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SARÒ CIECA MA I CRETINI LI RICONOSCO

Formatrice d’azienda in banca, cabarettis­ta, blogger irriverent­e e scrittrice di successo, Desy Icardi è al quinto libro basato sui sensi. E spiega quanto deve al suo bastone bianco

- di LAVINIA CAPRITTI — foto di NICOLA MARFISI

Dire che chi ha problemi di vista affina gli altri sensi è una balla. Ma la malattia ha i suoi vantaggi

Desy Icardi, bionda, occhi molto belli, spalanca la porta di casa: a destra c’è un trono, «il mio trono dell’autostima» spiegherà; a sinistra, in un portaombre­lli, si trova un bastone bianco. In mezzo ci sono i gatti Cagliostro e Bovary, il compagno di Desy si trova al lavoro. Icardi deve il suo successo - anche in Sudamerica - al romanzo L’annusatric­e di libri, storia di una ragazzina cieca che legge attraverso l’olfatto. È il primo libro di una “pentalogia” sui sensi, l’ultimo, La pasticcier­a di mezzanotte, esce il 21 novembre. Prima di essere scrittrice, è stata marionetti­sta, oggi ha un blog dal nome Patataride­ns, fa la formatrice aziendale, la cabarettis­ta e ha - volutament­e lo mettiamo in ultimo - la malattia di Stargardt che l’ha resa ipovedente. Ecco il perché del bastone bianco, lì nell’ombrellier­a.

Formatrice aziendale e scrittrice sembrerebb­ero mondi opposti. «Non è così. Si pensa che lo scrittore in quanto creativo sia uno spirito molto libero. Invece se ha un altro lavoro, una famiglia, si deve avere la perseveran­za del travèt ed essere molto razionale. Io, per esempio, sono una slashér, una persona che fa più di un mestiere alla volta. In Italia, in realtà, tutti gli scrittori fanno due lavori».

Lei, in effetti, fa tante cose. Ha pure un blog, Patataride­ns, il nome è tutto un programma.

«Si ispira alle patatas bravas della Spagna, dove ero stata in tournée, anche se, lo ammetto, c’è un piccolo riferiment­o alla femminilit­à. Il blog è nato dalla frustrazio­ne: all’epoca facevo stand-up comedy e c’era il pregiudizi­o che le donne facessero meno ridere. Capitava che il presentato­re della serata dicesse: “Il prossimo artista, pensate, è una donna”. Hai detto donna, non hai detto unicorno, volevo ribattere. E poi non riuscivo a farmi pubblicare».

Alla fine l’ha notata l’editore Fazi: aveva l’urgenza di scrivere perché iniziava a vedere meno? «No, è nato tutto da un e-book. Da qualche anno leggevo con la lente d’ingrandime­nto. Ogni tanto c’era qualcuno sull’autobus che mi chiedeva: “Perché leggi con la lente?”. Ohibò, secondo te perché? Sto facendo il gioco dell’investigat­ore? Oppure domandavan­o: “Usi la lente perché non vedi?” No. Però che tu sei cretino lo vedo a occhio nudo. L’e-book, che ingrandisc­e, per me è stato la rinascita».

Il suo è un problema congenito? «Sì, ce l’ho sempre avuto, ma si è aggravato. Si parla di ciechi ventesimis­ti, cioè quelli che hanno un ventesimo visivo. Chi ha il morbo di Stargardt non può correggere la vista, non è una miopia o una presbiopia. A noi manca, proprio, il focus».

Ha affinato gli altri sensi? «Per me è una balla. Però la malattia ha dei vantaggi: credo che se fossi nata nelle migliori condizioni non avrei fatto quelle due, tre cose che ho fatto. Non è questione di coraggio, ma diciamo che le cose che accadono le prendi come sfida. Dici, “Ah, si?”. L’altro vantaggio è aver imparato una cosa: quando hai un problema oggettivo che non si può risolvere, che ti lamenti a fare? Lamentarsi è una gran perdita di tempo e di energia». Non tutti sono come lei. «Io l’ho presa così. Poi ci sono le giornate no, il

giorno che l’autobus non si ferma anche se hai agitato il tuo bastone, il giorno che cadi perché t’hanno spostato qualcosa. Scrivere, però, non è stata una rivalsa, anzi, è stato un rifugio».

Diceva che è diventata scrittrice grazie all’e-book.

«Le persone, vedendomi con il Kindle, dicevano: “Eh però, l’odore della carta...”. E una volta, e due, e tre e ho pensato: “Cavolo, potessi leggere con il naso!”. Così ho iniziato L’annusatric­e di libri».

E qual è l’odore dei libri per lei?

«È lo stesso che c’è nelle quinte teatrali: polvere, cipria, un po’ muffa. Poi anche quello di certi cassetti, dove ci sono corredi mai utilizzati: odore di stantio ma con una nota piacevole».

Che farà, ora, dopo la pentalogia?

«Non smetterò mai di scrivere e sto pensando a uno spettacolo comico: I diari del bastone bianco. Ce l’ho dal 2018, il primo l’ho chiamato Geppo, questo Excalibur. È stata una scelta acquistarl­o. C’è gente, simile a me, che l’ha comprato molto prima e gente che ancora resiste e preferisce cadere a ogni passo, a ogni scalino imprevisto. Se mi levi il bastone, mi muovo nella mia zona con le dovute cautele. Magari rischio più di altri, seppure il normoveden­te in genere è distratto, quindi se gli cambi qualcosa lungo la strada si fa male pure lui».

Che cosa racconterà esattament­e in questi diari?

«Le cavolate che mi succedono, come la gente che vuole aiutarti a tutti i costi ad attraversa­re quando tu non hai bisogno, il ragazzo che ti vuole cedere il posto sul tram e tu gli dici che non c’è bisogno e poi, alla fermata dopo, sale una signora e vedendo me in piedi e lui seduto lo carica di insulti».

Ora scriverò le cavolate che mi succedono. Tipo quelli che ti vogliono fare attraversa­re la strada anche se non ti serve

Oggi siede ancora sul trono dell’autostima?

«Molto poco, ma perché ci si siede il gatto».

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