In spiaggia, paletta secchiello e deregulation
La Ue sta per bloccare la proroga delle concessioni balneari. E le Regioni colmano il vuoto normativo, ognuna a modo suo.
Sono ore decisive per le spiagge italiane. La deregulation sta per sbarcare sulle nostre coste con l’arrivo del verdetto della Corte di giustizia europea sulla proroga al 2020 alle concessioni balneari, decisa dall’Italia in barba alla direttiva Bolkestein recepita nel 2010. Prevede che le concessioni sul demanio marittimo non possono più essere rinnovate automaticamente, ma solo tramite una gara pubblica aperta a operatori Ue. La bocciatura europea appare scontata, tant’è che il ministro degli Affari regionali Enrico Costa sta lavorando alacremente alla riforma delle spiagge proprio per non incappare in una sanzione da parte di Bruxelles. Alcune Regioni, nel frattempo, cercano una soluzione in extremis. Ma è caos. Su 7.500 chilometri di coste, 2.500 sono in mano agli stabilimenti balneari e sono circa 30 mila le imprese interessate dalla rivoluzione degli ombrelloni che si sta per abbattere sulla stagione estiva.
I balneari sono sul piede di guerra, convinti che la Bolkestein consegnerà le spiagge italiane alle grandi multinazionali. Per salvaguardare l’economia balneare, le Regioni tentano di colmare il vuoto normativo con provvedimenti dell’ultima ora. La Toscana, per esempio, ha varato una legge che consente di prorogare le concessioni da 6 a 20 anni, in cambio di un piano d’investimenti congruo. La Liguria è favorevole a una legge regionale che proroghi di 30 anni le concessioni. Nel Lazio, invece, il nuovo regolamento attuativo per la disciplina del demanio marittimo ha eliminato il rinnovo automatico delle concessioni. Non sono previste proroghe in Veneto, dove il modello è Bibione: il Comune di San Michele al Tagliamento a febbraio ha assegnato 40 ettari di spiaggia mediante gara, con uno dei primi esempi in Italia di concessione alla Bolkestein.
Intanto, il ministro Costa ha garantito che verrà concesso alle imprese un periodo transitorio prima dell’applicazione della direttiva. La riforma a cui lavora prevede una durata variabile per le nuove concessioni, sulla base del piano di investimenti. Una soluzione che rischia di non soddisfare gli operatori del settore. (Francesco Bisozzi)