Vado via dalla città
«LOS M ART W OR K IN GEL’ ESIGENZA DI SPAZI ALLENTERANNO LA PRESSIONE SUI GRANDI CENTRI », DICONOGLI ESPERTI. A VANTAGGIODELL’ HINTERLAND O ADDIRITTURA DI PICCOLI BORGHI. DOVESI COMPRANO CASE A UN SOLO EURO
La civiltà, è bella ma, viva la campagna, viva la campagna». Che traimille effetti collaterali del malefico Covid-19 ci fosse anche quello di riportare in auge la hit Viva la campagna che Nino Ferrer portò al successonel 1969era inimmaginabile. Ma l’inaspettato, in questimesi bizzarri e tragici, sta diventando la norma. A lanciare il sasso è stato l’archistar Stefano Boeri, che in un’intervista a Repubblica, ragionando sul post epidemia, ha indicato l’abbandono dei grandi centri urbani e la rinascita dei borghi abbandonati comeuna delle soluzioni più virtuose per soddisfare la richiesta di spazio e distanziamento che tutte le ricerche di settore danno per scontata. Un volo pindarico o un salto in avanti ma puntellato da considerazioni solide?
Francesco di Gloria, agente immobiliare da 35 anni, qualche segnale inizia già a coglierlo: «Nei mesi precedenti al blocco a Milano si registrava un’esplosione del mercato immobiliare cittadino, e i prezzi reali erano cresciutimolto inpochimesi. Inqueste ultime settimane, anche se siamo fermi, dalle mail che ricevo ho notato un aumento del 30 per cento delle richieste per i nuovi comprensori di estrema periferia, o immediatamente fuori città. Sono richiesti appartamenti comodi, moderni, con un giardino, o un terrazzo, che in città hanno ormai una valutazione
per molti proibitiva. C’è anche più interesse per immobili a una ventina di chilometri dalla città, soprattutto se si tratta di villette con del verde intorno. Con un budget di 200mila euro a Milano si compra un bilocale, nell’hinterland un trilocale, magari col giardino, e se ci si spinge a 30 chilometri dal centro città si acquista una villetta di costruzione recente».
Oggi, in piena emergenza, a manifestare interesse per le zone periferiche, o dell’hinterland, sono quelli che già cercavano una nuova casa e, che con la condizione che si è verificata, hanno messo nella lista delle priorità lo spazio e quindi hanno cominciato a prendere in considerazione di allontanarsi dal
centro. Secondo gli analisti però questa tendenza si accentuerà. Roberto Poli, professore di previsione sociale all’università di Trento, spiega: «Ci sono diversi fattori che allenteranno la pressione sulle grandi città. Lo smart working, entrato prepotentemente nella scena, è probabile che, finita l’emergenza, diventi una normale modalità di lavoro, per almeno duemotivi: il primo è che i trasporti, con la necessità del distanziamento sociale, saranno complessi e costosi; il secondo è che non dover garantire una postazione a ogni impiegato permetterà alle aziende di avere sedi più piccole e meno costose da gestire. Quindi senza pendolarismo sarà più conveniente lavorare fuori città, dove le case costano molto meno. Credo che nel post Covid in tanti avranno la possibilità di non recarsi tutti i giorni in ufficio, risparmiando: nessun abbonamento ai treni regionali, meno carburante. Inoltre si riapproprieranno del tempo degli spostamenti. Non è detto però che lavoreranno da casa: decollerà il co-working». Come funziona? «Molti di quelli che lasceranno la città per svolgere la loro attività in remoto sentiranno l’esigenza di non lavorare in casa. Così in provincia si creerà una certa domanda di postazioni di lavoro, da affittare a seconda delle esigenze. Potrebbero essere molto economiche perché a qualche decina di chilometri dalle metropoli ci sono tanti edifici abbandonati che
CON L’EMERGENZA SONO AUMENTATE LE RICHIESTE PER I COMPRENSORI CON GIARDINO
Francesco di Gloria, 59 agente immobiliare
RISTRUTTURARE EDIFICI IN PRATICA REGALATI PUÒ ESSERE UN AFFARE. OUNERRORE
Barbara Pighi, 49 architetto
LAVORARE DALLA PROPRIA ABITAZIONE DIVENTERÀ UNA MODALITÀ NORMALE
Roberto Poli docente universitario
aspettano solo di essere recuperati con un nuova funzione».
«SONO MOLTO SUGGESTIVI MA SPESSO ISOLATI»
Bene, ma Stefano Boeri nell’intervista dalla quale siamo partiti parlava di un cambiamento ancora più radicale e ricordava quei paesi abbandonati nei quali le case vengono cedute dal Comune a un solo euro. Oggi sono 23 i municipi che offrono questa possibilità: la lista completa la si può trovare sul sito casea1euro.it. Si tratta quasi sempre di piccoli borghi colpiti dallo spopolamento, e l’unica eccezione è quella della splendida, e degradata, città vecchia di Taranto. Spesso, come nel caso di Gangi, in provincia di Palermo, si tratta di paesi estremamente suggestivi, ma isolati. Le case disponibili sono da restaurare completamente, e nonostante vengano praticamente regalate, non è detto che si faccia un affare. I motivi ce li spiega l’architetto Barbara Pighi, direttore tecnico della società di ingegneria Rimond diMilano: «Chi acquista una casa a un euro deve presentare, entro un anno dall’acquisto dell’immobile, un progetto di ristrutturazione. Giusto per orientarsi si può calcolare di spendere tra i 600 e 1.000 euro al metro quadro. Suggerisco di considerare una serie di elementi che incidono sul budget, tra questi l’accessibilità del cantiere, la necessità di coibentare l’edificio, essenziale al nord e inmontagna, le difficoltà tecniche dell’intervento e il costo dei materiali. Ad esempio: se l’edificio a cui simettemano è sotto la tutela delle belle arti il lavoro diventa piu dispendioso».
Proviamo a fare un calcolo a spanne. Per ristrutturare una grande casa di 200 metri quadri, prendendo il valore mediano tra i due estremi del costo di un restauro, bisogna prevedere un budget di circa 150 mila euro. Poco? Se quei borghi sono stati abbandonati, significa che il mercato immobiliare non è certo frizzante, e dunque quando si deciderà di rivendere la casa non sarà semplice recuperare quanto speso. Per questo, in quei borghi, può capitare che sia più conveniente acquistare una casa già ristrutturata piuttosto che ristrutturarne una.