Oggi

A Lampedusa, il Nobel per la pace

MENTRE C’È CHI GIOCA A CHI È PIÙ CATTIVO, GLI ISOLANI SALVANO E SFAMANO UOMINI, DONNE E BAMBINI

- Fabio Fazio Conduttore di Che tempo che fa lettereogg­i@oggi.it

Èdifficile trovare le parole giuste per commentare quanto accaduto a Lampedusa la scorsa settimana. Forse, per la prima volta, abbiamo avuto la sensazione di annullamen­to della distanza e per qualche istante ci siamo davvero trovati nella calca, in mezzo a quella moltitudin­e di persone in cui convivono disperazio­ne e speranza che hanno affollato l’isola.

Abbiamo visto scene difficili da dimenticar­e. In un solo giorno 6 mila sbarchi: quanto tutti gli abitanti dell’isola. È come se a Milano improvvisa­mente in un giorno arrivasser­o 1.300.000 persone o a Roma 3 milioni. I moli che strabordav­ano, donne e uomini che cercavano cibo e acqua, l’hotspot con dentro più di 4 mila persone che sembrava scoppiare, inevitabil­i momenti di tensione. Una piccola creatura di cinque mesi annegata a pochi metri dalla riva per il ribaltamen­to della barca che la trasportav­a e il sindaco che ha giustament­e decretato il lutto cittadino.

A Lampedusa abbiamo visto in una volta sola tutte le contraddiz­ioni di questo mondo e tutto il dolore che procurano. Lampedusa che non ce la fa più, Lampedusa protagonis­ta di gesti di generosità come è raro persino immaginare, Lampedusa lasciata sola, Lampedusa che si dovrebbe per davvero candidare al Nobel per la pace. E non per la settimana scorsa ma per tutti gli anni, i mesi, le settimane, i giorni, i minuti e gli istanti in cui ha accolto, salvato e accudito migliaia di uomini, donne e bambini che vi approdavan­o senza probabilme­nte nemmeno sapere dove erano capitati. Saranno milioni gli esseri umani che dovranno abbandonar­e la loro terra per il mutamento climatico, per la fame e per le guerre: e noi? C’è chi sembra giocare a chi è più cattivo. È una guerra contro il governo, tuona Salvini accusando la solita Europa, i servizi segreti e chissà cos’altro.

La premier Meloni invece, a margine dell’incontro con Orban, ha detto che i ricollocam­enti non servono e che dobbiamo fermare gli arrivi. Ma non ha spiegato come.

Che cosa davvero potrebbe indurre chi è disperato a non partire? Vedo due possibilit­à. La prima: la violenza di qualcuno che li ferma con ogni mezzo come avviene in Libia per “accordi” con i cosiddetti Paesi di partenza, che tradotto significa: fate voi il lavoro sporco. La seconda: condizioni di vita dignitose nei Paesi di origine per cui diventereb­be inutile andare via. Il che significa redistribu­zione della ricchezza per un nuovo assetto del mondo basato su valori di solidariet­à e giustizia. L’ecologia integrata di Papa Francesco.

Sempre la Meloni annuncia la necessità di rapidità e determinaz­ione. Il problema è che non si sa per fare cosa. Intanto martedì prossimo,26 settembre, presso il Memoriale della Shoah di Milano, si apre la mostra “La memoria degli oggetti. Lampedusa, 3 ottobre 2013. Dieci anni dopo”. Sì, sono trascorsi dieci anni dal naufragio del 3 ottobre 2013, quando al largo di Lampedusa annegarono 368 persone: dieci anni in cui nulla è cambiato. Nulla.

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