A chi va il Nobel del discorso peggiore?
A CONFRONTO DEL PREMIER BRITANNICO NEL 1940, GLI ATTUALI CAPI DISTATO E DI GOVERNO HANNO DETTO PAROLE DELUDENTI SULLA PANDEMIA. MEGLIO UN CAPO DELL’ OPPOSIZIONE
All’epoca non c’era tempo per pensarci e metterlo in bella copia. Il 10 maggio 1940, i tedeschi, già padroni della Polonia, avevano invaso la Francia, il Belgio, i Paesi Bassi e il Lussemburgo. Tra le democrazie, in Europa, restava solo la Gran Bretagna. Il 13 maggio, il neo-premier Winston Churchill annunciò alla Camera dei Comuni :« Non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore. Abbiamo di fronte a no ila più terribile delle ordalìe. Abbiamo davanti a noi molti, molti mesi di lotta e sofferenza». E concludeva: «Voi chiedete: qual è il nostro obiettivo? Posso rispondere con una parola. È la vittoria. Vittoria a tutti i costi, vittoria malgrado qualunque terrore, vittoria per quanto lunga e dura possa essere la strada, perché senza vittoria non c’è sopravvivenza». Chapeau. NoncheCovid-19 sia un “nemico” come la furia nazista. Ma per motivare i cittadini in questa pandemia ci aspettavamo qualcosa di più nei discorsi dei leader. Ottant’anni dopo il discorso di Churchill e 81 dopo quello del padre Giorgio VI, del 3 settembre 1939 («Potrebbero venire giorni bui e la guerra non sarà più limitata al campo di battaglia»), una composta ma quasi tenera Elisabetta II si è rivolta per la quinta volta in 68 anni di regno ai suoi sudditi: «Spero che negli anni a venire tuttipotranno essere orgogliosi di come hanno risposto a questa sfida». Ricordando le doti dell’ autodisciplina, del buonumore e del cameratismo dei britannici, ha pronosticato: «Prevarremo e la vittoria apparterrà a ciascuno di noi».
Nulla ditr ascendentale. Ma a confronto dei leader degli altri Paesi la novantaquattrenne sovrana ha fatto faville. Certo, se ci fosse un Nobel ai peggiori discorsi in epoca Covid-19, la palma andrebbe al presidente statunitense Donald Trump, che ha oscillato dalla proposta di iniettare disinfettanti nelle vene dei malati alla inquietante affermazione «non mi prendo nessuna responsabilità», dell’intervento del 13 marzo, considerato il suo peggiore in
assoluto. L’attuale premier della regina, Boris Johnson, gli contende il podio. Ha esordito con un macabro :« Molte più famiglie perderanno i loro cari prima del tempo», il 12 marzo. Salvo tornare in scena, sopravvissuto al virus, con unimpiegatizio: «Mi dispiace di essere stato lontano dalla mia scrivania per molto più tempo di quanto avrei voluto». Tutt’altra figura ha fatto la premier neozelandese, Jacinda Ardern, che però giocava “facile”, visto che, il 27 aprile, ha potuto dichiarare: «Abbiamo vinto la battaglia». In Europa non navighiamo nelle stesse acque. Così il presidente francese Emmanuel Macron ha potuto solo osare, il 13 aprile, un floscio: «Finiremo per vincere ma abbiamo ancora diversi mesi da vivere assieme al virus». Mentre il premier Giuseppe Conte, che si era ispirato a Churchill per parlare “dell’ora più buia” il9marzo, nonha avuto performance migliori di quella del 12 marzo in cui ci avvertiva che« in questo momento tutto il mondo ci guarda» e concludeva con un« rimaniamo distanti oggi per abbracciarci con più calore per correre più veloce domani, tutti insieme ce la faremo», che ora in un’incerta Fase 2, suona sinistro non solo agli atleti. Sempre meglio del deamicisiano: «Alle banche chiedo un atto d’amore per l’Italia» di fine aprile. In un panorama non esaltante per i diritti democratici ovunque (e da noi della solita rissa dentro e fuori la maggioranza), spicca il discorso del leader dell’opposizione portoghese, Rui Rio, che così si è rivolto al primo ministro: «La minaccia che dobbiamo combattere esige unità, solidarietà, senso di responsabilità. Per me, in questo momento, il governo non è l’espressione di un partito avversario, ma la guida dell’intera nazione che tutti abbiamo il dovere di aiutare. Nonparliamopiùdi opposizione, madi collaborazione. Signor primo ministro Antonio Costa, conti sul nostro aiuto. Le auguriamo coraggio, nervi d’acciaio e buona fortuna perché la sua fortuna è la nostra fortuna». Dalla sua tomba, forse, Churchill, avrà tratto un sospiro di sollievo.