Alex Schwazer Archiviate le accuse, sogna Tokyo
IL TRIBUNALE DI BOLZANO SCAGIONA SCHWAZER DAL DOPING E ACCUSA: MANOMESSE LE PROVETTE. E, MENTRE GLI INTOCCABILI DELLO SPORT TREMANO, IL CAMPIONE DI MARCIA COMMENTA :« HO AVUTO MOMENTI DI SCONFORTO, MA CREDEVO NELLA GIUSTIZIA ».
Giovedì 18 febbraio Alex Schwazer ha festeggiato l’archiviazione del procedimento per frode sportiva tagliando una grossa fetta della torta al cioccolato, con i cerchi olimpici sopra, che la moglie aveva preparato. Nelle stesse ore la Wada, ossia l’agenzia mondiale antidoping, diffondeva un comunicato dai toni inusualmente forti nel quale si diceva «inorridita per le molteplici accuse sconsiderate e infondate fatte dal giudice contro l’organizzazione» e minacciava azioni legali contro lo stesso magistrato, ammesso che ciò sia possibile. A innescare ilputiferio era stato il Gip di BolzanoWalter Pelino. Nelle 87 pagine del suo decreto di archiviazione del procedimento contro Schwazer fa tre considerazioni chiave che sono un feroce atto d’accusa nei confronti delle autorità sportive internazionali: i campioni di urina prelevati all’atleta il primo gennaio 2016 sono stati con ogni probabilità alterati per farli risultare positivi all’antidoping; se non fossero stati alterati alcune anomalie del campione non avrebbero alcuna spiegazione razionale; per evitare l’accertamento di questa frode sono stati commessi altri reati.
TRA PAURE E GIOIE
In questo intrigo internazionale fatto di manomissioni di provette, mail compromettenti hackerate e depistaggi, la vittima, Alex Schwazer si è ritrovato, dopo aver superato tutti ingara, a dover superare anche se stesso e le suepaure,
GIÀ NEL 1997 CERCARONO DI PUNIRMI ALTERANDO LE PROVETTE DI UNA MIA ATLETA. LA SALVAI PER MIRACOLO Sandro Donati
Allenatore di Schwazer IL DNA NELLA
SUA URINA ERA 10 VOLTE SUPERIORE ALLA NORMA. UN ASSURDO SCIENTIFICO Giorgio Portera
Genetista
NONHOMAI HO PENSATO DI ABBANDONARE LO SPORT, CHE FA PARTE DELLA MIA VITA. E NONHO DATORETTAACHI MI CRITICAVA Alex Schwazer
ritrovare la gioia nella famiglia dopo aver perso l’emozione della competizione. In questi anni si è sposato con Kathrin, insieme hanno avuto Ida e la piccola Noah e l’olimpionico descrive così il periodo che si è appena chiuso: «Ci sono stati momenti di sconforto, ma non ho mai sfiorato la depressione e mai ho pensato di abbandonare lo sport, che fa parte della mia vita. Tenevo viva la speranza che sarebbe arrivato il giorno della giustizia. Non ho mai dato retta a chimi criticava. Devo invece ringraziare chimi è stato vicino: lamia famiglia, lamiamanager Giulia Mancini, l’avvocatoBrandstatter, unsecondopadre, e ilmio allenatore, chemi ha creduto sempre». E sulla possibilità di partecipare alle Olimpiadi è molto prudente: «IlConi e la federazione italiana mi stanno dando una mano, ma non decidono loro. Dovremo riuscire ad avere ragione di fronte a un tribunale sportivo. Ma la Wada deve rispettare la sentenza del tribunale italiano, non sono sopra la legge».
