Che cosa cambia nello Yemen dopo gli attacchi di americani e inglesi?
I ribelli Houthi controllano la capitale Sana’a e attaccano i cargo diretti verso il Canale di Suez. Agli occidentali, ora, si presenta un dilemma
Fazione sciita e ribelle dello Yemen, gli Houthi si richiamano nel nome al loro primo comandante, Husayn al-Houthi, ucciso nel 2004 dalle forze governative. Dal 2014 sono impegnati nella guerra locale civile e dallo stesso anno controllano la capitale Sana’a. Oltre a possedere una propria agenda, gli Houthi afferiscono all’Iran e riconoscono Israele e Arabia Saudita come principali nemici. In questa fase intervengono nella guerra tra Israele e Hamas in maniera asimmetrica e in coordinamento con Teheran. Consapevoli del funzionamento della globalizzazione americana, centrata sul controllo dei mari e degli oceani da parte del Pentagono, colpiscono le navi mercantili che attraversano lo stretto di Bab el-Mandeb, tra i principali colli di bottiglia del pianeta che porta verso il Canale di
Suez, provocando notevoli intoppi sulle linee di approvvigionamento e sulla produzione industriale occidentale.
Questo l’obiettivo tattico: premere sull’amministrazione americana e sui governi europei affinché questi pretendano da Israele l’interruzione delle ostilità.
Finora il Pentagono, con il sostegno di Regno Unito, Canada, Australia, Bahrein e Paesi Bassi, ha risposto colpendo postazioni Houthi sulla terraferma, con l’obiettivo di ripristinare il flusso commerciale. Ma gli attacchi potrebbero proseguire anche nelle prossime settimane, ponendo Washington davanti a un dilemma: aumentare il proprio impegno bellico oppure la pressione diplomatica nei confronti di Israele. Scongiurando possibilmente un allargamento del conflitto.