2050, fine dell’Ammazzonia. Embè?
L’ULTIMO ALLARME DEGLI SCIENZIATI SULLA CRISI DEL "POLMONE DEL MONDO" CADE NELL’INDIFFERENZA
Vorrei di seguito riportare tra virgolette un passo di un articolo pubblicato una settimana fa dalla rivista scientifica Nature, semplicemente la più autorevole del mondo: «Gran parte della foresta amazzonica, cruciale regolatore del clima e preziosa riserva di biodiversità, potrebbe superare un punto di rottura entro il 2050 a causa di siccità, incendi e deforestazione».
Che cosa significa? Che potrebbe cambiare l’ecosistema così da dare il via ad un effetto domino disastroso e incontrollabile sino a trasformare l’Amazzonia da “serbatoio di carbonio” a “emettitore di carbonio”. Testuali parole, adoperate con la misura che la contraddistingue, appunto da Nature. Se potete, cercate quell’articolo e leggetelo per intero. Se fossimo in un film hollywoodiano, una volta letto questo report, il Presidente degli Stati Uniti chiamerebbe gli esimi scienziati che lo hanno redatto e si farebbe illustrare la questione davanti al Consiglio di Sicurezza. Poi organizzerebbe un vertice segreto con le altre superpotenze per cercare soluzioni, e infine le Nazioni Unite in sessione plenaria adotterebbero le misure stabilite a livello planetario per tentare di risolvere la questione. E la questione, per essere pratici, è la sopravvivenza della specie.
Ma purtroppo non siamo a Hollywood e infatti nella realtà non succede niente e soprattutto facciamo finta di niente.
Il collasso dell’Amazzonia equivarrebbe al collasso dei nostri polmoni. Se i nostri polmoni smettono di funzionare, semplicemente non respiriamo più e moriamo.
Di fronte a una notizia così, non ci dovrebbe essere niente di più importante e urgente. Dovremmo smettere di fare qualsiasi altra cosa, a cominciare naturalmente dalle guerre, e occuparci di salvare noi stessi. Invece, reazioni zero.
Nichilismo? Voglia di autodistruzione? O forse siamo di fronte a una forma di scetticismo sospesa fra scaramanzia e ignoranza? Oppure pensiamo che il 2050 sia un punto così lontano nel tempo da poter pensare che non ci riguardi?
«L’Economia non ci consente di fermarci»: questo si dice. Varrebbe la pena di riflettere sul fatto che con la fine della specie non ci sarebbe nessun bisogno di Economia ma evidentemente questa semplice constatazione pare inconcepibile. Probabilmente l’Economia è diventata il nostro principio primo: eterno, onnipotente e immortale.
Mancano ventisei anni. Il 2050 è domani. E come per tutti i sistemi malfunzionanti il collasso è in divenire: gli effetti sono già in corso e non è che tutto sarà meraviglioso sino al 2050 e poi improvvisamente assisteremo alla deflagrazione. Ci sono centinaia di studi che confermano lo scenario che ci aspetta: le spie di allarme sono accese e noi semplicemente abbiamo deciso di ignorarle.
Avete presente il film Titanic? Il transatlantico sta per affondare ma l’orchestra continua a suonare. Ma noi, come dicevo prima, non siamo in un film.