SONO FINITA IN MANICOMIO
L’abbiamo vista ne L’amica geniale e come figlia di Lea Garofalo in una serie sulle donne che si oppongono alla ‘ndrangheta: «Mi piace raccontare storie di riscatto sociale». Ora Gaia Girace esordisce al cinema con Girasoli, un’opera sui bambini internati
Recito, dunque sono. È più esistenziale che cartesiana la logica di Gaia Girace, 20 anni, attrice per necessità prima ancora che per vocazione. «Ho iniziato a recitare da piccola. Forse è il mio destino. Sento il bisogno, l’urgenza, di raccontare storie», spiega la giovane napoletana, celebre per aver interpretato Lila ne L’amica geniale. Gaia vive in stato di evidente trepidazione per l’imminente esordio al cinema con Girasoli, nelle sale il 23 maggio.
Sembra emozionata. Conferma?
«Mi dà felicità l’idea di debuttare sul grande schermo. Era un mio sogno. E sono soddisfatta di iniziare con Girasoli».
Posso chiederle perché?
«Mi sono innamorata della sceneggiatura. Il film racconta le sofferenze di ragazze e bambini rinchiusi in un manicomio, durante gli anni Sessanta. Quando non era in vigore la riforma Basaglia, che ha abolito queste strutture. Dove spesso i minorenni entravano che erano sani. Ma lì si ammalavano per davvero».
“Bimbi sperduti”, come venivano ribattezzati. Quando compivano 16 anni, si decretava il loro destino. E molti erano internati a vita.
«Alcuni ottenevano il permesso di muoversi liberamente, però, all’interno del manicomio. Erano i “Girasoli”».
Lei è la quindicenne Lucia. In che modo si è preparata a un ruolo così delicato?
«Ho visto opere che affrontano lo stesso argomento. Tipo Qualcuno volò sul nido del cuculo, per esempio. Ho letto tanto. E poi ho avuto la fortuna di avere due guide».
Vogliamo dire i nomi?
«Cominciamo dalla regista. Marlon Catrinel è stata mera
Mi dà felicità l’idea di debuttare sul grande schermo. Era un mio sogno. E sono soddisfatta di farlo proprio con questo film — Gaia Girace attrice
vigliosa. Ha saputo creare l’atmosfera giusta, affinché tutti i giovanissimi attori non provassero disagio. Nonostante la spigolosità della trama. Se ci ripenso, mi vengono i brividi. Lei ha avuto un’immensa delicatezza. È una grandissima artista».
La seconda guida?
«Monica Guerritore. Non la scopro certo io. La sua carriera parla da sola. Interpreta una dottoressa del manicomio che cerca di sperimentare sul campo le idee innovative di Basaglia. Mi ha aiutato con genuina generosità. È nato un bel rapporto tra di noi. Me lo tengo stretto».
Una relazione sorge pure nel film, tra Lucia e una giovane infermiera: un amore omosessuale, che introduce un ulteriore fattore di stigma sociale in un contesto retrivo.
«Esatto. In una situazione di isolamento ed emarginazione, abbiamo voluto disegnare una possibilità di liberazione. Che passa attraverso l’abbattimento di barriere e pregiudizi».
Nell’apprezzatissima serie è la figlia di Lea Garofalo, una donna che ebbe il coraggio di opporsi alla ‘ndrangheta e fu uccisa. Quanto incide la sua meridionalità nella scelta dei ruoli?
The Good mothers, invece, «Un bel po’. Mi piace l’idea di contrastare gli stereotipi razzisti. Voglio mostrare un altro Sud, che lotta per il riscatto civile».
Che differenza corre tra cinema e tv?
«Sul grande schermo è vietato sbagliare. In due ore devi cercare di trasmettere allo spettatore lo spessore psicologico del personaggio. Con le serie c’è più tempo per raggiungere lo stesso obiettivo».
L’amica geniale è un fardello?
«Sono troppo giovane per sentirlo come un peso. È stata un trampolino di lancio, semmai. Ora sta a me studiare sodo e crescere giorno dopo giorno. Non ho rimpianti. Ho dato tutto. Il mio ciclo era compiuto. E comunque non è stato un addio definitivo. Apparterrò per sempre a questo splendido gruppo. E a giugno sarò al Tribeca Festival di New York, per la presentazione della quarta stagione».
Non siamo, notoriamente, un Paese per giovani. Se guarda al futuro, è più ansiosa o eccitata?
«L’Italia è un posto fantastico, ma mi pare pessimo per le nuove generazioni. L’ansia ci accompagna. L’antidoto è l’impegno. Perciò, adesso come adesso, prevale l’eccitazione».
Prossimi progetti? C’è spazio per una commedia?
«Magari! I registi sostengono che ho una profondità naturale nello sguardo. E mi scelgono per parti drammatiche. Il che mi gratifica, ovviamente. Io però vorrei anche far ridere».
Sogni particolari?
«Recitare con Pierfrancesco Favino e Vanessa Scalera, diretta da Ferzan Ozpetek».
È in corso una felice fioritura di registe.
«È un fenomeno stupendo; un segno dei tempi che cambiano. Rappresenta un’evoluzione. Dobbiamo consolidarla, perché non bisogna dare nulla per scontato. Il film di Paola Cortellesi è illuminante, in tal senso. Più in là, con calma, mi piacerebbe affrontare la sfida della regia. Credo sia nelle mie corde». Cito in ordine alfabetico: impegno, lavoro e studio. C’è tempo per l’amore nell’agenda di Gaia? «Ho preso casa a Roma e non sono single, se è qui che voleva arrivare. Le donne possono conciliare carriera e sentimenti, nel 2024».
«VOGLIO CRESCERE»
«Sono grata a L’amica geniale»,
spiega Gaia, sopra e in basso, assieme a Margherita Mazzucco, 21, sua partner nella serie che ha lanciato entrambe. «Ora voglio crescere».
Sogno di recitare con Pierfrancesco Favino e Vanessa Scalera, diretta da Ferzan Ozpetek — Gaia Girace