Jim Messina, ovvero il para-guru del Pd
Renzi ha ingaggiato lo stratega elettorale di Obama a suon di euro. Ma in Italia gli americani hanno sempre fallito.
Complice l’esempio a 5 stelle della Casaleggio associati, in politica sono di moda i guru. Anche il Partito democratico di Matteo Renzi si è adeguato. Il premier ha perciò chiamato dagli Stati Uniti Jim Messina, icona delle campagne elettorali di Barack Obama e dell’ultima di David Cameron. L’obiettivo è quello di evitare di rompersi l’osso del collo (elettorale) con le amministrative di giugno e con il referendum costituzionale del prossimo autunno. Sulle amministrative, Messina sta dando una mano al candidato milanese del Pd, Beppe Sala ( su Sala vedere articolo a pag. 52). Ma più di ogni altra cosa, per Renzi conta il referendum, sul quale come è noto si gioca la faccia e il futuro.
Fatto sta che a Panorama risulta che il super consulente italo-americano abbia un contratto aperto, cioè automaticamente rinnovato (in caso di vittoria al referendum) per le prossime elezioni politiche. E i soldi? Messina si porterà a casa, per aggregare dati e mandare i militanti porta a porta, poco meno di 100 mila euro (più vitto, alloggio e trasferte) in sette mesi, da pagare in due tranche spalmabili sui bilanci 2016 e 2017 del Partito democratico. Tuttavia, la responsabile Comunicazione del Pd, Alessia Rotta, dice che il compenso rimane top secret anche per chi, come lei, è membro della segreteria nazionale. Il tesoriere del partito, Francesco Bonifazi, preferisce invece soprassedere alle domande di Panorama, non smentendo le informazioni che circolano sulle cifre dell’ingaggio di Messina. Che però rappresentano comunque un problema per i dipendenti del Pd, ancora terrorizzati dallo spettro della cassa integrazione.
Tuttavia, Messina non è certo un’assicurazione sulla vita, anzi. In passato altri leader si sono rivolti agli esperti a stelle e strisce e la fortuna elettorale ha voltato loro le spalle. Nel 2001 Francesco Rutelli si affidò allo stratega di Bill Clinton, Stanley Greenberg, e fu battuto da Silvio Berlusconi. Nel 2006 lo stesso Cavaliere ingaggiò Karl Rove, uomo-ombra dell’allora presidente Usa George W. Bush, perdendo, anche se di un soffio, la sfida con Romano Prodi. E nel 2013 Mario Monti arruolò David Axelrod, uno degli artefici delle campagne di Clinton e dello stesso Obama, raccogliendo un misero 10 per cento di voti nonostante l’ingaggio superiore ai 200 mila euro. Insomma, più che guru, sembrano tutti para-guru... (Dario Borriello)