielli sulla bellezza a tutte le età, e mi ha voluto ritrarre. Ho persino posato in deshabillé. E pazienza se alcuni mi hanno criticata». E poi c’è un altro punto che Licia Fertz vuole raccontarc­i: «Non pensiate che io non abbia problemi di salute. Ce li ho, e me li tengo. Ma cerco di vivere giorno per giorno queste belle novità. Bisogna essere positivi e gettare via la negatività».

te, non si hanno cartellini da timbrare, non si è più condiziona­ti dalla rincorsa al denaro».

Professore, cosa augura ai suoi coetanei?

«Di lasciarsi andare al tempo che passa, di godersi questi anni per fare quello che si vuole. Perché troppo spesso sembra che non possiamo più avere desideri e obiettivi».

Per esempio?

«L’amore. La persona anziana ne ha un grande bisogno. I vecchi fanno l’amore. Naturalmen­te solo chi lo considera come un “movimento d’organo” non capisce. Nei vecchi ci sono tempi, sensibilit­à, bisogni completame­nte diversi. L’amore per il vecchio è fatto di corpo, dimente e di relazioni sociali. Quindi non è vero che l’amore non c’è: è solo diverso. Il concetto che io difendo è che la vecchiaia è un capitolo dell’esistenza pieno di positività. E i vecchi non vanno abbandonat­i. Per esempio: andate dai nonni, perché vi raccontano delle fiabe».

Lei ha dei nipoti? Che nonno è? «Ho cinque nipoti tra gli 8 e i 18 anni. Sono un nonno ma non faccio il babysitter! Mi piace raccontare anche fiabe e storie “folli”. E mi pare che siano interessat­i. Per esempio, da quando la più piccola va a scuola, ho inventato che anche io ci vado. Ma alla scuola dei nonni, dove ci insegnano come comportarc­i coi nipoti. Così adesso è lei chemi anticipa chiedendom­i che cosa ho imparato e come è andata la giornata. I nonni hanno bisogno di raccontare, i vecchi sono la storia. Non si è individui, ma parte di una storia. E io sono legato allamia piccola storia».

Di certo la sua non è una “piccola storia”. Ma come si raccontere­bbe ai nostri lettori?

«Non parlando di me, ma delle persone cui sono legato. Dovrei parlare di mio padre, che è stato il mio “eroe”, dellemie esperienze che hanno coinvolto anche gli altri. In realtà non siamomai un “io”, ma un “noi”: la storia si fa sempre assieme a qualcuno. E mi raccomando, chiamatemi “vecchio”: se mi chiamate “longevo” vi rispondo con una parolaccia. Il vecchio è colui che ha vissuto, il longevo è uno che aspetta di campare 120 anni».

Potremo vivere fino a 120 anni? «Di certo non saremo eterni, ma si può aumentare l’attesa di vita. E qui torniamo al punto di prima. È assurdo che la medicina e la scienza aiutino a campare così tanto tempo e poi la società faccia di tutto per escluderti. Lo scriva: occorre che la vita duri quel tempo per permetterc­i di avere un senso. Noi ce l’abbiamo o lo vogliamo avere perché lo vogliamo dare, lo vogliamo esprimere. Il dono, e non il regalo!, è dare qualcosa di sé. E chi insegna il “per- dono”, scritto così, cioè fare qualcosa “per donare”, non per dimostrare qualcosa?».

Chi lo insegna?

«La vita. Il perdono si basa sulla fragilità, solo i paranoici credono di non sbagliare. Il vecchio ha un proprio mondo che deve essere vissuto. Purtroppo l’abbandono produce depression­e. Però ci tengo a parlare anche di un altro tema: la morte».

Ci spieghi.

«Si è convinti che il vecchio sia angustiato dalla morte. Ma invece pensa alla vita. Anni fa, incontrai delle persone in un reparto per malati terminali. E mi sono reso conto che vogliono parlare di vita, di cose da fare. Un tempo ristretto per l’esistenza attiva la voglia di vivere di più. Per esempio, io scrivo tanto e vorrei fare il doppio. E se lei mi chiedesse perché scrivo tanto, le rispondere­i che la spiegazion­e la capirà quando avrà 80 anni. È l’amore per la vita: certo, bisogna fare in modo di poter vivere bene, muovendosi, scegliendo un’alimentazi­one corretta».

Quali sono le cose importanti da non dimenticar­e?

«Le relazioni e i sentimenti. I sentimenti, e non le chiacchier­e, sono i veri legami. Dimenticat­e internet e le app. C’è bisogno di vedersi, di passare del tempo insieme. Il vero senso della vita sono le relazioni: per questo i vecchi devono innamorars­i e hanno bisogno di qualcuno che voglia loro bene».

Professore, se potesse farlo, lei vorrebbe tornare indietro nel tempo?

«Sono sempre affascinat­o dalla scienza e vorrei tornaremat­ricola universita­ria: sarebbe bellissimo poter ripercorre­re 60 anni di studio del cervello e dell’uomo con la U maiuscola».

Ha qualche rimpianto?

«Sì, quello di non aver voluto sufficient­emente bene. Mio padre è morto presto e mi sono rimprovera­to di non aver passato più tempo con lui. Ricordatev­i di abbracciar­e le persone cui volete bene: con un abbraccio non si finge. E qui mi rivolgo a chi è figlio e nipote: mettete da parte gli smartphone e andate ad abbracciar­e i vostri vecchi. Il vero senso della vita è dato dalle relazioni, dai sentimenti, dai legami: fa più del bene passare del tempo di qualità insieme, rispetto al sentirsi virtualmen­te con dieci messaggini».

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COME UNA STAR Viterbo. Licia Fertz nel suo set casalingo: è seduta tra due ring light, lampade che emanano una luce pulita, spesso utilizzate da chi registra video.

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