QUESTI DUE MESI
NONSIAMOMAI STATI CHIUSI INCASA PER COSÌ TANTO TEMPO. UN PRIMOBILANCIO
Da qualche giorno siamo un po’ più liberi. Poco, certo, ma finalmente qualche proibizione è caduta (per sapere esattamente quali, però, bisognerebbe decrittare i decreti diConte, le 160 ordinanze varie e pure le alzate d’ingegno di qualche sindaco, mica facile). Ora possiamo fare un primo bilancio di questi duemesi chiusi in casa, condizionemai sperimentata prima da gran parte di noi. Per molti è stato, e continua a essere, un dramma, ma in generale la disciplina e la capacità di adattamento del popolo italiano si è rivelata straordinaria. Eccezionale, soprattutto, la propensione a riderci sopra. Lo dimostrano, fra l’altro, lemigliaia di video autoprodotti, meme e battute che hanno circolato sui social.
Ma cosa avete fatto, cosa avete imparato, cosa avete letto, visto, ascoltato in questi duemesi abbondanti di quarantena? Cosa vi è rimasto? Scrivetemelo, se volete, e lo pubblicherò: purché siate brevi! Intanto, comincio io.
Ho trovato il tempo di leggere. Una ventina di libri, tra quelli che avevo in casa a prendere polvere: qualcuno di storia, sul D-Day, la Grande guerra o il processo a Gesù Cristo; piccoli grandi classici, come Bartleby lo scrivano o L’amico ritrovato; un vecchio Chrichton; gialli come Il circolo Dante; thriller come Lemontagne ghiacciate di Kolima (il più bello di tutti i thriller, secondo alcuni, e quasi quasi anche secondo me). Mi sono ingozzato di serie tv: l’imperdibile Better Call Saul, l’inquietante Unhortodox, l’irriverente After Life, la deludente quarta stagione della Casa di carta, e poi Fauda, Goliath, Ozark... Con mio figlio abbiamo riscoperto Jason Bourne, Indiana Jones e i Pirati dei Caraibi, ma anche, su Blaze, Lego Masters e gli scontri tra robot di Battlebots, oltre al sempreverde Alessandro Borghese di 4 ristoranti.
Sono riuscito a non mettere su troppi chili, nonostante mia moglie si sia esibita in un repertorio degno di un Tre stelle Michelin. Tranne che per qualche raro collegamento televisivo, non ho usato camicie (perché sono difficili da stirare) ma soltanto polo, e mi sono rifiutato categoricamente di rimanere in pigiama o indossare la tuta. Nelle rarissime uscite di casa mettevo la mascherina e i guanti di plastica, anche se mi sentivo ridicolo. Provavo imbarazzo a restare in coda lontano dalle altre persone (spesso unmetro non bastava e mi guardavanomale). Una volta, distratto, ho fatto per entrare in un negozio mentre c’era dentro un altro cliente e quasi chiamavano la Polizia. Quando proprio non ne ho potuto più, ho preso lamotoemi sono fatto un giro, senza allontanarmi troppo da casa, con la scusa che se no la batteria si scaricava (ecco cosa ha scritto sull’Inkiesta Luca Beatrice: «A un adulto verso la sessantina non puoi togliere una stagione di viaggi e viaggetti. Peraltro il motociclista è uno dei pochi a rispettare il distanziamento sociale»).
Ho fatto collegamenti Zoom con i familiari lontani e con un gruppo di amici. E ho scoperto che questo strumento è freddo, anzi gelido: nessuno sa bene cosa dire, e quando lo dice si sovrappone agli altri. Sempre che non salti la connessione. Un disastro. Ho lavorato in smart working come tutti i colleghi della mia redazione, e siamo riusciti a confezionare regolarmente il giornale (che avete comprato in tanti, e vi ringrazio, e ringrazio i coraggiosi edicolanti, perché le copie diffuse sono aumentate considerevolmente).
Ho assistito sgomento al Circo Barnum dei virologi, in tv, sui giornali e su internet. Mi sono chiesto: ma com’è possibile che uno studi i virus tutta la vita e poi, quando un virus arriva, non ha la più pallida idea di cosa sia, quanto sia contagioso o letale, come e dove sopravviva, come ci si difenda e in chemodo venga curato chi lo prende. Eppure per settimane e mesi in pochi hanno resistito alla ribalta televisiva, anche solo per dire: state a casa e lavatevi le mani. Abbiamo accusato il premier Conte e i politici in genere, d’accordo. Abbiamo seguito prescrizioni spesso cervellotiche, divieti assurdi e cacce all’uomo in spiaggia, d’accordo. Abbiamo criticato l’eccesso di commissioni, le incertezze sui tamponi, la carenza di mascherine, gli errori fatti negli ospedali, d’accordo. Ma il coronavirus è stata la débâcle della scienza. Purtroppo.