Come mai è rispuntato l’Isis?
Un gruppo terroristico affiliato al Califfato ha rivendicato l’assalto al locale di Mosca in cui sono morte 140 persone e per il quale sono stati arrestati e torturati quattro tagiki
L’ orrendo attentato di Mosca, che ha fatto più di 140 morti e per il quale sono stati arrestati quattro tagiki, è stato subito rivendicato da un gruppo terroristico affiliato all’Isis, attivo in Afghanistan e Pakistan. Ma come, non avevamo sconfitto lo Stato islamico, con la caduta della sua “capitale” Raqqa, in Siria (nel 2017), e la morte del suo leader, Abu Bakr al-Baghdadi (nel 2019)? In realtà questa organizzazione jihadista emersa nel 2014 – in competizione con al Qaeda – con l’avanzata in Iraq, la presa di Falluja e Mosul, e l’imposizione di un califfato, ha continuato a fare proseliti nel mondo islamico, dando vita a varie formazioni terroristiche che operano in franchising. Dalla Nigeria al Mozambico, dall’Iran alle Filippine. Senza una catena di comando, ma con metodi e finalità uguali.
Il copione dell’attacco al Crocus di Mosca è simile a quello al Bataclan di Parigi. Dopo le stragi compiute anche a Bruxelles, Nizza, Berlino e altre città, tra il 2015 e il 2020 (oltre 300 vittime), la rete dell’Isis ha continuato a colpire fuori dall’Europa, con alterne sorti. Ma il nuovo protagonismo della “filiale” afgana, con le sue azioni terroristiche in Iran, Turchia e ora a Mosca, ci ricorda che la minaccia è sempre attuale.
Il Cremlino intanto accusa Washington di manovrare l’Isis, riprendendo vecchie teorie complottistiche. Di certo nel 2014 gli Usa, più che fermare l’Isis, speravano che rovesciasse il dittatore siriano Bashar al-Assad, alleato di Vladimir Putin. I successi dello Stato islamico furono dovuti più alle divisioni delle due coalizioni intervenute per combatterlo – una a guida americana, l’altra russa – che alla sua forza. Sono errori che non si dimenticano.