Oggi

CARL LEWIS VOLAVA SULLA PISTA IN MISSIONE PER DIO

1984 Si preparava come un robot, era sicuro di vincere, aveva una fede di ferro e non sgarrava mai. Ritratto di un campione pronto a tutto. Salvo a mangiare le capesante con i funghi

- A cura di VALERIA PALUMBO

Un’intuizione? Benché Carl Lewis fosse già un campione, quando Oggi pubblicò sul numero 7 del 15 febbraio 1984 l’intervista che gli avevano fatto Dominique Dunglas e Daniel Sherr, quanti prevedevan­o il suo exploit ai Giochi Olimpici di Los Angeles del 1984? L’allora ventiduenn­e atleta statuniten­se era il più veloce e quello che saltava più lontano e il nostro settimanal­e pronostica­va: «Lewis gareggerà in quattro discipline, forse le più prestigios­e, con non p0che possibilit­à di arrivare all’oro in ciascuna di esse: salto in lungo, 100, 200, e staffetta». Lewis vinse in tutte e quattro bissando così l’impresa di Jessie Owens all’Olimpiade di Berlino del 1936. Al momento di salire sul podio avevano entrambi 23 anni, in più erano neri e venivano dall’Alabama, lo Stato in cui vigevano fino al 1956 feroci leggi razziali che la protesta di Rosa Parks contribuì a far abolire. Solo sei anni prima che Carl Lewis nascesse, i posti sui bus erano divisi tra bianchi e neri.

Nell’intervista a Oggi, il timido atleta dal fisico spaziale raccontava: «Nella mia famiglia tutti fanno dello sport, in un modo o nell’altro. Mack e Cleve, i miei due fratelli maggiori, praticano la corsa, il football americano e il baseball. Il secondo ha anche giocato nei Cosmos, la squadra profession­istica di calcio di New York. Mia sorella Carol è invece campioness­a statuniten­se di salto in lungo. Infine, i miei genitori: sono entrambi allenatori in due università rivali a Willingbor­o e si occupano delle scattiste. (...) lo ho cominciato a fare atletica verso i sette anni. Con mia sorella andavo allo stadio a vedere gli allievi dei nostri genitori. Ci divertivam­o un mondo e così ci siamo messi anche noi a correre con gli altri». Con uno scatto d’orgoglio, Lewis concludeva sul record nel lungo di Bob Beamon che resisteva dal 1968: «Un giorno sarò anch’io recordman del mondo». Ci sarebbe riuscito quell’anno nell’indoor e nel 1991 a Tokyo, pur arrivando poi secondo dietro al connaziona­le Mike Powell. In quel 1984 Lewis aveva nel paniere i tre ori (100, lungo e staffetta) conquistat­i un anno prima ai Mondiali di Helsinki. Ma precisava: «Per la verità, sono il numero uno nel mondo ormai da quasi tre anni in due specialità: i cento metri e il salto in lungo. E quindi devo fissarmi obbiettivi ogni volta più elevati». Timido, dunque, ma determinat­o: «Non c’è niente nella vita o nello sport che non si possa realizzare, non esistono record imbattibil­i. Ogni risultato e destinato a essere prima o poi migliorato, è solo questione di tempo». Alla domanda su come vedesse i Giochi, Carl rispondeva sicuro: «Mi sento in buona condizione,

quindi penso che tutto andrà bene». E illustrava così come si preparava: «Lunedì lavoro sullo scatto, martedì sulla muscolatur­a, mercoledì mi dedico al salto triplo per migliorare le gambe e l’estensione, giovedì faccio footing e venerdì lavoro di nuovo sulla muscolatur­a. Tutto questo ogni settimana, naturalmen­te qui all’università di Houston, dove c’è anche mia sorella». Nessun tentenname­nto? «Se m’iscrivo a un meeting vuol dire che ho piena fiducia nei miei mezzi e nella mia preparazio­ne. Non mi sembra il caso di fare pretattica: so esattament­e quello che posso fare, come voglio correre. Non improvviso. Potrei preannunci­are quasi al centesimo quale sarà la mia prestazion­e cronometri­ca ancora prima di partire».

Anche a Dunglas e Sherr era venuto il dubbio: «Che cosa la rende così forte, così sicuro?». E lui: «lnnanzi tutto le doti che mi ha dato madre natura. Poi avere un allenatore che reputo ii miglior preparator­e atletico del mondo. Infine, la fiducia in me stesso. Il mio talento è un dono di Dio (...), io cerco di mettere a frutto il mio talento per la gloria deIl’Immenso. Quasi una missione: io so che Dio è al mio fianco sulla pista e fuori dalla pista. Questa è Ia mia forza». Sovrumano? Anche lui aveva le sue debolezze: amava mangiare ma odiava le capesante con i funghi. Adorava il teatro, aveva fatto un corso di mimo. E aveva inciso una canzone rock: Per l’oro. Autobiogra­fica.

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 ?? ?? La copertina di Oggi n. 7 del 15 febbraio 1984: in primo piano il festival di Sanremo condotto da Pippo Baudo, con Al Bano e Romina Power che dedicavano la vittoria (con il brano Ci sarà) agli operai dell’Italsider di Genova minacciati dai licenziame­nti. Sotto, l’intervista a Carl Lewis.
La copertina di Oggi n. 7 del 15 febbraio 1984: in primo piano il festival di Sanremo condotto da Pippo Baudo, con Al Bano e Romina Power che dedicavano la vittoria (con il brano Ci sarà) agli operai dell’Italsider di Genova minacciati dai licenziame­nti. Sotto, l’intervista a Carl Lewis.
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Carl Lewis (nato il 1° luglio 1961) durante la rincorsa nella gara di salto in lungo ai Giochi Olimpici di Los Angeles del 1984, in cui vinse l’oro (fu oro anche nei 100, 200 e nella staffetta 4x100). A destra, nel 2022.
IL FIGLIO DEL VENTO Carl Lewis (nato il 1° luglio 1961) durante la rincorsa nella gara di salto in lungo ai Giochi Olimpici di Los Angeles del 1984, in cui vinse l’oro (fu oro anche nei 100, 200 e nella staffetta 4x100). A destra, nel 2022.

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