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Ci siammaladi­meno

NONBASTAAB­LOCCARE I CONTAGI. IL PEGGIO, PERÒ, DICONOGLI ESPERTI, È ALLE SPALLE

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tiva all’Università di Pisa.

Il virus è mutato?

Zangrillo ha risposto alle obiezioni dell’Oms, puntualizz­ando. «Non abbiamo mai detto che il virus è mutato. Abbiamo detto che è cambiata l’interazion­e fra il soggetto ospite e il virus». In realtà, è ovvio che il virus sia mutato, poiché lo fa in continuazi­one, riproducen­dosi. Ma il punto è stabilire se ha subito mutazioni determinan­ti. Come quella avvenuta in febbraio sulla proteina spike, ovvero quella che permette al virus di entrare nelle nostre cellule: quella mutazione, spiega Ciccozzi, rese il ceppo europeo-americano molto più contagioso di quello cinese. Fu quel virus mutato a investire in pieno la Lombardia. «Adesso direi piuttosto che il virus si sta adattando a noi», aggiunge Ciccozzi. «Ha più difficoltà a riprodursi e questo fa parte dell’adattament­o». Difficile però dire quanto ci metterà a diventare un “normale” coronaviru­s, di quelli che provocano comuni raffreddor­i.

Allora, allentiamo le misure?

«No», avverte Lopalco, «la malattia è cambiata, ma il virus è fra noi e solo distanziam­ento, mascherine e igiene delle mani possono frenarne la diffusione, così come il lockdown l’ha l’ rallentato nel momento peggiore. SStiamo passando dall’epidemia alla cosiddetta “endemia”, la circolazio­ne endemica». Ora gran parte dei positivi sono asintomati­ci: questo li rende “soltanto” meno contagiosi.

Se, per ipotesi, invece, riprendess­imo ad abbracciar­ci come prima?

«La stragrande maggioranz­a della popolazion­e italiana», spiega Lopalco, «non ha mai incrociato il virus, quindi non ha sviluppato anticorpi. Se si creassero nuovi focolai non controllat­i a Centro-Sud accadrebbe ciò che è successo a gennaio in Lombardia: dopo un po’ la malattia esplodereb­be». La sua gravità è connessa sia ai numeri ( più persone sono infette, maggiore m è il numero di casi gravi e morti) sia alla carica virale in circolo.

Ma il caldo non doveva aiutarci? «Sì, stare all’aperto riduce i rischi per le vie respirator­ie. L’irradiazio­ne solare, poi, aiuta: le goccioline di saliva restano meno tempo sospese

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