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QUEL SORRISO TRIONFANTE La grinta di un campione

IL DRAMMATICO INCIDENTE DEL 2001. L’AMORE DELLA SUA DANIELA. LA TENACIA CHE LOHARESO IMMENSO. STORIA DI UN UOMO CHE NON SI È MAI ARRESO

- Di Pier Luigi Vercesi

Alex Zanardi,

53, trionfante all’Ironman di Cervia nel 2018. Superò perfino gli atleti normodotat­i (foto Bryn Lennon/Getty Images per Ironman).

IO SENZA GAMBE HO GUARDATO LA METÀ CHE ERA RIMASTA, NON QUELLA PERSA

Sul volto dell’infermiera che venerdì scorso, nel tardo pomeriggio, misura la febbre a Daniela mentre entra nell’ospedale Santa Maria alle Scotte di Siena, si vede scendere una lacrima. E una profonda tristezza scende su tutta l’Italia rimasta con il fiato sospeso. Il marito di Daniela, Alex, Alessandro Zanardi, è appena giunto con un elicottero in condizioni disperate dopo aver perso il controllo della sua handbike, la bicicletta speciale con la quale ha vinto decine di medaglie d’oro, sulla strada provincial­e 146 all’altezza di Pienza, in Val d’Orcia, uno dei paesaggi più belli del mondo. In discesa, durante una pedalata di beneficenz­a per festeggiar­e la fine dell’incubo Coronaviru­s, è finito contro a un camion che veniva in senso contrario. Chi l’ha soccorso, in un primo tempo l’ha creduto morto. Daniela e lamammadiA­lex, Anna, 84 anni, ripiombano nello stesso incubo di 19 anni prima, una maledetta domenica di settembre del 2001, quando sul circuito automobili­stico tedesco di Lausitzrin­g le ruote della macchina di Alex slittarono su una macchia d’olio. Il bolide che sopraggiun­geva a 300 all’ora lo investì, tagliò in due la vettura e, purtroppo, anche Alex, a cui dovettero amputare le gambe. Quando tornò a casa, il piccolo Niccolò, suo figlio di tre anni, vedendolo con gli arti artificial­i, gli chiese: «Papà, sei diventato un super-eroe?». Assomiglia­va infatti a uno di quei personaggi che gli avevano regalato a Natale. Alex rispose: «Hai ragione», e capì come doveva impostare la sua nuova vita.

Era stata Daniela, quando Alex aveva riaperto gli occhi, a dirgli che non avrebbe più camminato. Lo fece con un sorriso dolce, ma senza commiseraz­ione, aggiungend­o: «Adesso ti devo amare il doppio». Ora, come allora, rimane lì, inchiodata al vetro che la separa dal suoAlex. Quando le dicono di andarsi a riposare, risponde sempre: «No, non lo lascio, non lo lascio solo». Lei sta attaccata a lui perché lui resti

attaccato alla vita.

Quand’era successo il primo incidente, erano sposati da cinque anni e si erano conosciuti nel mondo della Formula 1, che Alex aveva cominciato a sognare a 13 anni quando suo papà Dino gli aveva regalato un kart. Una bella famiglia emiliana, di Bologna poi trasferita­si a Castel Maggiore, quella di Alessandro, ma sfortunata: papà idraulico, mamma sarta, sua sorella maggiore, Cristina, eramorta in un incidente stradale nel 1979. Anna e Dino riempivano d’amore quel figlio, e c’era anche nonna Gisella, che raccontava sempre di Bartali e Coppi, due campioni sì, ma anche due meraviglio­si esempi per un paese che usciva dalla guerra: erano rivali, ce la mettevano tutta, maquando avevano sete si scambiavan­o la borraccia. Insomma, erano solidali e proprio questo sarebbe diventato il messaggio che, nella sua seconda vita, Alex avrebbe cercato di trasmetter­e agli italiani: se siamo insieme, se ci crediamo, la vita ci dona sempre nuove opportunit­à. Lo diceva e lo dimostrava coi fatti in tv e nelle gare paralimpic­he. Quello diAlex è diventato un tale esempio di forza e di dignità che persino il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo primo discorso di Capodanno, lo ha citato come esempio per tutti gli italiani. Non a caso, uno dei primi tweet con «Alex non mollare», venerdì pomeriggio l’ha spedito ilpresiden­te del Consiglio Giuseppe Conte. Alex, nonostante un destino terribile, non ha nessuna intenzione di mollare. Con un intervento di tre ore gli hanno ridotto una gravissima frattura al cranio. Il suo corpo, tonico e allenato ( ha 53 anni), ha reagito bene e tutte le funzioni si sono stabilizza­te. La prognosi rimane comunque riservata e la grande incognita è il quadro neurologic­o. Ma per quello occorre attendere ancora qualche giorno, quando il team dei medici che lo sta seguendo deciderà di farlo uscire dal coma farmacolog­ico.

Se tutto andrà come speriamo, la prossima settimana si potrà verificare se Alex potrà cominciare a costruirsi una terza vita. Se a comunicarg­lielo sarà Daniela, come la scorsa volta, siamo certi che risponderà: «Beh, passato il mezzo secolo ci sta anche». Il timore, la paura che nessuno ha il coraggio di confessare, è che possa toccargli una sorte come quella di Michael Schumacher, a cui Alex ha pensato tantissimo, quasi tormentand­osi per non poter fare nulla per lui. Intanto, fuori dall’ospedale di Siena ogni giorno si aggiungono cartelli che incitano Alex a tenere duro, sempre con i colori dell’Italia. Li attaccano ciclisti che vengono da ogni parte della Toscana. Un affetto immenso. Chissà se riescono a vederli anche Daniela, Anna e Niccolò, che ogni giorno fanno la spola da Castiglion­e della Pescaia, sulla costa toscana, dove hanno una casa. Daniela non voleva allontanar­si da Alex nemmeno per un attimo, ma in tempo di Coronaviru­s non le hanno concesso di rimanere in clinica. E poi deve anche occuparsi di Anna, la suocera, una donna forte, ma tanto provata. Edi Niccolò, che adesso ha 22 anni e non riesce a togliere nemmeno per un attimo il pensiero da suo papà, il supereroe. In attesa che Alex si svegli, è lei che tiene insieme tutto. Del resto, quando le dicevano, scherzando: «Bel marito che ti sei scelta», lei rispondeva: «Sì, però a lui è andata bene».

COL SUO NICCOLÒ Zanardi col figlio Niccolò, oggi 22. «Papà è il mio esempio di vita», dice.

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