Oggi

Tre mascherine... e nessuna con i buchi

- Di Viola Lakshmi Valeria Palumbo

nell’aria e si seccano prima, anche sulle superfici. Il sole, in sostanza, disinfetta», spiega Lopalco. «Però, contrariam­ente a quanto ipotizzava­mo», aggiunge Ciccozzi, «il virus non ci saluterà in agosto».

Quando si è “guariti”?

Molti, tramarzo e aprile, hanno avuto sintomi compatibil­i con Covid-19, ma non hanno fatto il tampone. Tra quelli che l’hanno fatto, alcuni sono risultati ancora positivi dopo due mesi. Poiché non tutti faranno il test sierologic­o, come facciamo a sapere quando gli ex malati “non tamponati” non sono più contagiosi? «Due mesi mi sembrano davvero troppi», afferma Ciccozzi, «capita che i reagenti dei test rivelino pezzi di Rna del virus che è ancora nella faringe e nel naso. Ma è Rna degradato e quindi non più attivo». Ciccozzi aggiunge che Sars-Cov2 non dovrebbe rimanere in latenza nel nostro corpo, come i virus dell’herpes, «perché, a quel che sappiamo, non ha un posto dove nasconders­i».

Arriverà l’ondata in autunno? Tutti gli esperti concordano che sia probabile. Ma se, secondo Ciccozzi, il virus ha già falciato i più fragili e si sta adattando sempre di più a noi,

Lopalco è più cauto sulla sua minore pericolosi­tà, perché ritiene che gli anziani e altri soggetti più deboli di gran parte d’Italia non l’hanno mai incrociato. Però entrambi affermano che siamo più preparati e pronti a circoscriv­ere gli eventuali focolai e che quindi è improbabil­e che la carica virale torni ai livelli della primavera.

Potevamo accorgerce­ne prima? Ciccozzi è severo sullo smantellam­ento dell’epidemiolo­gia di territorio, ovvero di quei presidi che, allertati da un medico di base, correvano subito, per esempio, ai mercati, in caso di allarme colera o epatite e avevano il potere di chiudere tutto, subito. Fossero esistiti e qualche medico avesse fatto scattare l’allarme per le “strane” polmoniti di inizio gennaio: «avremmo tardato di una settimana, ma non di un mese e mezzo».

Potevamo riaprire prima?

I norvegesi, che, a differenza degli svedesi, hanno imposto un lockdown severo e sono stati premiati da una bassa mortalità, si sono però chiesti se non sarebbe stato meglio essere meno rigidi e riaprire prima le scuole e le attività produttive, perché hanno scoperto che il tasso di contagiosi­tà (gli ormai famosi R0 e RT: il primo vale quando non si sono prese misure e il virus ha campo libero, il secondo dopo) era già in discesa prima del blocco. Ciccozzi e Lopalco concordano che è difficile stabilirlo perché i modelli di cui disponiamo possono prevedere come si svilupperà il contagio senza misure di contenimen­to o con misure rigide: non possono valutare aperture parziali. Per questo Ciccozzi avrebbe ancora atteso prima di riaprire i valichi per la Lombardia.

Ci sono errori che ora possiamo evitare?

Gli “eventi diffusori”, spiega Lopalco: funerali, match sportivi, concerti. Insomma, le occasioni dove si sta pigiati in tanti, si urla e si suda. Il New York Times ha osservato che, senza la nostra propension­e a parlare, non ci sarebbe Covid-19. Sarebbe poi utile riflettere su come si è diffusa negli ospedali: non solo perché ha fatto strage dei più fragili, ma perché lo stesso fenomeno accade con i batteri. «Li portano dentro, spesso, i parenti, ma è in ospedale che diventano super-resistenti», dice Ciccozzi. E ogni anno, in Italia, fanno 11 mila morti diretti e 49 mila come concausa.

Dei 235.579 casi di contagio registrati in Italia all’ 8 giugno, 28.451 riguardano operatori sanitari

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