È STATO INCASTRATO
Come in ogni giallo, anche in questo c’è unmovente: lo individua con chiarezza ilmagistrato: «Gettare discredito sull’atleta e sul suo allenatore». Due elementi, questo è scritto nelle cronache, e non nelle pagine dell’archiviazione, che non si sono mai piegati ai riti e alle connivenze di certi ambienti. Schwazer ad esempio, venne pescato una prima volta positivo al doping nel 2012, e immediatamente si dichiarò colpevole, puntando però il dito anche contro dei medici della Federazione italiana di atletica che erano al corrente delle pratiche a cui era ricorso. Sandro Donati, diventato il coach di Schwazer dopo la prima squalifica, è uno di quei cani da guardia incapaci di tacere di fronte alle scorrettezze e ai giochi sottobanco. Fu lui, ad esempio, a denunciare la frode nelle e misure del salto in lungo di Giovanni Evangelisti ai Mondiali di Roma nel l 1987. Abituato a combattere contro o doping e manovre torbide, Donati ricorda: «Già nel 1997 per punirmi cercarono di incastrare l’ostacolista Di Terlizzi, una atleta che allenavo, accusandola di doping dopo avermanomesso le provette a Roma. Venni avvertito appena in tempo, e quando ci furono le controanalisi mi presentai in laboratorio con un chimico. Come permagia i valori di caffeina fuori scala che erano stati rilevati rientrarono ampiamente nella norma. Un caso che non si è mai più verificato». Una pausa, poi con voce stanca spiega: «Nelle indagini ci sono dati oggettivi, che fanno tremare l’agenzia antidoping e la Iaaf (oggi WorldAthletics). Si è tardatomesiprima di dare le provette alle autorità italiane. Hanno mentito sulla quantità di urina disponibile. Hanno tentato di rifilare ai periti un flacone non sigillato. I valori delle urine sono sballati e infine agli atti ci sono anche dellemail, recuperate da hacker russi, nelle quali il dirigente antidoping Thomas Capdevielle scrive testualmente “plot against AS”, ovvero “complotto contro AS”, cioè Alex Schwazer. Oggi mi ha telefonato un campione di primo livello e mi ha detto: “Sandro, ho paura: se si manomettono le analisi siamo tutti vulnerabili”. È questo il punto: le cose cambieranno se gli atleti capiscono che l’ingiustizia subita da Alex potrebbe capitare a ognuno di loro».
LA MANOMISSIONE
Giorgio Portera, il genetista che ha aiutato Schwazer a far emergere la verità spiega come ha dimostrato che l’urina era stata manomessa: «La quantità di Dna era dieci volte superiore a quella che c’è normalmente. Un fatto inspiegabile, se non immaginando che sia stato aggiunto artificialmente. La concentrazione di Dna nell’urina è un dato che raramente viene controllato. Probabilmente chi ha fatto la manomissione non ne ha tenuto conto, e del resto i parametri sono tantissimi emantenerli in uno schema coerente, quando si fanno dellemanomissioni, è impossibile. Noi abbiamo misurato la concentrazione nel campione di urina di Schwazer e poi quello di altri 300 campioni, per avere la certezza che la concentrazione di Dna fosse fuori da ogni norma. Questa è la dimostrazione che sarebbe necessario, quando si fanno le analisi antidoping, fare anche l’accertamento genetico».
LO VEDREMO A TOKYO?
Dopo le accuse, i cattivi smascherati e il colpo di scena, a questo giallomanca solo il lieto fine, ossia Alex Schwazer in gara alle prossime Olimpiadi. La strada per arrivarci è strettissima ma Sandro Donati rivela: «Il presidente del Coni Giovanni Malagò, che fino a oggi, pur defilato, ci ha sostenuto, n sta facendo studiare la sentenza ai a legali, per capire come muoversi a livello l internazionale. Ora il comitato t olimpico e la federazione dovranno n tutelare l’atleta, ma i tempi sono strettissimi: s farlo arrivare al nastro di partenza sarà la parte più difficile di una lunga corsa a ostacoli. Poi i 50 chilometri di marcia saranno per Alex una passeggiata».