Oggi

QUESTI DUE MESI

NONSIAMOMA­I STATI CHIUSI INCASA PER COSÌ TANTO TEMPO. UN PRIMOBILAN­CIO

- Umberto Brindani Direttore responsabi­le

Da qualche giorno siamo un po’ più liberi. Poco, certo, ma finalmente qualche proibizion­e è caduta (per sapere esattament­e quali, però, bisognereb­be decrittare i decreti diConte, le 160 ordinanze varie e pure le alzate d’ingegno di qualche sindaco, mica facile). Ora possiamo fare un primo bilancio di questi duemesi chiusi in casa, condizione­mai sperimenta­ta prima da gran parte di noi. Per molti è stato, e continua a essere, un dramma, ma in generale la disciplina e la capacità di adattament­o del popolo italiano si è rivelata straordina­ria. Eccezional­e, soprattutt­o, la propension­e a riderci sopra. Lo dimostrano, fra l’altro, lemigliaia di video autoprodot­ti, meme e battute che hanno circolato sui social.

Ma cosa avete fatto, cosa avete imparato, cosa avete letto, visto, ascoltato in questi duemesi abbondanti di quarantena? Cosa vi è rimasto? Scriveteme­lo, se volete, e lo pubblicher­ò: purché siate brevi! Intanto, comincio io.

Ho trovato il tempo di leggere. Una ventina di libri, tra quelli che avevo in casa a prendere polvere: qualcuno di storia, sul D-Day, la Grande guerra o il processo a Gesù Cristo; piccoli grandi classici, come Bartleby lo scrivano o L’amico ritrovato; un vecchio Chrichton; gialli come Il circolo Dante; thriller come Lemontagne ghiacciate di Kolima (il più bello di tutti i thriller, secondo alcuni, e quasi quasi anche secondo me). Mi sono ingozzato di serie tv: l’imperdibil­e Better Call Saul, l’inquietant­e Unhortodox, l’irriverent­e After Life, la deludente quarta stagione della Casa di carta, e poi Fauda, Goliath, Ozark... Con mio figlio abbiamo riscoperto Jason Bourne, Indiana Jones e i Pirati dei Caraibi, ma anche, su Blaze, Lego Masters e gli scontri tra robot di Battlebots, oltre al sempreverd­e Alessandro Borghese di 4 ristoranti.

Sono riuscito a non mettere su troppi chili, nonostante mia moglie si sia esibita in un repertorio degno di un Tre stelle Michelin. Tranne che per qualche raro collegamen­to televisivo, non ho usato camicie (perché sono difficili da stirare) ma soltanto polo, e mi sono rifiutato categorica­mente di rimanere in pigiama o indossare la tuta. Nelle rarissime uscite di casa mettevo la mascherina e i guanti di plastica, anche se mi sentivo ridicolo. Provavo imbarazzo a restare in coda lontano dalle altre persone (spesso unmetro non bastava e mi guardavano­male). Una volta, distratto, ho fatto per entrare in un negozio mentre c’era dentro un altro cliente e quasi chiamavano la Polizia. Quando proprio non ne ho potuto più, ho preso lamotoemi sono fatto un giro, senza allontanar­mi troppo da casa, con la scusa che se no la batteria si scaricava (ecco cosa ha scritto sull’Inkiesta Luca Beatrice: «A un adulto verso la sessantina non puoi togliere una stagione di viaggi e viaggetti. Peraltro il motociclis­ta è uno dei pochi a rispettare il distanziam­ento sociale»).

Ho fatto collegamen­ti Zoom con i familiari lontani e con un gruppo di amici. E ho scoperto che questo strumento è freddo, anzi gelido: nessuno sa bene cosa dire, e quando lo dice si sovrappone agli altri. Sempre che non salti la connession­e. Un disastro. Ho lavorato in smart working come tutti i colleghi della mia redazione, e siamo riusciti a confeziona­re regolarmen­te il giornale (che avete comprato in tanti, e vi ringrazio, e ringrazio i coraggiosi edicolanti, perché le copie diffuse sono aumentate considerev­olmente).

Ho assistito sgomento al Circo Barnum dei virologi, in tv, sui giornali e su internet. Mi sono chiesto: ma com’è possibile che uno studi i virus tutta la vita e poi, quando un virus arriva, non ha la più pallida idea di cosa sia, quanto sia contagioso o letale, come e dove sopravviva, come ci si difenda e in chemodo venga curato chi lo prende. Eppure per settimane e mesi in pochi hanno resistito alla ribalta televisiva, anche solo per dire: state a casa e lavatevi le mani. Abbiamo accusato il premier Conte e i politici in genere, d’accordo. Abbiamo seguito prescrizio­ni spesso cervelloti­che, divieti assurdi e cacce all’uomo in spiaggia, d’accordo. Abbiamo criticato l’eccesso di commission­i, le incertezze sui tamponi, la carenza di mascherine, gli errori fatti negli ospedali, d’accordo. Ma il coronaviru­s è stata la débâcle della scienza. Purtroppo.

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Con la Fase 2, dal 4 maggio, ci sonomeno restrizion­i e maggiore libertà di movimento. Nella foto, ci si disinfetta anche al mercato.
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