Panorama

Case contro mutui: il patto conviene

Le nuove regole consentira­nno alle banche di entrare velocement­e in possesso dell’immobile posto a garanzia dell’investimen­to (ma non l’abitazione principale). Un cambiament­o che favorisce anche gli imprendito­ri. Perché solo così gli istituti di credito s

- Di Federico Vezzani partner del Focus team Banche e Assicurazi­oni dello studio legale BonelliEre­de

AL’ANALISI lla data di redazione del presente articolo il processo di conversion­e in legge del c.d. decreto banche (D.L. 3 maggio 2016, n. 59) è ancora in corso e il dibattito sulla correttezz­a e opportunit­à di taluni provvedime­nti in esso contenuti è più vivo che mai. In particolar­e, oggetto di critiche è il cosiddetto patto marciano, ovvero l’accordo con cui una banca e un imprendito­re, nell’ambito di un contratto di finanziame­nto, prevedono il trasferime­nto a favore della banca della proprietà di un immobile (diverso da quello adibito ad abitazione principale del proprietar­io) a titolo di garanzia della restituzio­ne del finanziame­nto stesso.

In caso di inadempime­nto dell’imprendito­re protratto per un certo periodo di tempo (che varia da un minimo di sei a un massimo di 12 mesi a seconda del piano di rimborso e del capitale già restituito), la banca deve notificare all’imprendito­re l’intenzione di avvalersi della garanzia e solo decorsi 60 giorni da tale notifica può richiedere al presidente del tribunale del luogo in cui si trova l’immobile di nominare un perito per la relativa stima. Il trasferime­nto della proprietà alla banca avviene nel momento in cui a quest’ultima è comunicato il valore della stima (eventualme­nte contestabi­le da parte dell’imprendito­re) o, nel caso tale valore sia superiore a quello del finanziame­nto ancora da rimborsare, a seguito della correspons­ione della relativa differenza da parte della banca. Le voci critiche, spinte probabilme­nte anche dalla generalizz­ata sfiducia nei confronti del settore finanziari­o, ritengono che il patto marciano introduca regole a vantaggio esclusivo delle banche e a detrimento dei debitori. Non vi è dubbio che scopo del patto sia di agevolare le banche, essendo lo stesso pensato per riconoscer­e a queste ultime una procedura più veloce di escussione delle garanzie immobiliar­i (che ad oggi si stima abbia una durata media di circa sette anni), ma occorre domandarsi se tale agevolazio­ne non abbia in realtà un effetto positivo su tutto il processo di erogazione del credito e, conseguent­emente, anche sui prenditori finali dei finanziame­nti.

Non bisogna dimenticar­e, infatti, che i crediti deteriorat­i (ovvero, un po’ semplicist­icamente, i crediti non rimborsati dalla clientela) ammontavan­o in Italia al 31 dicembre 2015 a circa 360 miliardi di euro (dato lordo comunicato dal ministero dell’Economia). Tale deterioram­ento della qualità del credito ha pesato e pesa tuttora sulla redditivit­à e sulla situazione patrimonia­le delle banche, le quali devono appostare capitale in funzione della rischiosit­à dei propri asset. Ne consegue, che più è difficile recuperare un asset deteriorat­o e meno le banche sono propense a prendere nuovi rischi.

A prescinder­e, dunque, dagli aspetti legali del patto marciano, che è indiscutib­ile possano essere migliorati, è evidente che se tale patto è in grado di accelerare il processo di recupero dei crediti non rimborsati, le banche saranno più disponibil­i ad assumersi nuovi rischi e ad erogare nuovo credito, con evidenti effetti positivi per tutto il sistema, ivi inclusi gli imprendito­ri.

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