È STATA LA MANO DI SORRENTINO
Celeste Dalla Porta è l’esordiente più attesa di Cannes. Tenuta segreta come un tesoro. Qui vi sveliamo chi è l’attrice di Parthenope. E perché il regista da Oscar ha scelto proprio lei
I «n Parthenope, il nuovo film di Paolo Sorrentino, c’è un’esordiente da tenere d’occhio». Tra gli addetti ai lavori, la voce gira da settimane: Celeste Dalla Porta è la nuova promessa italiana del Festival del cinema di Cannes. In pieno stile Sorrentino, il suo ruolo nel film è ancora top secret. Nel cast, questo si sa, ci sono dei grandissimi: Stefania Sandrelli, Silvio Orlando, Luisa Ranieri, Isabella Ferrari, Gary Oldman. Quanto alla trama, il regista premio Oscar per La grande bellezza ha sorrentinamente rivelato che racconta «un’epica del femminile senza eroismi, abitata dalla passione inesorabile per la libertà, per Napoli e gli imprevedibili volti dell’amore». Ma su Celeste, nulla. Se chiedi chi è, che storia ha, la risposta è sempre la stessa: «Vedrete a Cannes». Mistero. Milanese, 26 anni, lunghi capelli castani e una vaga somiglianza con Jane Birkin, che voleva fare l’attrice Celeste lo sapeva da quando era ragazzina, frequentava il liceo artistico di Brera e suonava i pezzi di Beck alla chitarra mordendosi le labbra. «Se penso a un piano B, non mi viene in mente nulla. Dentro di me c’è una voce magnetica che mi porta verso la recitazione». Cresciuta alla scuola steineriana - pastelli di cera d’api, orto biodinamico -, amante della musica indie, più interessata a un tramonto sulle Eolie che allo smanettamento social (post pubblicati sul suo profilo Instagram, 18), Dalla Porta l’arte ce l’ha indosso da quando è nata. Nipote di Ugo e Nini Mulas - grandi fotografi che collaborarono con Giorgio Strehler, Lucio Fontana, Arnaldo Pomodoro -, è la figlia di Melina Mulas, altra artista dell’obiettivo, e di Paolino Dalla Porta, compositore e contrabbassista jazz. Gli amici raccontano che la loro casa di famiglia sui Navigli - pavimenti d’argilla, migliaia di libri, immagini di Lama tibetani - è sempre stata un mondo a parte. Creatività, respiro libero.
Sul set è leggera, ha in sé il senso della storia. Il suo è un talento vero, spontaneo
— Matteo Galvani regista
Da ragazzina, Celeste divora film come fossero pop corn. Ha una fissa per Wes Anderson, I Tenenbaum lo sa quasi a memoria. È timida, quasi introversa. Sensibile: «Una che mentre le parli, per strada, s’incanta a guardare le foglie che spuntano sugli alberi». E poi adora nuotare a lungo, sott’acqua. Per Jasmina Martiradonna, fotografa e sua amica “da quando erano minuscole”, ha posato nuda e pensosa, coperta di capelli infiniti come una sirena. Quasi un presagio di Parthenope. Cerca esperienze dense, Celeste. Curiosa, sperimenta il teatro danza in un corso ispirato alle parole della poetessa Pinkola Estes. Esistono oceani di lacrime che le donne non hanno mai pianto. «Era un “esserino” delicato e profondo, molto in ascolto», la ricorda Antonella Bertoni, nome di prestigio della danza contemporanea italiana. In studio soppesava il respiro, l’emozione dei movimenti. «A vederla oggi, credo che quei piccoli segreti li abbia ben conservati».
Il sogno è sempre lì, appeso al muro con lo scotch: diventare attrice professionista. Celeste lascia Milano per Roma, viene ammessa al Centro sperimentale di cinematografia Csc, lo stesso di Alba Rohrwacher, Carolina Crescentini, Valentina Lodovini. E le si apre un mondo. Arrivano le improvvisazioni sudate coi compagni di corso - quelle in cui non basta essere bella, devi prima di tutto essere -, poi i primi cortometraggi da protagonista, la mini serie Red Mirror, presentata a Venezia, che solo a girarla le «sembrava di stare su Marte». La sua recitazione, dice chi l’ha osservata, è intensa, credibile. Della sua prima esperienza professionale, sui social mette una fotina. Punto. «Non è mai stata una che se la tira, anzi».
Mentre ancora studia al Csc la chiamano per il videoclip di Denti, piccola storia d’amore girata in quattro giorni a Maratea (pochi soldi, molto street food). «Sul set era leggera, aveva in sé il senso della storia. Durante le pause lanciava proposte: “E se facessimo…”. “Cele” ha un talento spontaneo», ricorda il regista Matteo Filippo Galvani. Lui e Celeste si conoscono da quando erano al liceo, insieme andavano alle manifestazioni dei collettivi artistici. «Aveva solo 14 anni e già diceva: “Vorrei fare cinema ma è dura, non ce la farò mai…”. Io lo sapevo che sarebbe arrivata dove voleva».
«Ci sono stati tanti momenti in cui ho avuto dei dubbi sul mio futuro, ma forse è proprio grazie a queste paure che il desiderio e la passione si accendono», ha detto Dalla Porta. Nel 2020 gira una scena per È stata la mano di Dio, di Sorrentino. Il passaggio viene ridotto in fase di montaggio, ma il suo viso si fa notare.
Nelle foto scattate a Capri sul set di Parthenope è assorta, i capelli bagnati. Di fronte a lei, il regista con il suo immancabile sigaro. «Quello di Sorrentino mi sembrava un percorso incantato. Poi, la magia è diventata reale». Che fosse stata scelta per il film del maestro napoletano (unico titolo italiano in concorso a Cannes), Celeste l’ha tenuto segreto a lungo. Un po’ per scaramanzia, un po’, dice chi la conosce, perché ancora quasi non ci crede. Tempo fa, quando un amico le ha domandato quali firme dell’alta moda avrebbe indossato per il red carpet sulla Croisette, Celeste si è schermita con un sorriso. «Figurati se quegli abiti li danno a me…».