di Umberto Brindani
QUESTO MOMENTO TERRIBILE PASSERÀ. MA QUALCHE BAMBINO CONSERVERÀ RICORDI BELLISSIMI
L’audio chemipiacedi piùèquello che fa: « Comunque, ehi, io è da ieri che sto in casa con lamia famiglia, devo dire che, cioè, sembrano brave persone... ». Ma in questi giorni di clausura generalizzata sono tantissimi i video, i meme, le battute che fioccano un po’ ovunque sui social network. « Comunque non è detto che si debba impazzire in casa... Ne parlavo poco fa con il frigorifero ». C’è la coppia a spasso con un cane finto, c’è il velista prigioniero tra le mura domestiche che arma scotte e drizze in bagno per sollevare la tavoletta del water, c’è il dj chemixa usando i fornelli della cucina, c’è la coppia di anziani crocieristi in accappatoio e col drink inmano davanti a un video chemostra il mare aperto. E c’è chi fa girare lamitica scenetta conAlberto Sordi: «Mentre il mondo combatteva, io resistevo chiuso in cantina, solo, senza luce, senz’acqua, sempre vino, solo vino...». «Ed è uscito quando è finita la guerra?». «No, quand’è finito il vino».
Si ride, si sorride, o si cerca di farlo, mostrandosi l’un l’altro in famiglia l’ultima stupidata arrivata suWhatsApp, comprese quelle un po’ osé o condite di parolacce che non bisogna far vedere ai bambini. Una voglia di leggerezza che testimonia, semai ce ne fosse stato bisogno, della straordinaria capacità di adattamento di noi italiani. Anzi, di noi umani. Tolti gli eroi che combattono in prima linea (medici, infermieri, volontari, forze dell’ordine) e coloro che, non meno coraggiosi, sono costretti ad andare a lavorarenelle fabbriche e nei servizi essenziali, tutta l’Italia è barricata in casa (con l’eccezione dei soliti deficienti che non hanno capito nulla e che vengono denunciati, a migliaia, per inosservanza della regola base).
Ci concediamo qualche puntatina fuori, per fare la spesa. La fila all’esterno del supermercato è interminabile, anche perché si sta distanziati non di uno, ma due o tremetri. Distratto, mi sono avvicinato un filo troppo alla coppia che mi stava davanti: si sono spostati guardandomi con disgusto, manco fossi il lebbroso di Brancaleone alle crociate. Lavoro perlopiù da casa, in smart working e a turno come tutti i miei colleghi, tranne nei giorni neces
Csari per confezionare fisicamente il giornale, in redazione. E a casa si fanno delle scoperte.
La gioia, per tutti noi in famiglia, è avere in casa un bambino di 10 anni. È strafelice, e non solo perché non gli tocca andare a scuola. Andrea Maria è strafelice perché ha la mamma e il papà, e la sorella più grande, sempre con lui. Impara a usare la tecnologia per connettersi con gli insegnanti e i compagni di classe, chatta con gli amici e con le nonne. Si è messo a leggere seriamente un libro suggerito dalla scuola. Un tomo per lui (che valuta la difficoltà dal numero di pagine) piuttosto impegnativo: Lo Hobbit di Tolkien. Poi è venuto fuori che quel titolo era destinato ai ragazzi di prima media, ma fa lo stesso, ci è arrivato in fondo. Costruisce con il Lego. Prende un foglio di cartone e ci scrive “Andrà tutto bene”. Guardiamo insieme qualche film (il preferito: Pacific Rim, quello con i robottoni giganti). Si è appassionato aMasterchef e, adesso, a Celebrity Hunted (inguardabile per quanto è finto, ma per fortuna che c’è Totti). he cosa ricorderà di questo periodo, AndreaMaria, quando sarà grande? Girano su internet, e non solo, oltre alle spiritosaggini anche previsioni catastrofiche sul mondo che verrà, contaminato in eterno da virus sempre più aggressivi o batteri super-resistenti. E non sempre è facile classificare queste profezie di sventura come fake news. Un po’ per autolesionismo, forse, e un po’ per esorcizzare il momento, la sera tardi mi sono messo a guardare una serie americana, Fear the Walking Dead, il prequel della più famosa The Walking Dead. Racconta dell’arrivo in sordina di unmisterioso virus che trasforma le persone in zombie. All’inizio la gente non ci crede, minimizza, sottovaluta, poi... Vabbè, come si dice, è un film“de paura”, è fiction, è spettacolo. Ma qualche domanda la fa sorgere. Poi, razionalmente, mi dico che questo momento terribile passerà. Non domani, e neppure dopodomani, ma passerà. Ne usciremo. Ci resterà solo un brutto ricordo. E mi piace pensare che invece, permio figlio, sarà pieno di ricordi bellissimi.