Lino Guanciale rivoluzionario in Cile
È il protagonista di Ho paura torero, ambientato in Cile nel 1986, nei panni di una eroina transessuale in prima linea in un momento crudele. «Ci vuole coraggio a rivelare se stessi agli altri»
Cile, primavera 1986. Santiago è una città schiacciata dai pattugliamenti, la gente deve fare i conti con la disoccupazione e la fame. Nell’arena tumultuosa di notti vagabonde, mentre dalla radio arrivano canzoni al miele, conosciamo la Fata dell’angolo (travestito passionale), lo studente Carlos (militante del Fronte patriottico Manuel Rodríguez, interpretato da Francesco Centorame), il Generale Augusto Pinochet (Mario Pirrello) e la sua Doña Lucia incarnata da Arianna Scommegna (in scena anche Daniele Cavone Felicioni, Michele Dell’Utri, Diana Manea, Giulia Trivero).
Tanto altro, come in una matriosca, è contenuto in Ho paura torero, capolavoro dello scrittore Pedro Lemebel, al Piccolo Teatro Grassi di Milano in prima assoluta dall’11 gennaio all’11 febbraio, nella trasposizione di Alejandro Tantanian diretta da Claudio Longhi. «Questa storia parla di molte cose, tra cui questo amore improbabile tra un rivoluzionario e una trans che fa da basista per una cellula rivoluzionaria», spiega Lino Guanciale nel ruolo di dramaturgo (ha lavorato sul testo insieme a Longhi) e della Fata dell’angolo. Quest’ultima «mano a mano comincia a interessarsi di politica in un momento in cui avvengono crudeltà disumane». Attraverso i fatti narrati, la pièce fa riflettere su temi di stretta attualità. Per esempio «come deve essere costruita un’educazione ai sentimenti, agli affetti» sottolinea l’attore.
Poi aggiunge: «La Fata dell’angolo racchiude molti aspetti. È in parte l’autore. È un’eroina dei nostri tempi che crea un ponte fortissimo coi giovanissimi che vivono con grande impegno la realtà. La Fata dell’angolo, qualora ce ne fosse bisogno, ci insegna che non è mai troppo tardi per interessarci a quello che riguarda tutti noi».
Infine, Guanciale confessa a Oggi: «Vestire questi panni mi sta insegnando quanto coraggio ci voglia a rivelare a se stessi e agli altri ciò che si è e non si può fare mistero di essere».