MARIA VENTURI
LEI SULLA VENTINA, LUI POCHI ANNIDI PIÙ. LE STATISTICHE CI DICONO CHE BEN 8 MATRIMONI SU DIECI, CONTRATTI A QUEST’ ETÀ, FINISCONO IN DIVORZIO. VEDIAMO PERCHÉ
Cara Maria
ho 46 anni e tutti i coetanei che conosco sono al secondo (alcuni persino al terzo) matrimonio. Io stessa, divorziata, sono sposata con un divorziato. Ora mia figlia, 20enne, vuole sposare un 25enne. Economicamente potrebbero, ma come fargli capire che le unioni giovanili sono quasi sempre destinate al fallimento e che i figli ne sarebbero le prime vittime? Credo che solo dopo la trentina si raggiungano valori e punti di riferimento certi. Ed è difficilissimo “crescere” allo stesso modo e con gli stessi tempi. Dora, e-mail
Statistiche e tribunali confermano in effetti che i matrimoni contratti in età giovanissima durano mediamente non più di dieci anni. Molte ragioni le spieghi tu, Dora. È difficile “crescere” in sintonia, mancano ancora l’esperienza e la tolleranza, si ha una viscerale avversione per i compromessi. Ne aggiungo un’altra: la confusione tra ormoni e cuore, ossia l’attrazione sessuale scambiata per amore.
La crisi economica da anni in corso ha un solo lato positivo: impedisce ai giovanissimi di sposarsi. E, se arriva una gravidanza non programmata, sono di solito i nonni a farsene carico perché anche i “matrimoni riparatori” sono diventati economicamente proibitivi. Ma vorrei fare una variazione sul tema. Senza voler generalizzare, ho l’impressione che gli stessi ragazzi siano diventati meno propensi a legami stabili e precoci.
Non è facile capire se questo è un segno di maggior responsabilità oppure di disimpegno. Di certo sono crollati molti tabù. Superati i vent’anni, anche le figlie femmine si emancipano dal controllo dei genitori. Perché sposarsi o convivere se si possono trascorrere insieme le vacanze e uscire quando si vuole?
Per concludere: le unioni giovanili falliscono anche perché viene “bruciata” o perduta una stagione di libertà, spensieratezza e trasgressione che si rimpiangerà per sempre.
Avanti per merito!
Non certo per maschilismo contesto il principio delle quote rosa. È offensivo per le donne stesse: devono far carriera per i loromeriti e non per il rispetto di una “parità numerica”. Corrado, Ravenna
Per principio è così. Di fatto la parità di genere è ben lontana: al di là della politica, sono pochissime le donne che dirigono una banca o un quotidiano, governano una regione, sono ai vertici di un’azienda pubblica o di un tribunale.
Nomi “impossibili”
Mio marito, fiero delle sue origini “terrone”, vorrebbe chiamare la figlia che aspettiamo Addolorata, come la sua amatissima nonna. Come dissuaderlo? Camilla, e-mail
Diversamente dal passato, oggi si attribuiscono ai figli nomi esotici persino “politici”: la nipote di una mia amica ha chiamato la primogenita Anghela ( come si pronuncia il nome della Merkel, ndr). MaAddolorata no! Certi nomi andrebbero proibiti come il vecchio delitto d’onore.
UNA MENTE “SANA” DEVE RICORDARE E CANCELLARE LE SCORIE DEL PASSATO