SE LA VIOLENZA TI DORME ACCANTO
«Il dramma di tante donne, io l’ho vissuto». Con la sua confessione a Montecitorio Daniela Morfino, deputata 5 Stelle, ha commosso tutti. «Ho pianto, non me l’aspettavo». E alle donne dice: «Se il nemico è in casa, denunciate. E fuggite»
oma, Montecitorio. Fa caldo, non troppo. L’onorevole 5 Stelle Daniela Morfino, 49 anni, arriva vestita di bianco, in tailleur pantaloni elegante, plissettato sui fianchi. Un look assai diverso da quello scelto alla Camera per il suo discorso più importante: giacca rosa shocking e una maglietta sportiva. Le sue parole, ormai video virale, l’hanno fatta conoscere a tutti. Anche perché, parlando di violenza domestica e sessuale, si è commossa. «Questo problema drammatico di cui parlo, io l’ho vissuto», ha confessato trattenendo il respiro. «Conosco bene la situazione di queste donne vittime di violenza». A chi le chiedeva di più, ha detto “no, grazie”. Il trauma fa ancora male. Per Oggi accetta questa lunga intervista.
RDopo il discorso a Montecitorio si aspettava tanta popolarità?
«No, non ero preparata. Confesso che faccio un po’ fatica a gestire questa cosa. Ma mi dà grande soddisfazione aver fatto breccia nel cuore di tantissime donne che, come me, hanno vissuto o vivono in un contesto di violenza. Sono molte di più di quanto dicano le statistiche. E spesso vivono il loro dramma nella solitudine.
«A me è capitato», ha detto con la voce rotta. Applausi.
«Lì per lì non ti rendi conto. Era la prima volta che decidevo di portare in Aula, in pubblico, la mia storia. Pensavo di riuscire a concludere senza emozionarmi. Ma non siamo macchine. E quanto ho vissuto è riemerso con prepotenza. Così ho pianto, semplicemente. Ma le confesso che non rinnego quelle lacrime perché danno più forza al messaggio che volevo mandare a tutte le
donne vittime di violenza: denunciate, denunciate, denunciate. E alle istituzioni e alla politica dico: uniamoci per offrire sempre più tutele a chi vuole riavere dignità».
Non riusciva più a parlare…
«Avevo un nodo in gola, che non andava via. Anche solo le parole usate per rievocare una violenza possono scavare nel profondo, toccare le corde del nostro animo. Evocano ricordi, situazioni, luoghi, suoni. Nei casi più brutti rimandano urla, rancori, angoscia, paura, buio. Sono capaci di toglierti il fiato proprio quando è più necessario urlare. Chi leggerà questa intervista e ha subìto violenza sa di cosa parlo e come ci si può sentire in certi momenti».
Da vittima a eroina?
«Piuttosto, una testimone. E resterò per sempre una vittima. Come ogni donna che ha subito violenza. È un destino che non scegli. E che continui a condividere, anche quando ne sei uscita, con tutte quelle mogli, fidanzate, madri, figlie e sorelle che ancora vivono in quella condizione. La violenza di genere non si combatte con l’eroismo, ma con l’educazione e la civiltà. Insegnando ai nostri ragazzi la cultura del rispetto e dell’empatia».
A proposito, a 18 anni lei era già un’insegnante, vero?
«Sì, dopo il diploma all’istituto magistrale ho fatto il concorso. E ho cominciato subito, in una scuola del mio paese, Marineo, sopra Palermo».
Perché ha deciso di buttarsi in politica?
«Grazie al Movimento 5 Stelle, di cui sono attivista dal 2009. Prima facevo parte quegli italiani sfiduciati. Ma nel Movimento ho trovato una comunità capace di restituire entusiasmo. Le battaglie di allora si sono evolute, ma lo spirito resta. E oggi con orgoglio faccio parte della Commissione parlamentare di inchiesta sui femminicidi».
La violenza sessuale in famiglia è un tema da maneggiare con cura anche dai media, con parole e toni giusti. G.I.U.L.I.A è un gruppo di giornaliste italiane che si batte per tenere viva questa cura, criticando anche titoli a effetto e narrazioni distorte. Che ne pensa?
«D’accordissimo. Le parole sono pietre. Una delle cose che più mi fa soffrire è sentire commenti che rievocano il classico “se l’è cercata”. Se poi a farlo sono dei giornalisti, è molto più grave».
Che cos’è il Codice Rosso votato in aula?
«Un pacchetto di misure con il quale nel 2019, durante il governo Conte, siamo intervenuti su prevenzione e repressione. Abbiamo innovato gli strumenti per proteggere le donne, creando tre nuovi reati che colpiscono condotte gravissime prima sottovalutate, inasprendo le pene, creando una procedura d’urgenza per l’intervento dei magistrati. Oggi bisogna rinnovarlo. Avremmo potuto cogliere l’occasione per approvare misure ancora più efficaci, i 5 Stelle hanno una serie di proposte, lo stesso avrebbero potuto fare le altre forze politiche. Invece la maggioranza è andata avanti in modo miope per approvare una piccola norma. Abbiamo votato a favore ma speriamo si possa fare meglio a breve».
Se la sente di dirci qualcosa di più sul suo dramma personale? Il suo “A me è capitato” che ci ha emozionato e coinvolto era riferito a un partner manesco o a un’aggressione sessuale di tipo violento?
«In Aula ho detto: “Spesso il mostro non dorme sotto il letto ma dorme a fianco a te”. Non mi sento di aggiungere altro».
Lei ha una figlia. La mette in guardia?
«Amo mia figlia più della mia stessa vita. A lei come alle altre dico di liberarsi dagli stereotipi, non farsi mai dire da un uomo cosa possono o non possono fare. Non esiste alcun limite per una donna. Non c’è alcuna ragione per accettare che un uomo vada più avanti nella vita o nel lavoro a parità di competenze. Non c’è spazio per tollerare nessuna violenza, mai. Al minimo accenno bisogna allontanarsi e nei casi più gravi denunciare subito».
Per leggere questa intervista ci vogliono circa 7 minuti. Chi arriverà in fondo? Uomini o donne?
«Mi auguro la leggano uomini e donne, allo stesso modo».