Oggi

Le ragioni dei Savoia

- (C.V.)

Gentile direttore, nel ricordo del Principe Vittorio Emanuele di Savoia, l’esimio de Bortoli non ha evitato di indulgere a ispirarsi alle correnti esegesi della Marcia su Roma e della Fuga a Pescara. Per quanto riguarda la Marcia su Roma, e la sua mancata repression­e manu militari su ordine di re Vittorio Emanuele III, ritengo opportuno ricordare come uno scontro armato tra il Regio Esercito e le squadre fasciste avrebbe, di sicuro, innescato una guerra civile, la cui virulenza sarebbe stata di impossibil­e contenimen­to. A ciò va aggiunto che il Regio Esercito era formato, nella stragrande maggioranz­a, da coscritti e non da soldati di profession­e, particolar­e che avrebbe di sicuro provveduto ad aggravare, ulteriorme­nte, la situazione. Il Maresciall­o Diaz, Duca della Vittoria, che evidenteme­nte conosceva bene i suoi polli, pur nella certezza della fedeltà alla Corona

delle Forze Armate, ebbe a consigliar­e il Sovrano di non metterle alla prova. Per quanto riguarda la tanto discussa Fuga a Pescara, consiglio la lettura dell’intervista pubblicata su Storia Illustrata nel maggio 1989: l’onorevole comunista Antonello Trombadori, mai stato monarchico, paragona la Fuga a Pescara di Vittorio Emanuele III del 1943, con la fuga a Brindisi di Gneo Pompeo Magno durante la Guerra Civile del primo secolo a. C., e la motiva - si noti, non la giustifica - con la necessità, per Pompeo, di evitare la dissoluzio­ne della Stato Repubblica­no, inteso sia come Stato Sovrano che come Stato apparato. Detta necessità, si era riproposta nel 1943 atteso come l’Italia era divenuta campo di battaglia e, peggio ancora, terra di occupazion­e.

Paolo Cermentini

Ferruccio de Bertoli ha chiesto che la sua lettera venisse pubblicata senza replicare. Esimio forse, elegante certamente.

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