EDITORIALE
C’ È STATA ANCHE UN’ EPIDEMIA DI BUFALE SUL CORONA VIRUS. CON PROTAGONISTI INSOSPETTABILI
L’ultima che ho letto sul coronavirus è che i calvi sono più a rischio. Cioè avere pochi, o zero, capelli esporrebbe maggiormente al pericolo di morire di Covid. La strabiliante scoperta sarebbe dovuta «ad alcuni studi scientifici» che dicono: tutta colpa degli ormoni maschili. Volete la prova? Ebbene, pare che il primo medico americano a morire per questa patologia sia stato un certo Frank Gabrin, definito «un uomo calvo». Ora, basta una breve ricerca su Google per scoprire che Gabrin è sì, effettivamente, morto di Covid, ma non era affatto pelato. Certo, non aveva una zazzera alla Jimi Hendrix, tuttavia godeva di una dignitosa dotazione di capelli.
Attenzione: non mi azzardo a sostenere che questa non sia altro che una fantastica bufala, non ne ho la più pallida idea. Mi limito a osservare che la notizia in sé fa piuttosto sorridere, con tutto il rispetto per il dottorGabrin (il quale, poveretto, ci ha rimesso davvero la pelle). Ho semplicemente il sospetto, e me lo tengo fino a prova contraria, che la calvizie come causa, o concausa, di morte per Covid sia solo l’ennesima fake news circolata in questi mesi di pandemia.
Ne abbiamo sentite tante. Per primi ci si sono messi, ahimè, i cosiddetti esperti, chiamati in fretta e furia in tv e sui giornali a regalare certezze. Che purtroppo non avevano. Salvo forse (forse) alcuni ricercatori cinesi diWuhan, nessuno scienziato sulla faccia della Terra aveva mai avuto a che fare con questo maledetto virus. Però qualcosa bisognava dire, per rassicurare o intimorire: il ruolo e le responsabilità lo imponevano. Così, a partire dai vertici dell’Organizzazione mondiale della sanità, è stato affermato tutto e il contrario di tutto. Le mascherine non servono, anzi servono solo a chi non è contagiato, no scusate servono a tutti, sì ma qualimascherine? Èuna specie di influenza, anzi no. Bisogna disinfettare a manetta, anzi meglio non esagerare. State a un metro, anzi due, vabbè facciamo uno e mezzo, ma nei ristoranti 2, e in spiaggia 4, o meglio 5, e se andate veloci in bicicletta 14… Il virus resta sugli oggetti? Sì, no, chissà, otto ore o nove giorni, chi può dirlo? Ce lo portiamo in casa sotto le suole delle scarpe? Boh, nel dubbio lasciatele sul pianerottolo. Per non parlare dei guanti: prima erano indispensabili, ora improvvisamente l’Oms dice di non metterli perché «aumentano il rischio di infezione». Ohibò!
Taluni virologi o epidemiologi sono diventati delle star televisive, con il consueto contorno di polemiche. È venuto fuori che qualcuno lo faceva a pagamento, o magari ricavava bei soldini in consulenze a grandi aziende private, come il mitico Roberto Burioni (che adesso ha annunciato il ritiro dalle scene mediatiche, tipo Mina o Lucio Battisti). C’è chi ha scoperto cure promettenti, ed è stato ostacolato o non valorizzato. Chi ha detto che gli anti-infiammatori aiutavano il virus, chi ha “sposato” la clorochina, chi ha promosso misteriosi medicinali orientali...
La produzione planetaria di notizie vere, false o del tutto incerte è stata prodigiosa. Se andate sul sito del ministero della Salute troverete una meravigliosa pagina intitolata «Covid-19: attenti alle bufale», dove vengono elencate e smentite ben 70 fake news. Qualche esempio: fare gargarismi con la candeggina protegge dal virus, tagliarsi la barba evita il contagio, il pane fresco trasmette l’infezione, gli extracomunitari sono immuni, la tachipirina cura lamalattia, duemascherine una sull’altra proteggono di più... E i consigli, poi: fare un bagno caldo, mettersi al sole, stare al freddo, bere alcolici, praticare yoga, mangiare miele o peperoncino, applicare la vaselina intorno alle narici, lavarsi i capelli ogni volta che si rientra in casa...
D’altra parte è vero che la gente aveva fame di informazioni. Noi che lavoriamo nella comunicazione abbiamo avuto il nostro bel da fare per separare il grano dal loglio, e non sempre ci siamo riusciti. È noto che i giornalisti ne sanno un po’ di tutto, ma veramente bene niente. Così si affidano agli specialisti. Ma quando gli esperti ne sanno meno di loro?