Ma una cura ancora non c’è
IN ASSOCIAZIONE.
Ènotizia recente: il Tocilizumab, un farmaco appartenente alla classe degli anticorpi monoclonali, secondouncomunicatodell’Aifanon sarebbe attivo nel trattamento del Covid. Sono i primi risultati di uno studio clinico controllato e randomizzatocondottosumoltipazienti in Italia. Si devono attendere i risultati nel dettaglio, ma questo
è uno dei prodotti più utilizzati nella pratica clinica in questi mesi.
Questo farmaco (e altri con simile meccanismo d’azione) può contrastare i mediatori chimicidell’infiammazione chedeterminalapolmonitedaSars Cov-2, detti citochine, fra cui in particolare l’interleuchina 6. Ma ha effetti collaterali spesso molto gravi. Questa notizia ne segue altre.
Neanche gli antivirali hanno avuto fortuna.
I farmaci antivirali, impiegati per il trattamento dell’Hiv, ilvirus dell’Aids, nonhanno avutograndefortunanegli
studi clinici controllati. Lopinavir eRitonavir, utilizzati in combinazione, non modificanol’andamentodelCovid. Anche il Remdesivir non ha dato risultati entusiasmanti diminuendo solo di qualche giorno l’ospedalizzazione da Covid. La Fda lo ha autorizzato semplicemente perché non esistono altri antivirali attivi. Idrossiclorochina e clorochina sono due altri farmaci largamente utilizzati, anche seguendo la pratica del
TANTI PRODOTTI, ANCHE
IN QUESTI MESI SONO STATI USATI
RISCHIANDODI FARE PIÙMALE CHE BENE fai-da-te: negli studi clinici controllati hanno dato risultati sostanzialmente negativi con una serie di ritrattazioni di articoli prematuri.
Il Desametazone, un derivato cortisonico, haavutol’ecodellastampa
per la sua capacità di diminuire la mortalità da Covid. Ma si tratta di unostudioosservazionale, senzaun ruolo conclusivo.
Fra i trattamenti di ampioutilizzo rimane l’eparina,
ma per ora senza studi controllati, nella sindrome trombotica indotta dal Coronavirus.
Vedremo il seguito, osservando che oltretutto in molti casi questi
farmaci
sono stati somministrati in associazione senza tener contodelle interazioni che spessone modificano efficacia e tossicità.
L’insieme dei dati confermache la maggior parte dei trattamenti utilizzati, applicando il meglio di quello che si sapeva, non ha prodottobeneficinel trattamento della pandemia. Il rigore scientifico è necessario anche negli statidi emergenza per evitare di fare più male chebene. Inmedicinasi insegna, ma forse non più, che prima di tutto è bene non nuocere. Non sarebbe sorprendente, semai si tireranno le fila di questa straordinaria esperienza, seci siaccorgesseche i trattamenti farmacologici potrebbero aver determinato più danno che vantaggio.