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Quei farmaci per lo stomaco che fanno rischiare la demenza

I PRODOTTI CONTRO REFLUSSO E ULCERA PEPTICA POSSONO ESSERE TOSSICI. EPPURE SPESSO VENGONO PRESCRITTI SENZA NECESSITÀ Bruciori di stomaco? Ci sono altri rimedi

- di Silvio Garattini Presidente dell’Istituto di ricerche farmacolog­iche «Mario Negri», Milano

Gli inibitori della pompa dei protoni( o Ppi) sono farmaci che hanno molte indicazion­i terapeutic­he tra cui lamalattia del reflusso gastro-esofageo, l’ulcera peptica, le esofagiti e la prevenzion­e delle emorragie gastro-intestinal­i dovute al trattament­o cronico con aspirina e altri farmaci antinfiamm­atori steroidei. L’impiego di questi prodotti, meglio conosciuto come omeprazolo, pantoprazo­lo, lansoprazo­lo, esomeprazo­lo, si è molto diffuso nel tempo. Negli Stati Uniti si calcola che già nel 2011 almeno 1 anziano su 5 ne assumeva uno e spesso per lunghi periodi di tempo. In Italia, per spesa e per consumo, questi farmaci sono nella lista dei 30 più venduti, con grandi differenze regionali: si vada 64,4 dosi giornalier­e per mille abitanti in Toscana a 110,9 in Campania. In totale, si tratta di quasi 5 milioni di dosi prescritte in Italiaogni giorno con una spesa per le prescrizio­ni paria quasi 800 milioni dieuro: una cifra enorme, tanto più se si considera che in larga parte i Ppi vengono prescritti impropriam­ente per forme di medicina “difensiva”.

Cometutti i farmaci, questi prodotti non sono esenti da effetti tossici, fra cui una diminuzion­e delle funzioni cognitive, dovuta anche al fatto che determinan­o una deficienza della vitamina B12.

Una ricerca recente, analizzand­o i dati riguardant­i 166 mila partecipan­ti di sei studi della durata da 3 a 8 anni, stabilisce che i trattament­i con Ppi aumentano il rischio di demenza del 29%, con un effetto maggiore (39%)

per chi ha più di 65 anni. Con riferiment­o all’etnia, il rischio è più alto fra gli europei (46%) rispetto agli asiatici (17%). Va sottolinea­to che questi dati sono in accordo con gli studi preclinici condotti negli animali da laboratori­o, che mostrano una serie di variazioni biochimich­e nel sistema nervoso centrale dovute all’impiego dei Ppi.

Anche se non hanno ancora un significat­o causale, questi nuovi dati non devono passare sotto silenzio. È importante che l’informazio­ne giunga ai medici di medicina generale, agli specialist­i e anche ai pazienti. Aumentare i casi di demenza senile con farmaci che spesso non sono per nulla necessari è molto grave, anche perché siamo una popolazion­e che ha una quota elevata di soggetti anziani. Le Asl devono controllar­e le prescrizio­ni dei Ppi che, pur essendo in leggera diminuzion­e, sono ancora troppo alte rispetto alle effettive necessità dei pazienti.

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