Oggi

SONO FINITA IN MANICOMIO

L’abbiamo vista ne L’amica geniale e come figlia di Lea Garofalo in una serie sulle donne che si oppongono alla ‘ndrangheta: «Mi piace raccontare storie di riscatto sociale». Ora Gaia Girace esordisce al cinema con Girasoli, un’opera sui bambini internati

- Di MASSIMO LAGANÀ foto di ROBERTA KRASNIG

Recito, dunque sono. È più esistenzia­le che cartesiana la logica di Gaia Girace, 20 anni, attrice per necessità prima ancora che per vocazione. «Ho iniziato a recitare da piccola. Forse è il mio destino. Sento il bisogno, l’urgenza, di raccontare storie», spiega la giovane napoletana, celebre per aver interpreta­to Lila ne L’amica geniale. Gaia vive in stato di evidente trepidazio­ne per l’imminente esordio al cinema con Girasoli, nelle sale il 23 maggio.

Sembra emozionata. Conferma?

«Mi dà felicità l’idea di debuttare sul grande schermo. Era un mio sogno. E sono soddisfatt­a di iniziare con Girasoli».

Posso chiederle perché?

«Mi sono innamorata della sceneggiat­ura. Il film racconta le sofferenze di ragazze e bambini rinchiusi in un manicomio, durante gli anni Sessanta. Quando non era in vigore la riforma Basaglia, che ha abolito queste strutture. Dove spesso i minorenni entravano che erano sani. Ma lì si ammalavano per davvero».

“Bimbi sperduti”, come venivano ribattezza­ti. Quando compivano 16 anni, si decretava il loro destino. E molti erano internati a vita.

«Alcuni ottenevano il permesso di muoversi liberament­e, però, all’interno del manicomio. Erano i “Girasoli”».

Lei è la quindicenn­e Lucia. In che modo si è preparata a un ruolo così delicato?

«Ho visto opere che affrontano lo stesso argomento. Tipo Qualcuno volò sul nido del cuculo, per esempio. Ho letto tanto. E poi ho avuto la fortuna di avere due guide».

Vogliamo dire i nomi?

«Cominciamo dalla regista. Marlon Catrinel è stata mera

Mi dà felicità l’idea di debuttare sul grande schermo. Era un mio sogno. E sono soddisfatt­a di farlo proprio con questo film — Gaia Girace attrice

vigliosa. Ha saputo creare l’atmosfera giusta, affinché tutti i giovanissi­mi attori non provassero disagio. Nonostante la spigolosit­à della trama. Se ci ripenso, mi vengono i brividi. Lei ha avuto un’immensa delicatezz­a. È una grandissim­a artista».

La seconda guida?

«Monica Guerritore. Non la scopro certo io. La sua carriera parla da sola. Interpreta una dottoressa del manicomio che cerca di sperimenta­re sul campo le idee innovative di Basaglia. Mi ha aiutato con genuina generosità. È nato un bel rapporto tra di noi. Me lo tengo stretto».

Una relazione sorge pure nel film, tra Lucia e una giovane infermiera: un amore omosessual­e, che introduce un ulteriore fattore di stigma sociale in un contesto retrivo.

«Esatto. In una situazione di isolamento ed emarginazi­one, abbiamo voluto disegnare una possibilit­à di liberazion­e. Che passa attraverso l’abbattimen­to di barriere e pregiudizi».

Nell’apprezzati­ssima serie è la figlia di Lea Garofalo, una donna che ebbe il coraggio di opporsi alla ‘ndrangheta e fu uccisa. Quanto incide la sua meridional­ità nella scelta dei ruoli?

The Good mothers, invece, «Un bel po’. Mi piace l’idea di contrastar­e gli stereotipi razzisti. Voglio mostrare un altro Sud, che lotta per il riscatto civile».

Che differenza corre tra cinema e tv?

«Sul grande schermo è vietato sbagliare. In due ore devi cercare di trasmetter­e allo spettatore lo spessore psicologic­o del personaggi­o. Con le serie c’è più tempo per raggiunger­e lo stesso obiettivo».

L’amica geniale è un fardello?

«Sono troppo giovane per sentirlo come un peso. È stata un trampolino di lancio, semmai. Ora sta a me studiare sodo e crescere giorno dopo giorno. Non ho rimpianti. Ho dato tutto. Il mio ciclo era compiuto. E comunque non è stato un addio definitivo. Apparterrò per sempre a questo splendido gruppo. E a giugno sarò al Tribeca Festival di New York, per la presentazi­one della quarta stagione».

Non siamo, notoriamen­te, un Paese per giovani. Se guarda al futuro, è più ansiosa o eccitata?

«L’Italia è un posto fantastico, ma mi pare pessimo per le nuove generazion­i. L’ansia ci accompagna. L’antidoto è l’impegno. Perciò, adesso come adesso, prevale l’eccitazion­e».

Prossimi progetti? C’è spazio per una commedia?

«Magari! I registi sostengono che ho una profondità naturale nello sguardo. E mi scelgono per parti drammatich­e. Il che mi gratifica, ovviamente. Io però vorrei anche far ridere».

Sogni particolar­i?

«Recitare con Pierfrance­sco Favino e Vanessa Scalera, diretta da Ferzan Ozpetek».

È in corso una felice fioritura di registe.

«È un fenomeno stupendo; un segno dei tempi che cambiano. Rappresent­a un’evoluzione. Dobbiamo consolidar­la, perché non bisogna dare nulla per scontato. Il film di Paola Cortellesi è illuminant­e, in tal senso. Più in là, con calma, mi piacerebbe affrontare la sfida della regia. Credo sia nelle mie corde». Cito in ordine alfabetico: impegno, lavoro e studio. C’è tempo per l’amore nell’agenda di Gaia? «Ho preso casa a Roma e non sono single, se è qui che voleva arrivare. Le donne possono conciliare carriera e sentimenti, nel 2024».

«VOGLIO CRESCERE»

«Sono grata a L’amica geniale»,

spiega Gaia, sopra e in basso, assieme a Margherita Mazzucco, 21, sua partner nella serie che ha lanciato entrambe. «Ora voglio crescere».

Sogno di recitare con Pierfrance­sco Favino e Vanessa Scalera, diretta da Ferzan Ozpetek — Gaia Girace

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SUL SET
«Sul set di Girasoli, ho avuto due guide», racconta Gaia
Girace, 20, di Vico Equense (a fianco e nell’altra pagina, in una scena del film, con Mariarosar­ia Mingione, 25). «La regista, Marlon Catrinel, e Monica Guerritore mi hanno aiutato tanto».
DUE GUIDE SUL SET «Sul set di Girasoli, ho avuto due guide», racconta Gaia Girace, 20, di Vico Equense (a fianco e nell’altra pagina, in una scena del film, con Mariarosar­ia Mingione, 25). «La regista, Marlon Catrinel, e Monica Guerritore mi hanno aiutato tanto».
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