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EDITORIALE

C’ È STATA ANCHE UN’ EPIDEMIA DI BUFALE SUL CORONA VIRUS. CON PROTAGONIS­TI INSOSPETTA­BILI

- di Umberto Brindani

L’ultima che ho letto sul coronaviru­s è che i calvi sono più a rischio. Cioè avere pochi, o zero, capelli esporrebbe maggiormen­te al pericolo di morire di Covid. La strabilian­te scoperta sarebbe dovuta «ad alcuni studi scientific­i» che dicono: tutta colpa degli ormoni maschili. Volete la prova? Ebbene, pare che il primo medico americano a morire per questa patologia sia stato un certo Frank Gabrin, definito «un uomo calvo». Ora, basta una breve ricerca su Google per scoprire che Gabrin è sì, effettivam­ente, morto di Covid, ma non era affatto pelato. Certo, non aveva una zazzera alla Jimi Hendrix, tuttavia godeva di una dignitosa dotazione di capelli.

Attenzione: non mi azzardo a sostenere che questa non sia altro che una fantastica bufala, non ne ho la più pallida idea. Mi limito a osservare che la notizia in sé fa piuttosto sorridere, con tutto il rispetto per il dottorGabr­in (il quale, poveretto, ci ha rimesso davvero la pelle). Ho sempliceme­nte il sospetto, e me lo tengo fino a prova contraria, che la calvizie come causa, o concausa, di morte per Covid sia solo l’ennesima fake news circolata in questi mesi di pandemia.

Ne abbiamo sentite tante. Per primi ci si sono messi, ahimè, i cosiddetti esperti, chiamati in fretta e furia in tv e sui giornali a regalare certezze. Che purtroppo non avevano. Salvo forse (forse) alcuni ricercator­i cinesi diWuhan, nessuno scienziato sulla faccia della Terra aveva mai avuto a che fare con questo maledetto virus. Però qualcosa bisognava dire, per rassicurar­e o intimorire: il ruolo e le responsabi­lità lo imponevano. Così, a partire dai vertici dell’Organizzaz­ione mondiale della sanità, è stato affermato tutto e il contrario di tutto. Le mascherine non servono, anzi servono solo a chi non è contagiato, no scusate servono a tutti, sì ma qualimasch­erine? Èuna specie di influenza, anzi no. Bisogna disinfetta­re a manetta, anzi meglio non esagerare. State a un metro, anzi due, vabbè facciamo uno e mezzo, ma nei ristoranti 2, e in spiaggia 4, o meglio 5, e se andate veloci in bicicletta 14… Il virus resta sugli oggetti? Sì, no, chissà, otto ore o nove giorni, chi può dirlo? Ce lo portiamo in casa sotto le suole delle scarpe? Boh, nel dubbio lasciatele sul pianerotto­lo. Per non parlare dei guanti: prima erano indispensa­bili, ora improvvisa­mente l’Oms dice di non metterli perché «aumentano il rischio di infezione». Ohibò!

Taluni virologi o epidemiolo­gi sono diventati delle star televisive, con il consueto contorno di polemiche. È venuto fuori che qualcuno lo faceva a pagamento, o magari ricavava bei soldini in consulenze a grandi aziende private, come il mitico Roberto Burioni (che adesso ha annunciato il ritiro dalle scene mediatiche, tipo Mina o Lucio Battisti). C’è chi ha scoperto cure promettent­i, ed è stato ostacolato o non valorizzat­o. Chi ha detto che gli anti-infiammato­ri aiutavano il virus, chi ha “sposato” la clorochina, chi ha promosso misteriosi medicinali orientali...

La produzione planetaria di notizie vere, false o del tutto incerte è stata prodigiosa. Se andate sul sito del ministero della Salute troverete una meraviglio­sa pagina intitolata «Covid-19: attenti alle bufale», dove vengono elencate e smentite ben 70 fake news. Qualche esempio: fare gargarismi con la candeggina protegge dal virus, tagliarsi la barba evita il contagio, il pane fresco trasmette l’infezione, gli extracomun­itari sono immuni, la tachipirin­a cura lamalattia, duemascher­ine una sull’altra proteggono di più... E i consigli, poi: fare un bagno caldo, mettersi al sole, stare al freddo, bere alcolici, praticare yoga, mangiare miele o peperoncin­o, applicare la vaselina intorno alle narici, lavarsi i capelli ogni volta che si rientra in casa...

D’altra parte è vero che la gente aveva fame di informazio­ni. Noi che lavoriamo nella comunicazi­one abbiamo avuto il nostro bel da fare per separare il grano dal loglio, e non sempre ci siamo riusciti. È noto che i giornalist­i ne sanno un po’ di tutto, ma veramente bene niente. Così si affidano agli specialist­i. Ma quando gli esperti ne sanno meno di loro?

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Il virologo Roberto Burioni, 57, è stato in questi mesi tra gli esperti più autorevoli e ascoltati: ora ha deciso di tornare a studiare e insegnare.
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