PREGO, C’È POSTO
L’ARTE, L’OSSESSIONE E L’OBBLIGODEL PRENOTARE, SEMPRE. MAQUALCOSASTACAMBIANDO
Ho letto sul Foglio un delizioso pezzo di Camillo Langone sull’arte e l’ossessione, diciamo così, del prenotare. «Sento di gente che prenota il barbiere, il treno, l’albergo, gente che prenota il ristorante da una settimana all’altra ( prima del virus anche da un mese all’altro), e le vacanze da un anno all’altro. Gente che a settembre si organizza per il Capodanno, gente che fa l’abbonamento a teatro, gente ligia al calendario della raccolta differenziata. Io passo in bicicletta davanti al mio barbiere, se non c’è nessuno entro, se c’è qualcuno ripasso un altro giorno. Se devo andare a Milano vado in stazione e prendo il primo treno che passa... Programmare viaggi in là nel tempo è un atto di presunzione al limite dell’empietà: siamo nellemani di Dio, non della nostra agenda».
Ora, a parte la raccolta differenziata (se non rispetti il calendario, caro Camillo, non te la raccolgono), devo ammettere che per il resto mi ci ritrovo. Anch’io sono tendenzialmente un « last minute man »: si va, si prova, se non c’è posto si rinuncia. Così, senza impegno, senza orari da rispettare, sempre con la possibilità di cambiare idea, o percorso, o destinazione. Poi però bisogna fare i conti con la realtà. Se devi prendere un aereo e non ti organizzi, altro che «atto di presunzione»: resti a terra. Se ti hanno prescritto una visita specialistica, mica puoi presentarti e dire «eccomi qui!». E quante volte ti hanno fatto imbufalire quelle foreste di cartellini «Riservato» sui tavoli del ristorante che, con estrema cortesia, ti ha respinto? Quanti chilometri hai fatto alla ricerca di un posto dove mangiare, rimpiangendo di non aver fatto la telefonatina che preavvertiva un oste del tuo arrivo?
In tempi di Covid, poi, le cose sono addirittura peggiorate. Se prima una cena al ristorante stellato la dovevi prevedere con sei mesi di anticipo, adesso devi chiamare anche se stasera vuoi accomodarti nella trattoria sotto casa. Stanno (forse) riaprendo i cinema: pensi davvero di andarci senza verificare in anticipo? Con un ulteriore, fastidioso effetto collaterale: in questo periodo è obbligatorio prenotare, ma senza la certezza di ottenere il risultato. Ne sanno qualcosa le migliaia di persone che hanno fissato per tempo voli (Alitalia, ma non solo) che non partiranno perché le destinazioni sono ancora off-limits. E ne sanno qualcosa i milioni di previdenti prenotatori di viaggi e vacanze che invece dei soldi già spesi rischiavano di vedersi risarcire con gli odiosi voucher (ora dichiarati illegali dalla Commissione Ue).
In febbraio, con la mia famiglia avevamo prenotato una casa in affitto al mare, in Sardegna, e versato una corposa caparra. Esplosa la pandemia, terrorizzati dal pericolo di contagio, con le autorità che blindavano i propri territori e chiudevano porti e aeroporti, e con alle viste un’estate di clausura, avevamo ovviamente annullato la prenotazione. Visto che la cosa non dipendeva da noi ma dalla situazione di emergenza, era nostro diritto riavere il denaro. «Ma certo, signore, questione di pochi giorni». I giorni sono diventati settimane, poimesi. A un certo punto si è affacciata l’ipotesi del famigerato voucher. Così, considerato che nel frattempo l’allarme è in parte rientrato e si prova a ripartire per una Fase 3, o 4, non ho potuto fare altro che ri-confermare lamaledetta prenotazione. Piuttosto che rimetterci, non foss’altro che per tigna, in ferie ci vado!
Eh già, si riparte. Non si può dire ad alta voce, pochi esperti si azzardano a farlo, ma sembra proprio che in Italia il peggio sia passato. Mentre in alcuni Paesi ( Brasile, Stati Uniti) l’inettitudine dei governanti sta producendo tuttora danni inenarrabili, con centinaia di migliaia di morti, da noi forse si comincia a respirare. Siamo stufi di mascherine, di distanziamento, di pistole misura-febbre, di percorsi obbligati di entrata e uscita, di incertezze su quando riapriranno le scuole, i negozi, i ristoranti che amiamo... Chissà, forse il ritorno alla normalità non è più un sogno. Ci vuole ancora prudenza, ma magari fra poco potremo riprendere la solita vita, leggera e un po’ superficiale di non-prenotatori. «Scusi, saremmo in quattro...». Non vedo l’ora di sentirmi rispondere: «Prego, accomodatevi, c’è posto».