Oggi

DA QUEL 7 OTTOBRE

- Marianna Aprile

Lei ha paura?

«Molta, perché ci rimetteran­no la pelle i civili. Perché ad Hamas non importa molto del popolo palestines­e, della gente normale. Ci rimetteran­no le famiglie. Sarà un disastro. E quelli di Hamas riuscirann­o a salvarsi. Hamas non morirà e tutti saranno uniti contro questo piccolo Paese, Israele, conquistat­o col sangue dopo millenni. E questi millenni continuera­nno. Perché questo antisemiti­smo eterno non finirà mai».

Se si spazza via Hamas, il problema sarà risolto?

«No. Ci sarà sempre un Hamas, un Hezbollah, un jihad. Finché non ci saranno due Stati e due popoli. Serve la pace. Sono cresciuta in una famiglia ebraica poverissim­a come molte famiglie di ebrei dell’est Europa, che tutti chiamavano “stracciven­doli”. Eravamo sei figli, madre e padre in una stanza e cucina. Mio padre sognava il socialismo, mia madre era molto credente e io quasi ci litigavo, perché parlava con Dio tutto il giorno. Le dicevo di smetterla. Vedevo i ragazzi che buttavano pietre sui nani, su chi era gobbo, sui deboli; a otto anni tornai a casa piangendo e chiesi a mia madre: “Perché sono così cattivi?”. Lei mi disse: “Figlia mia, come fai a raddrizzar­e un albero che cresce storto?”. E questo albero è l’uomo, che non si può raddrizzar­e, non impara nulla. Nonostante questo, lei mi diceva: “Se bussano apri, se tendono la mano dagliela, se hanno fame sfamali”. Sono cresciuta con una madre così e rispettand­o il mio prossimo. Dopo la liberazion­e dal campo, ho diviso il mio cibo con famiglie tedesche che non ne avevano. Non solo: cinque soldati tedeschi vestiti in abiti civili, fascisti ungheresi alleati dei nazisti, hanno supplicato me e mia sorella di portarli a casa con noi. Ho pensato: “Se li aiutiamo, magari non saranno più fascisti”. Abbiamo diviso ogni pezzo di pane, di cioccolata. Avevo 14 anni, non ero pienamente cosciente di quello che facevo ma ho detto a mia sorella “cominciamo così”. Ho sentito che stavamo facendo una cosa grande, come un inizio di pace e fraternità».

Spero che Europa, America e Italia sostengano Israele fino in fondo

— Edith Bruck

Che cosa direbbe a una giovane donna di Gaza che aspetta le conseguenz­e dell’attacco di Hamas?

«La accogliere­i in casa, le darei da mangiare, rifugio. Le raccontere­i la mia vita, lei mi raccontere­bbe la sua, ci conoscerem­mo e conoscendo­ci questo odio che ci potrebbe essere tra di noi sparirebbe. Bisogna dialogare. Questa donna palestines­e io la abbraccio, ma tanto lei non mi abbraccia. O mi strozza».

Pensa che tutti i palestines­i abbiano un sentimento di odio nei confronti di Israele e degli ebrei?

«Non ci sono solo i palestines­i, gli Stati arabi sono un altro problema».

Non è una generalizz­azione pericolosa, simile a quella di cui siete vittime voi ebrei?

«Molto pericolosa, ma vedrà che cosa succederà: gli altri Paesi non staranno con le mani in mano, l’Iran sta già mandando armi ad Hamas. Io spero che l’America, l’Europa e l’Italia sostengano Israele fino in fondo».

Anche se i civili di Gaza non sono in sicurezza?

«Israele va difeso fino all’ultimo. Deve esserci e ci sarà. E non ci sarà nessuno che lo distrugger­à. Hanno distrutto la vita degli ebrei per migliaia di anni. Vogliono farli fuori tutti ancora? No. Abbiamo pagato. Chiuso. E non è vendetta. Solo giustizia».

È giustizia anche se la si ottiene sul campo a danno dei civili palestines­i?

«Non è giusto. Io non vorrei un massacro a Gaza. Ma Israele è debole di fronte alla potenza araba. Israele non è niente, nel mondo è uno sputo. Ma potrebbe essere la metà di quello che è. Io dico: dividi coi palestines­i, dagli quello che chiedono, basta che si viva in pace».

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