PRENDETECI A BORDO
A Odessa sono tanti i giovani che studiano all’Accademia marittima per lavorare sulle navi. Ma ora il loro sogno sembra impossibile
«Mio padre era un marinaio, mio nonno era comandante di veliero e mio fratello è in Marina. Il mare è di famiglia. E anche io lo sogno da quando sono piccola». Valeria ha 14 anni. Indossa la divisa. Da qualche giorno sono riprese le lezioni in presenza all’Accademia marittima di Odessa. Un gruppo di giovani si sta esercitando per il dietrofront e il saluto al comandante. Sono allievi, non sono cadetti. Non si stanno preparando per andare a combattere nel Mar Nero ma per andare a lavorare sulle navi commerciali. «L’Ucraina è sempre stata all’avanguardia nel settore marittimo. Prima della guerra era difficile non trovare in mare un marinaio, un comandante o un tecnico ucraino. Ma ora che i nostri giovani sono al fronte e che il porto è chiuso rischiamo di perdere molti posti di lavoro», spiega Vladimir, capo istruttore dell’Accademia. Il trasporto marittimo è stato messo a dura prova dall’invasione russa. Il blocco dei porti di Odessa e Mariupol sul Mar Nero, resi ormai praticamente inutilizzabili dai bombardamenti e dalle mine, sta avendo pesanti ripercussioni sul traffico delle merci. Ovviamente a creare problemi è pure la decisione del Cremlino di non rientrare nell’accordo del grano che l’estate scorsa aveva garantito una ripresa del commercio almeno dei prodotti agricoli. Anche il traffico marittimo con l’Italia è per lo più fermo. L’autorità portuale di Ravenna ha dichiarato che nel 2021 delle 3 mila navi attraccate, 500 provenivano dal Mar Nero, di cui 160 dalla Russia e 200 dall’Ucraina.
Oltre al grano, uno dei settori più gravemente colpiti dal
Prima della guerra era difficile non trovare in mare un marinaio, un tecnico o un comandante ucraino. Ma ora che i nostri giovani sono al fronte e che il porto è chiuso rischiamo di perdere molti posti di lavoro — Vladimir, capo istruttore all’Accademia
blocco di Mariupol è quello del trasporto siderurgico, a causa dell’interruzione dell’approvvigionamento di materiali dalle acciaierie ucraine, che nel 2021 hanno fornito all’Italia 5,2 milioni di tonnellate di semilavorati. Di recente, però, tre navi cariche di acciaio hanno forzato il blocco del Mar Nero e sono partite. Sono la Primus ,l’ Anna Tereza e Ocean Courtesy, rimaste ferme anche loro il 24 febbraio 2022. A bordo, oltre 76 mila tonnellate di laminati metallici prodotti dagli stabilimenti Azovstal, Zaporizhstal, Kametstal e ArcelorMittal, nonché 172 migliaia di tonnellate di concentrato di minerale di ferro prodotto negli impianti di Metinvest, riconducibili all’oligarca più ricco dell’Ucraina, Rinat Akhmetov. Uno schiaffo che Putin non ha gradito e che ha fatto aumentare i raid russi sui porti del Mar Nero e del Danubio.
In classe gli alunni stanno studiando diverse materie. Sono 80 in totale, provengono per lo più da Odessa e dalla sua regione. In un’aula di legno, costruita come tutto il resto dell’Accademia a fine Ottocento, Bogdan si esercita su un simulatore radar. «È la prima volta che lo provo». Al suo fianco, Sergey Dontsov, insegnante della scuola da 20 anni, oltre che ex capitano di marina lo guida e gli spiega i rudimenti della cartografia. «Devono capire che prima bisogna imparare a tracciare una rotta su carta, poi si possono usare i supporti elettronici». Tira fuori un compasso: «Lo vedi? Me lo regalò mio nonno, quando andai in mare per la prima volta. All’epoca era la marina sovietica. Ma ora le cose sono così cambiate. Mi manca stare via in navigazione per mesi e mesi». In un’altra classe, Irina Kulikova sta insegnando l’inglese. «Sai come si dice motore interno? In ucraino è una parola difficilissima. Io devo far sì che imparino l’equivalente inglese in modo che siano in grado di lavorare su qualsiasi nave». La professoressa è di Odessa, la sua famiglia vive nel porto da generazioni. «Potrei andarmene in Europa ma resto, non li abbandono questi ragazzi. Dobbiamo cercare di dare loro un futuro che non sia la guerra».
Molti degli studenti di Sergey e Irina, una volta diplomati, se non trovano lavoro decidono di passare all’Accademia navale militare. Sulla scalinata della scuola incontriamo il vicedirettore Kiril Givtiqk, appoggiato a un enorme timone. «Già il Covid ha mandato in crisi il settore commerciale, penso che alcuni ragazzi si arruoleranno in Marina ma sanno che questo ora significa andare a rischiare la vita nel Mar Nero. Inoltre qui non possiamo tenere le esercitazioni. Stiamo stringendo accordi anche con Paesi terzi, tra cui l’Italia per poter mandare all’estero i nostri alunni».
L’accademia è intitolata a Aleksandr Ivanovi Marinesko Marinesko, sommergibilista che a fine del 1944 affondò una nave tedesca carica di comandanti del terzo Reich. Nel museo della scuola sono conservati tutti i cimeli che lo riguardano. Nelle teche di legno non c’è polvere, le inservienti puliscono ogni giorno. Sugli antichi registri attaccati con la colla sono conservate tutte le immagini degli alunni mentre sui ripiani svettano le coppe e i premi vinti da loro nelle competizioni sportive. «Siamo orgogliosi dei nostri ragazzi. La vita in mare è dura ma noi cerchiamo di prepararli al meglio», continua Sergey. Notiamo una crepa sui vetri delle finestre. «Qualche settimana fa i russi hanno bombardato vicino al porto. E il colpo si è sentito anche qui».
Suona la campanella, le lezioni del mattino sono finite. Natalia e le sue compagne si tolgono il berretto della divisa e si scattano un selfie. Lo stanno mandando a suo fratello su TikTok. È al fronte, a sud di Zaporizhzhia.
Senza lavoro, alcuni si arruoleranno nella Marina militare anche se significa andare a rischiare la vita — Kiril Givtiqk, vicedirettore della scuola