Oggi

«Prima di cantare ho rivisto la mia vita, galera compresa»

«STAVO SULLA SCALETTA PER IL PALCO E L’ INCONTRO CON 225 MILA PERSONE EMI SONO VENUTI IN MENTE I GRADINI CHE HO FATTO QUANDOMI MISERO IN CARCERE », CONFIDA. E PROMETTE: «FINCHÉ LAGENTE SIDIVERTE E FINCHÉCE LAFACCIO... IOVADOAVAN­TI»

- Di Armando Gallo - foto Pigi Cipelli

Atre anni esatti dal concerto-record di VascoRossi­aModena, Rai 1 ne trasmette il 1° luglio la registrazi­one, accompagna­todauna intervista al rocker, da commenti e spezzoni sulla sua vita. Noi vi proponiamo il dialogo che il nostro Armando Gallo ebbe con Vasco dopo l’uscita nei cinema del film sull’evento.

Il concerto di VascoRossi al Modena Park l’ho visto al cinema, in una sala del leggendari­o Chinese Theater di Hollywood. Vasco era ancora a Los Angeles e così l’ho cercato per congratula­rmi con lui e ci siamo immersi in una conversazi­one fitta e sincera. Ero rimasto travolto dalla sua performanc­e in quel concerto epocale: “la tempesta perfetta”, per stare all’affettuosa definizion­e dello stessoVasc­o. Un evento destinato a rimanere nella memoria di chi c’era ma anche di chi non c’era, visto che è tutto rigorosame­nte documentat­o nei Dvd, Cd e libro fotografic­o di un ottimo box set, Modena Park.

Ci sono alcuni momenti, all’inizio del film del concerto, che racchiudon­o l’essenza di Vasco e del suo combattuto, ma inesorabil­e successo che ormai dura da 40 anni. Uno è il suo sguardo dall’elicottero quando vede la marea dei 225 mila. «Mi è mancato il fiato», dirà. L’altro è quando entra sul palco da solo, senza musica, un puntino giallo che il popolo di Vasco osanna con un urlo che è come una folata di vento che dà il via alla tempesta perfetta. Lui, lì con le braccia aperte, che riceve questa maestosa energia e inizia il concerto non cantando, ma recitando l’incipit di una delle sue prime canzoni: « Eh…ho perso un’altra occasione buona stasera... », creando un’intimità pazzesca e srotolando così quella Colpa d’Alfredo che descrive la febbre del sabato sera nelle discoteche di Modena alla fine degli Anni 70. Ma l’attimo più intenso, quello più toccante, rimane quando Vasco è sotto la scaletta prima di salire sul palco. Una ripresa rispettosa, da dietro, come per lasciare un ultimo momento di privacy alla rockstar prima di salire le scale che lo avrebbero portato di fronte al

SONO STATO A LUNGO MALATO, È STATA UN’ESPERIENZA GRANDE E TERRIBILE

suo popolo.

«Raccontaci­Vasco, dov’eri in quelmoment­o?», gli ho chiesto. «Avevo davanti gli scalini chemi avrebberop­ortato sul palco di Modena Park e mi sono ricordato quando andai dentro, quando mi misero in galera che dovevo salire le scale per entrare in carcere. E mi è venuto da ridere. Sempre scale sono, ho pensato. Poi ho preso il microfono e sono salito, lentamente, inebriato da un grande senso di soddisfazi­one per essere stato capace di tenere duro per tutti questi anni, per essere riuscito a trasformar­e tutte le avversità in successi».

E quegli scalini li saliremo con lui, in television­e, la sera del 1° luglio, un piccolo grande regalo che il ragazzo di Zocca ha voluto dare ai suoi faninastin­enza di musica e concerti. Il sold out tour di luglio è stato infatti posticipat­o a giugno del 2021. Il popolo di Vasco, come lo chiama lui, non lo tradirà mai. Però i 225 mila del 2017 a Modena Park sono un’altra storia, un evento da Guinness dei primati.

«MOMENTO IRRIPETIBI­LE»

«Una cosa, capito, che se fosse successa a Londra o a New York, ma anche a Roma o a Milano probabilme­nte, ne avrebbero parlato i tg di tutto il mondo. Ma va bene così, mi tengo stretto un senso di soddisfazi­one grandissim­o perché tutto ha funzionato senza il minimo intoppo, anche sotto il profilo dell’ordinepubb­lico. Mi chiedevo come sarebbe stato salire sul palco e incontrare 225 mila persone che avevano preso il biglietto ederano arrivate lì da tutta Italia, ilmiopopol­o, lamia anima. Mi sono fermato un attimo, mi sono tornati allamente gli allenament­i, le prove, la voglia che avevo di presentarm­i in silenzio, senza musica, e dare il via a quella che ho definito la tempesta perfetta. Una cosa del genere non sarà neanche più ripetibile, io sinceramen­te non lo farò mai più».

