Dighero: «Il mio avaro fa i selfie»
«L’opera di Molière è attuale», spiega l’attore, che interpreta Arpagone. «È uno che ricicla, risparmia, valori non del tutto negativi. Mentre gli altri sono ossessionati da bisogni immaginari»
L ’avaro di Molière ha ancora tanto da comunicare. Lo conferma il protagonista di un allestimento contemporaneo, diretto da Luigi Saravo, con Ugo Dighero nei panni di Arpagone. Tanti si sono affezionati all’attore grazie al ruolo di Giulio (il migliore amico di Lele) nella fiction Un medico in famiglia. In teatro mette a frutto doti istrioniche, perfette per questa commedia in cui si assiste a un epico scontro tra sentimenti e soldi. Il protagonista è disposto a sacrificare la felicità dei figli pur di non fornire loro una dote, anzi vorrebbe acquisire nuove ricchezze attraverso i loro matrimoni. «Con una rilettura odierna», spiega l’interprete, «emergono degli aspetti sorprendenti: l’avaro resta un personaggio negativo. Ma soffermiamoci sui figli: Cleante (Stefano Dilauro) gioca d’azzardo e acquista vestiti alla moda, Elisa (Elisabetta Mazzullo) si vuole sposare.
Esprimono bisogno di indipendenza, eppure nessuno si stacca dal padre cercando di costruire la propria vita. Hanno un atteggiamento che corrisponde al nostro, da consumisti: creiamo bisogni immaginari e facciamo una vita d’inferno per soddisfarli. Dall’altra parte l’avaro è uno che ricicla, risparmia: anche in maniera totalmente inconsapevole, rispecchia dei valori oggi importanti». La regia ha optato per una dimensione che rimanda al nostro quotidiano, con smartphone e selfie. Prossime tappe: Parma (30-31 gennaio al Teatro Due), Brescia (20-25 febbraio al Teatro Sociale), Ancona (29 febbraio-3 marzo al delle Muse) e Bologna (15-17 marzo al Duse).