ALDO GRASSO
COMEFUNEL 1951 CONLARADIO, E POINEL 1968, AVREBBE POTUTOESSEREAL SERVIZIODEGLI ITALIANI, DARE VOCE ALLA PROTEZIONE CIVILE, OFFRIRE LEZIONI AGLI STUDENTI 1951: L’alluvione del Polesine 1968: Il terremoto del Belice
La Rai poteva passare alla storia, non dell’intrattenimento ma del senso civico. Poteva riscoprire la funzione del servizio pubblico, un’idea sbiadita che ormai viene usata come una specie di pateticomantra. Poteva essere un esempio per tutta l’Europa. Quando è scoppiata l’emergenza sull’epidemia del Coronavirus, quando è cominciata la penosa conta deimorti, quando scuole e
uffici sono stati chiusi, ebbene quello era il momento di prendere una grande e utile decisione: trasformare Rai 1 nella rete di servizio nazio
nale. Decisione non facile e non priva di rischi, ma decisione coraggiosa che sicuramente avrebbe dato i suoi frutti. Come la radio li diede nel 1951 durante l’alluvione del Polesine e come fece la tv nel 1968, dopo il terremoto nel Belice, coordinando i servizi di soccorso.
Il canale più visto dagli italiani al servizio degli italiani: per dare notizie controllate nel modo più controllato possibile, per fornire alla Protezione civile unmezzo di comunicazione immediato, per cancellare tutti quei programmi che fino a ieri si occupavano di gossip e che oggi vorrebbero gestire gli stati d’animo del Paese, per organizzare nel pomeriggio (in accordo con le altre reti Rai, soprattutto con Rai Storia) le lezioni per studenti di elementari e medie.
QQuesto è un punto nodale su cui ssi rischia unamezza catastrofe ddella scuola. Le piattaforme iinternet funzionano bene solo ccon leUniversità che si sono aattrezzate per tempo. Ma voi vi iimmaginate, in questo periodo, mmaestri e professori che da casa ddevono seguire una trentina di aalunni? Rai 1 avrebbe dovuto eessere una sorta di grande Telescuola, fornire orari, corsi, una nuova forma di insegnamento per placare anche la forza esplosiva dei ragazzi a casa. Non solo compiti, ma anche una programmazione meno ansiogena e più responsabile (a discutere si invitano solo i competenti, non i cialtroni da talk show).
Perché solo durante il Festival di Sanremo ci ricordiamo che la tv generalista è condivisione, comunità, senso di appartenenza? La tv generalista non è stata ancora surclassata da altri mezzi di comunicazione più “personali” e “leggeri” (come tutti quelli che si appoggiano al web come piattaforma distributiva): tutte le famiglie, anche le meno abbienti, possiedono un televisore e in questi giorni il consumo giornaliero è
aumentato di un’ora. Era il momento di fare un grande salto di qualità (come sta facendo il governo) e invece ci sono ancora i telegiornali che funzionano secondo il principio delle quote partitiche.
PERCHÉ SOLO DURANTE SANREMO CI RICORDIAMO CHE LA TV GENERALISTA È CONDIVISIONE ECOMUNITÀ?