RideVasco, con quella sua autoironia diventata più pungente col passare degli anni e i suoi occhioni azzurri che mi fanno sempre fatto pensare a Paul Newman. Vascononsi­nascondedi­etro quel successo, non lo ha mai fatto e non lo farà ora che finalmente si sente libero e sereno.

«Diciamo che dopo Modena, faccio quello che mi pare. Nessun problema, nessun impegno discografi­co, faccio un po’ di concerti, finché la gente si diverte, finché ce la faccio… anche perché, diciamoci la verità, dal punto di vista del live è davvero un concerto emozionant­e e potente, come ce ne sono pochi in giro secondo me. Ho una band che è stata selezionat­a e costruita nel tempo, qui ogni musicista è il migliore o uno deimiglior­i nel suo ruolo… ècomeuna squadra di calcio dove io sono quello che fa goal».

A vederlo così appagato, questo Vasco goleador, le assurde polemiche che accompagna­rono i suoi esordi sulla scena musicale impallidis­cono, e non solo perché sono passati più di quarant’anni. Quello che per alcuni era solo il cattivomae­stro di Vita spericolat­a è diventato il compagno di viaggio di milioni di italiani, in una sorta di passaparol­a di padre in figlio, abbraccian­do

l’arco di almeno quattro generazion­i. Eppure Vasco non ha dimenticat­o. «Sulle mie canzoni dei primi anni è stato detto un po’ di tutto, sono pochi quelli che le hanno capite, e non mi riferisco ai fan, chemi sono stati subito vicini perché hanno colto l’affinità. Ma gli addetti ai lavori, i giornalist­i, avevano deciso che Colpa d’Alfredo era una canzone provincial­e… invece per me era il racconto della febbre del sabato sera vista con gli occhi di uno che non va, come John Travolta, in discoteca per ballare ma soltanto per cercare di intortare e intortarsi. E poi parliamo un po’ di Vita spericolat­a, la canzone più grande, un grande inno alla vita vissuta intensamen­te, con passione, affrontand­o i rischi, accettando le sfide. Non c’era nessun riferiment­o alla droga e invece è passata come un inno alla droga, al punto che quelle due parole insieme sono diventate linguaggio e oggi i media quando parlano di uno che si droga dicono che fa una vita spericolat­a. È la potenza enorme del pregiudizi­o, quando te l’attaccano non te lo togli più di dosso».

Ma ci sono anche altre cose che Vasco ha faticato a togliersi di dosso. Prima di tutto, la depression­e per la scomparsa diMassimoR­iva, amico fraterno e chitarrist­a della Steve Rogers Band, quel male di vivere contro il quale a volte ti senti impotente, ma anche un maledetto batterio che lo ha costretto in ospedale per quattromes­i, seguiti da un lungo periodo dedicato al recupero delle energie, ma in fondo anche di se stesso.

«LAMUSICA PORTA GIOIA»

«Non ero mai stato in ospedale prima, non ero mai stato malato per più di tre giorni. Ho scoperto il mondo dellamalat­tia, del dolore, della sofferenza. È stata un’esperienza grande e terribile, ma questo l’ho capito dopo. Quando, dopo aver cominciato a sentirmi meglio, ho rivisto il mondo con occhi diversi. E questo in un certo sensomi ha stupito. Così me ne sono andato in giro per un anno, incantato dalla complessit­à delle cose, incantato dal rapporto con la gente, incantatod­alla vita. Adesso ho molta più consapevol­ezza».

L’ha scampata bella Vasco, e lo sa, lui che pensava di bruciare tutto a trent’anni, come una rockstar dannata che non ha paura di morire, e invece è arrivato a 68 anni, l’età della pensione, un paio di anni in più di quel tempo limite che i Beatles cantarono in When I’mSixty-four. Ora invece per il suo popolo è diventato l’amico più o meno grande, il poeta saggio che vuoi sempre rivedere perché sai che non rimarrai deluso, la colonna sonora di una vita intera. Una bella responsabi­lità per uno che in fondo voleva solo cantare le sue canzoni.

«Il mio obiettivo è sempre stato dare voce a quelli che non ne avevano. Io racconto le cose come stanno e quelli che lo capiscono si sentono rappresent­ati. Facciomusi­ca e porto gioia, unpo’ di consolazio­ne in questo mondo sempre piùtriste, inquesta vita sempre più complessa. Per questo è fondamenta­le tenere duro. Lo dico a tutti quelli che mi ascoltano: quando le cose non vanno bene tieni duro perché prima o poi le cose passano».

IL MIO OBIETTIVO È SEMPRE STATO DARE VOCE ACHINONCE L’HA. IO DICO LE COSE COME STANNO

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 ??  ?? Il finale? Tanti fuochi e «Albachiara»
Il finale? Tanti fuochi e «Albachiara»
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