Il segreto di Wojtyla? Una memoria incredibile
«ANCHE DA MALATO, CUSTODIVA RICORDI. E CREDEVA IN UN CRISTIANESIMO DI RESISTENZA ESPERANZA, COMEBERGOGLIO», DICE AN DR E ARI CC ARDICHE GLI È STATO SEMPRE VICINO
Il 18maggio ricorre il centenariodella nascita di KarolWojtyla, canonizzato da Papa Francesco nel 2014. E Andrea Riccardi, 70 anni, fondatore nel 1968 della Comunità di Sant’Egidio, storico, studioso della Chiesa, ha conosciuto da vicino il Papa polacco. E oggi ben conosce Bergoglio. Attraverso le sue parole, la storia umana e pastorale dei due Pontefici si fa storia della Chiesa e si arricchisce di ricordi.
Professore, ci racconti del primo incontro con Giovanni Paolo II, diventatoPapa il 16ottobre1978 e morto il 2 aprile 2005… «Avevo 28 anni quando ho incontrato la prima volta Giovanni Paolo II. Rappresentavauna novità straordinaria: era il primo Papa non italiano dopo 500 anni, era giovane, aveva grande attenzione verso i giovani, e mi ha colpito la sua capacità di ascoltare. Parlava poco e faceva molte domande, quasi volesse apprendere dagli altri. Non era della schiera di persone che amano ascoltare se stesse. In quel periodo io insegnavo storia all’Università. Negli incontri con lui si percepiva sempre la sua grandezza. E poi, aveva una memoria incredibile. L’ultima volta che l’ho visto, a Castel Gandolfo, nel 2005, ricordo che eravamo a tavola e si parlava di unapersona, di ungreco-ortodosso, ma a nessuno veniva in mente il nome. E lui, che era sofferente e aveva il volto bloccato dal Parkinson, è stato l’unico a ricordarselo».
Bergoglio quando l’ha incontrato? «Ci siamo conosciuti nel 2005, a Roma. Matteo Zuppi, oggi cardinale e arcivescovo di Bologna, allora era parroco di Santa Maria in Trastevere, a Roma, e miha invitatoaun incontro conlui. Era considerato un pastore pio e di grande spiritualità, ma già si percepiva una sua robusta visione della vita della Chiesa ed era chiara la sua capacità di parlare con chiarezza. L’anno dopo, ci siamo ritrovati a Buenos Aires, quando sono stato inArgentinaper ricevere la laurea honoris causa all’Università Cattolica. Poi ci siamovisti altrevolte. Enel2013, dopo l’elezione, mi disse: “Preghi per me. Ma spero che non abbia pregato perché diventassi Papa”. Con la Comunità di Sant’Egidio abbiamo condiviso progetti, comequellodei rifugiati siriani portati in Italia nel 2016 da Lesbo, inGrecia. Ancora lo scorso anno ci ha permesso di accogliere persone in Italia. Ricordo che quando gli ho raccontato di come la loro vita appassiva nel
campo profughi si è commosso. Pap apa Francesco ha grande sensibilità verso i rifugiati, ma sa stare vicino a tutti, a ogni sofferenza. E lo si è visto anche in questo tempo di pandemia».
Quali sono i puntidi vicinanza e le differenze, nel pensiero spirituale e nelministero pastorale, traGiovanni Paolo II e Papa Francesco? «Tra loro ci sono differenze e somiglianze. Wojtyla era messianico, veniva dall’Oriente, voleva cambiare ilmondo, evangelizzare. B ergo gli o è un missionario gesuita, latinoamericano. All’inizio si notavano tra loro più diversità. Ma con gli anniho visto un riavvicinamento di Papa Francesco verso Giovanni Paolo II. Al di là del diverso contesto storico, nel pontificato dell’uno e dell’altro a unirli c’è la stessa visione della centralità del Vangelo, il comune pathos profetico. NéWojtyla né Bergoglio sono pastori rassegnati a che la gente soffra, che sia oppressa e povera. Si riconosce in entrambi un cristianesimo di resistenza e di speranza. Entrambi si sono forgiati nelle difficoltà. Wojtyla ha attraversato il periodo del nazismo e del comunismoenonha ceduto. Bergoglio ha vissuto il tempo della dittatura argentina, che tanta sofferenza ha creato. Sicuramente nessuno dei due è stato marxista. EWojtyla è stato antimarxista in modo molto netto. Ricordo che una volta, parlando con lui, ho sostenuto la diversità del Partito comunista italiano. Lui, che di solito era sempre molto gentile, mi ha guardato sorpreso e mi ha detto: “Credevo che lei fosse intelligente”. Io per l’imbarazzo avrei voluto scomparire sotto al tavolo. Bergoglio non è anti marxista come Wojtyla, ma la sua visione non è quella di una teologia della liberazione che recupera il marxismo, è teologia del popolo, teologiaargentina. Eha riscoperto ladimensione profetica diGiovanni Paolo II: lo abbiamo visto anche lo scorso 19 aprile, quando ha celebrato la messa nel santuario romano dedicato alla Divina Misericordia, festa istituita daWojtyla».
Giovanni Paolo II esprimeva una spiritualità vicina alle apparizioni mariane, come quelle di Fatima, mentre Papa Francesco sembra più lontano dalla visione di una «Madonna postina»... «La devozione mariana appartiene sia a Wojtyla sia a Bergoglio: Maria è importantenella loro vita. Bergoglio è sempre stato legato allaMadonna di Luján, che si venera in Argentina, come alla Vergine che scioglie i nodi. La loro idea sulle apparizioni sembra diversa, ma bisogna sottolineare cheWojtyla è allo stesso tempo uomo della pietà popolare e uomo di interessi intellettuali, pastore legatol alla tradizione e pastore innovatore, se pensiamo per esempio alla spintachehadatoal dialogo inter religioso ».
Nella lotta alla pedofilia, Bergoglio porta avanti una battaglia più incisiva rispetto a Wojtyla?
«La posizione di fondo di Wojtyla e Bergoglio sulla pedofilia è la stessa, il loro giudiziomorale è analogo. Certo, la Chiesa di Wojtyla non aveva compiuto quella presa di coscienza, né si erano creati gli strumenti che permettono di contrastarla e chepoi hamesso incampo Bergoglio. E prima di lui, Benedetto XVI aveva fatto passi importanti, con rigore e attenzione, su questo dramma».
Quale muro abbatte Bergoglio? «Bergoglio non cede di fronte ai muri. Non accetta quello nei confronti dei migranti, anche se è un realista e sa che ci vuole integrazione. Non accetta quei muri che nel nostro individualismo creiamo attorno a noi, e che rendono infelici noi e gli altri».