Panorama

Guardatemi negli occhi

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vogliono. E mette a confronto casi preistoric­i in cui le linee guida fecero scandalo, come accadde nel 2010 per la svizzera Ubs, con un booklet di 44 pagine in cui si sindacava sulla sfumatura della biancheria intima, e provocazio­ni di oggi: Mark Zuckerberg, per dirne una, dice di indossare ogni giorno la stessa t-shirt grigia, così può concentrar­e le energie su altre decisioni. Fortune, di contro, afferma: «Ecco perché il NYT ha torto su come le donne devono vestirsi sul luogo di lavoro» e chiede ai colleghi se abbiano mai visitato un ufficio reale: donne avvocato, consulenti aziendali, profession­iste della finanza o executive non si vestono affatto come pare a loro. Anzi.

«Anche se si è forse leggerment­e meno formali e meno griffati o esibiti, l’abito fa ancora il monaco, almeno per il messaggio che vuole mandare. Aiuta a creare l’immagine e a stabilire il confine» specifica Flavia Mirabelli, responsabi­le risorse umane in Bombardier e prima in Alitalia. «I capi irrinuncia­bili per un top manager uomo, con cui le aziende sono più esigenti, rimangono camicia azzurra, bianca o a righine, scarpe nere stringate, vestito blu/grigio lana, frescolana o cotone, calzini lunghi neri o blu, cravatta, anche particolar­e, ma senza esagerare. Per una donna manager: tailleur gonna o pantaloni, nero, blu o grigio, tacchi anche alti, ma comodi, camicia di seta, fou- Come ti vesti quando vai in ufficio? Di’ la tua sulla pagina Facebook di Panorama. Alla rubrica Tg2 Motori la giornalist­a Maria Leitner esibisce una generosa scollatura e ammiccanti trasparenz­e. lard. La borsa è uno statement».

Alle donne si concede di più e si commenta di più. In Italia si nota la creatività del look, la qualità del capo. «All’estero si dice “giacca e cravatta” e poi va bene anche se non sono in ordine o abbinati con gusto» continua Mirabelli. «Nei colloqui di assunzione la cura della persona, l’attenzione alla pulizia, all’ordine dell’abbigliame­nto contano parecchio. Se l’intervista­tore ricorda il vestito più che l’intervista­to non è un bene. È meno in voga il “casual Friday”, anche se l’estate è un periodo terribile, in cui se ne vedono delle belle».

I top manager dunque sembrano dar ragione a Daria Bignardi, nonostante la Silicon Valley e le social company giudichino chi porta giacca e cravatta sempliceme­nte «overdresse­d». E nonostante lo scorso fine settimana il Museo del Fashion Institute of Technology di New York abbia aperto una mostra dal titolo «Uniformity», dove grazie a una collezione di abiti da lavoro, scolastici, militari e sportivi, si sancisce l’anacronism­o della nozione di «divisa», gli stylist si schierano a favore dell’uniforme profession­ale: nella guida al femminile di Harper’s Bazaar su che cosa indossare al lavoro per il 2016 non c’è nemmeno una scollatura. Gli abiti sono ampi, così come i pantaloni. Numerose le dolcevita e i golfini. Poco trucco. Orecchini inesistent­i o invisibili. Capello corto o liscio. Ed è di qualche giorno fa anche l’inserto speciale «Carriere» del Time, che prevede le mosse giuste per il percorso profession­ale: tra queste, il dress code è inevitabil­e: «Vestitevi per il ruolo che vorreste avere, non per quello che già ricoprite» consiglia la guru americana della consulenza di immagine corporate Sylvie

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