IL FALÒ DELLA DIVINITÀ
Per anni tutto quello che tocca diventa oro. Adesso che ogni cosa traballa, il giornalista che per primo ha indagato il fenomeno della ascesa social di Chiara Ferragni le ricorda un antico aneddoto latino
ARoma, nei primi anni della Repubblica, quando un generale vittorioso sfilava in trionfo per le vie della città, uno schiavo alle sue spalle gli sussurrava: “Ricordati che sei un uomo”. Prendiamo Chiara Ferragni. Da più di un decennio aveva ai suoi piedi la stampa, i follower, le aziende: tutto quello che toccava diventava oro, la galleria degli Uffizi di Firenze l’aveva incoronata come “una divinità contemporanea”. Adesso ogni cosa traballa e ci si chiede se il suo impero scintillante sopravviverà allo scandalo del pandoro e delle uova di Pasqua. Per lei non deve essere facile questo momento: si sta scomodi nelle stalle quando si è abituati alle stelle. E sotto una buona stella, in effetti, Chiara Ferragni aveva sempre vissuto: 36 anni fa a Cremona era nata con la camicia (griffata). La sua è una famiglia benestante, il padre è dentista, la mamma lavora nella moda. I social ancora non esistono, ma come succederà anche all’ultima generazione di Ferragni, a Leone e Vittoria, anche Chiara e le sue sorelle, fin da bambine, vengono fotografate di continuo dalla loro mamma.
Appena diventa ragazzina, anche per Chiara la fotografia si trasforma in una ossessione: «Stavamo andando a sciare in vacanza», racconterà suo padre, «e si sarà sparata 500 foto in meno di due ore». È una fissazione che esplode in anni di grandi cambiamenti: mentre noi mortali ci iscriviamo ai social, Chiara è già avanti di un milione di foto: le pubblica online prima in un forum per adolescenti, poi in un sito di outfit, poi nel suo blog, The Blonde Salad, aperto insieme al fidanzato di allora. Fin dai primi
Su Instagram la gente capisce all’istante che devo essere una persona veramente famosa — Chiara Ferragni
scatti, Chiara divide i suoi fan che si chiedono come possa permettersi centinaia di capi firmati, decine di borse griffate («Devo ringraziare la mia famiglia», spiega lei nei suoi post). Dice di essere una fashion blogger, e quando nel gennaio 2010 a Milano arriva la settimana della moda, l’edizione locale del Corriere della Sera le dedica un’intera pagina. Così, in pochi giorni, “Chiara” diventa “Chiara Ferragni”: ospitate in tv, servizi al tg, una sponsorizzazione per la Fiat, poi altre, a decine, centinaia. Quando poco dopo arriva Instagram, è già famosa: in poco tempo raggiunge un milione di follower, i settimanali di moda la mettono in copertina e i follower diventano due. Perfino una delle più importanti università del mondo, Harvard, le dedica uno studio per il corso di Marketing del lusso. Lei spiega così il suo successo: «Persone che non avevano mai sentito parlare di me ora possono digitare il mio nome su Instagram e vedere che ho 3 milioni di follower: così capiscono all’istante che devo essere una persona veramente famosa. Le aziende capiscono il valore di tutto ciò». Di lì a poco conosce Fedez e, nonostante qualche inciampo, insieme diventano ancora più ricchi, ancora più famosi. Ma a lei tutto questo non basta, vuole anche altro, vuole diventare un modello globale, un esempio di imprenditrice “femminista” che ce l’ha fatta contro tutto e contro tutti.
DIVISIVA SUSCITA INVIDIE
Commissiona un documentario, Chiara Ferragni Unposted, un lunghissimo spot patinato che segna questa svolta. Alcuni ci credono: per loro Chiara è una ragazza di talento che si è inventata un mestiere nuovo, i suoi guadagni milionari sono la giusta ricompensa, le sue numerose prese di posizione pubbliche dimostrano il suo coraggio. Per gli altri, è esattamente il contrario. Credono che sotto quella patina rosa e scintillante si nasconda un pesante strato di cinismo: pur di fare soldi, dicono, Chiara cavalca i temi del momento, fa beneficienza solo a favore di fotocamera, arriva ad esporre in modo ossessivo i figli per avere una pioggia di like. In questa diatriba, sono sempre i fan a prevalere, mentre i critici non vengono mai presi sul serio, schiacciati sotto il peso di milioni di like, che sembrano confermare: ha ragione lei, voi siete solo invidiosi. Questo vale fino a metà dicembre, quando esplode il Pandoro-gate. Un caso gravissimo, la solidarietà usata per fatturare milioni di euro: anche i fan si ammutoliscono.
Ora tutti si interrogano sul futuro. Come potrà l’influencer più famosa d’Italia tornare a vantarsi ancora della sua casa da 5 milioni di euro, delle sue vacanze nei resort esclusivi; a riprendere come se niente fosse il Truman Show di Leo e Vitto; a fare ancora una “storia” sulla parità di genere in mezzo a centinaia di pubblicità? Chi le crederà quando annuncerà la prossima iniziativa benefica? Che poi, a ben guardare, la storia è sempre la stessa da millenni: quando ci si abitua al trionfo, bisognerebbe sempre guardarsi dal delirio di onnipotenza. Ci vorrebbe sempre qualcuno che ci sussurra alle spalle: ricordati che sei un essere umano e non una divinità.