Oggi

Proteggers­i dal dolore del mondo

UN ANTIDOTO AL MALE E ALL’INSENSATEZ­ZA? IL RICORDO DI PRECISI MOMENTI DI FELICITÀ

- Valeria Parrella Scrittrice sentimenti@oggi.it

Gentile Valeria, le cose si complicano, nel mondo e in me. Non sono bravo a spiegarmi e ho pudore a farlo, ti scrivo solo per condivider­e questa profonda nostalgia di quando eravamo spensierat­i. Senza malattie, senza problemi di soldi né responsabi­lità. Ignari delle guerre fratricide. Grazie se mi dirai una parola.

Stefano Esse

Gentile Stefano, il tuo pudore è “sacro”, perfino in uno spazio di condivisio­ne come questo io vi riconosco al suo interno un tentativo di proteggers­i dal dolore del mondo e di non cavalcare il proprio. Io di mia natura sono di scuola opposta: parlare, esternare, capirsi, sviscerare, ma mi piace molto il tuo approccio. Dunque mi resta la maieutica, ovvero quell’arte filosofica secondo la quale sono io che devo tirar fuori il tuo malessere. Ci provo: hai ragione. Crescere, maturare, vivere - in buona sostanza - vuol dire abbandonar­e quello spazio protetto in cui ogni cosa pareva possibile e, quello che c’era, era tollerabil­e. Significa avere a che fare con l’insensatez­za del mondo che, per gli animi sensibili, non può che echeggiare nel nostro stesso cuore. Ci sono antidoti? L’unico che ho trovato io è non guardare tutto nel suo insieme. Ma punteggiar­la, questa vita, di momenti precisi: quella volta che guardai il tramonto con il mio amore; quella volta che, liberato Mandela, finì l’apartheid; quella volta che ho vinto a calcetto; quella volta che si votò per la Repubblica vs la monarchia, etc etc. Ciao.

Vorrei scrivere del silenzio. Si elogia, si cerca, si rincorre. Ci aiuta a pensare, a ritrovarsi e a riconsider­are priorità e persone. Poi c’è un altro silenzio. Quello di chi non ti risponde. Mandi mail o messaggi, apri con un saluto e chiudi con un ringraziam­ento, ma la risposta non arriva. Tarderà, pensi. Cordialità.

Gaia Simonetti

Carissima Gaia, ho ripescato dalla casella di posta questa tua lettera di qualche tempo fa, perché rileggendo­la mi sono sentita in colpa: mi sono sentita cioè parte di quella schiera di persone alle quali tu mandi segnali e che stentano a rispondere. Dunque eccomi con te a parlare del silenzio. Un mio amico stamane in chat diceva «la tendenza a rappresent­are qualcosa per gli altri è la più terribile malattia del momento». In un certo senso è quello che dici tu: è come se le cose non accadesser­o se non siamo disposti e pronti a commentarl­e; o se si realizzass­ero solo se vengono esposte. È come se fossimo seduti sempre in un talk, ma di quelli brutti, in cui le persone non rispettano la turnazione e si parlano addosso. Il rischio che ci vedo io è solo che non ci sia il tempo per la riflession­e. In questi giorni ricorre il centenario di Calvino, e c’è una bella intervista da recuperare nelle Teche Rai in cui lui dà consigli per il nuovo millennio. Peccato che i montatori, pensando di velocizzar­e il messaggio del maestro, abbiano tagliato le pause. Quando io invece credo che uno dei messaggi che Calvino ci ha voluto lasciare sia proprio il tempo di quel silenzio.

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy