«Sull’isola non c’è nessun ospedale, abbiamo tutti paura»
Trecentocinquanta anime, una manciata di casette colorate e il mare più bello che c’è. Sull’isola di Linosa, tre ore e mezzo di traghetto dalla Sicilia e 20miglia marine da Lampedusa, gli abitanti dovrebbero sentirsi più omeno al riparo dal virus. E invece no. «La nave arriva, e con la nave fino a qualche giorno fa arrivavano i linosani che erano stati al Nord. Appena sbarcati si sono messi da soli in quarantena, ma in paese abbiamo tutti paura», spiega Giuseppe Buonadonna, il vigile urbano (l’unico) della comunità. Il fatto è, spiega Giuseppe, che se a Linosa qualcuno si ammala mancano le strutture per curarlo: «Non esiste ospedale, abbiamo solo una guardia medica, per le emergenze deve arrivare l’elicottero da
Agrigento… E poi viviamo tutti in un fazzoletto di terra, se arriva il virus chi lo ferma?», sospira. Il decreto governativo, assicura Buonadonna, viene applicato alla lettera anche inmezzo al Mediterraneo: a Linosa si mantengono le distanze di sicurezza, si fa la fila fuori dalla farmacia ed entro le 18 è tutto chiuso. Con il segnale della televisione che funziona a singhiozzo, gli isolani hanno riscoperto le gare familiari di burraco e il bricolage. Certo, dice Giuseppe, che ha due figlie grandi “su alNord” e una piccola di tre mesi, un vantaggio rispetto a Milano c’è: «A noi bastano due minuti per raggiungere il lungomare o camminare sul monte Vulcano in perfetta solitudine», dice Giuseppe. La paura resta forte, ma guardare il mare un po’ consola.
CHI VIVE AL NORD ED È TORNATO SI È SUBITO BLINDATO, TUTTI RISPETTANO LE REGOLE Giuseppe Buonadonna, 66, vigile urbano a Linosa.