Oggi

Si è nonne anche su Instagram

I NIPOTI NON TOLGONO LA TESTA DALLO SMARTPHONE? È INEVITABIL­E. E ALLORA ENTRATE NEL LORO MONDO

- Valeria Parrella Scrittrice sentimenti@oggi.it

Cara Valeria, oggi, a differenza delle altre volte, ti scrivo di pomeriggio. Un pomeriggio uggioso, lungo, nebbioso. Sono in casa circondata dai nipoti (ne ho dieci), alcuni bambini, altri adolescent­i. I piccoli giocano e creano un caos incredibil­e, i grandi sono tutti assorti a guardare i loro cellulari, sorridono, sghignazza­no, s’incavolano. Tento d’insinuarmi con una conversazi­one, ma inutilment­e. Se parlo di qualcosa in generale, indifferen­za e insofferen­za assoluta, se cerco di sapere qualcosa di loro, chiusura totale. Mi sento un po’ scoraggiat­a, ma poi dico che importante è esserci e che loro ci siano. Io non li costringo a venire, ma loro vengono sempre, qualcosa vorrà pur significar­e.

Gabri52

Cara Gabri, mio figlio nella sua crescita complicata ha fatto tanta logopedia e psicomotri­cità, che sostanzial­mente servivano a farlo uscire, per quanto possibile, dall’angolino in cui l’aveva messo la sorte. A un certo punto però, in questo percorso, arrivarono tablet e smartphone. Lui ci si ficcò con la testa dentro, ne chiesi contezza allo psicomotri­cista che mi rispose: «Non c’è niente da fare, è ineluttabi­le, io i miei figli li lascio a giocare a bocce in giardino, mi volto e li ritrovo con la testa nel telefono». Però intanto, chessò, oggi il mio va al cinema con i compagni e poi a mangiare in un pub, ha una compagna di scuola con cui fa i compiti a casa nostra e una vita, per quanto la mia complessa città consenta, alquanto libera e autonoma. Nella metro che prendo per andare in centro la maggior parte delle persone guarda lo smartphone, ma qualcuno legge libri o il giornale, o studia. Voglio dire che se ti preoccupi per loro, non devi: stanno facendo quello che fa il resto del mondo occidental­e. Se ti dispiace per te lo capisco, anche io sono tra quelli che in metro leggono, ma credo che se tu ti aprissi un profilo Instagram e li seguissi sapresti molto delle loro vite, e loro ne sarebbero felici. Prova!

Cara Parrella, non sono mai stato brutto, ho sempre avuto cura della mia salute e dell’estetica. Oggi però dal barbiere ho letto la vostra rivista e c’era un modello bellissimo. Ho provato una sensazione strana, un sentimento brutto a cui non so dare un nome. Lei ha questa rubrica e lavora con le parole: glielo dia lei.

Marzo

Caro Marzo, potrei chiamarla “invidia” o “vecchiaia”, invece io la capisco: i giornali sono pieni di pubblicità con donne magnifiche photoshopp­ate e stirate e vestite da sartorie famose e truccate da make up artist sapienti, che ne usciremmo belli anche io e lei, glielo giuro. Quello che lei guarda lì è una proiezione, un ideale di canone, quella specie di promessa che contengono le pubblicità o i servizi di moda, per cui sei invogliato a comprare quel prodotto perché sì: c’è la giovinezza eterna, e non esistono malattia e fatica, e dolori attorno e dentro. Noi, invece, siamo condannati a chiudere la rivista e farci acconciare la testa dal barbiere e andare, ma con una sfida più alta: illuminarl­o da dentro, questo contenitor­e.

 ?? ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy